Il modello di trattamento della terapia dialettico comportamentale, o meglio conosciuta con la definizione inglese di Dialectical Behaviour Therapy (D.B.T.) è un trattamento di tipo cognitivo comportamentale sviluppato appositamente per il disturbo borderline di personalità. Già negli anni 90 diversi trial clinici controllati (Linehan, Armostrong, Suarez, Allmon, Heard, 1991; Linehan, Heard Armostrong, 1993) e anche studi più recenti (Carter, Willcox, Lewin, Conrad, Bendit, 2010; Lineha, Comtois, Murray, Brown, Gallop, et al. 2006) hanno identificato la terapia dialettico comportamentale come la prima dimostratasi efficace per il distubo borderline di personalità, anche e soprattutto nelle sue forme più gravi autolesive e parasuicidarie. Il format di terapia che si è dimostrato valido in tal senso implica la co-terapia e cioè una forte interazione tra la psicoterapia individuale e una forma di skills training (che solitamente si svolge in gruppo).
Gli assunti di base della terapia dialettico comportamentale
La terapia dialettico comportamentale o DBT si basa su una visione del mondo di tipo dialettico. La prospettiva dialettica sostiene diversi aspetti sulla natura della realtà e del comportamento umano. La dialettica sostiene come primo aspetto la fondamentale interrelazione e unitarietà della realtà, implicando che è limitata l’analisi delle singole parti di un sistema se non vengono inserite negli specifici contesti contingenti in cui si esplica il comportamento dei singoli e dei singoli nel gruppo.
Un secondo aspetto è che la realtà non viene concepita come statica, ma composta da forze interne opposte (tesi e antitesi) in mutamento, e la cui sintesi genera una nuova tensione tra forze opposte. In tal senso, i pattern di pensiero e di comportamento disfunzionali dicotomici ed estremizzati dei pazienti borderline sono considerati come dei fallimenti dialettici: la persona è bloccata su polarità estreme e fatica a muoversi dinamicamente verso una sintesi.
Il terzo aspetto che caratterizza la visione dialettica riguarda l’assunto secondo il quale la natura della realtà è fondata sul cambiamento e sul processo, l’individuo e l’ambiente sono in costante mutamento. Dunque la terapia non mira al mantenimento di uno stato stabile in un ambiente stabile e coerente, ma vuole promuovere le capacità di gestire il cambiamento.
Come la terapia dialettico comportamentale concepisce il disturbo borderline della personalità
La DBT concepisce il disturbo borderline della personalità facendo riferimento alla teoria biosociale. Secondo la teoria biosociale, il cardine del disturbo borderline della personalità è la disregolazione emotiva. In particolare, la teoria sostiene che nel disturbo borderline vi è una importante difficoltà nella regolazione delle emozioni che appunto può essere definita disregolazione emotiva. La disregolazione emotiva è l’esito dell’interazione di una predisposizione biologica, del contesto ambientale e delle reciproche influenze e transazioni tra questi due elementi nel corso della vita del soggetto. Secondo la DBT una disfunzione in una parte del complesso sistema di regolazione emotiva nell’essere umano può fornire la base biologica (anche se non necessariamente genetica) per la vulnerabilità emotiva e per le successive difficoltà nella regolazione emotiva, anche se è difficile al momento identificare con univocità una specifica anomalia biologica del sistema di regolazione emotiva per il disturbo borderline.
Alla base della disregolazione emotiva si ritrova quello che Marsha Linehan definisce vulnerabiltà emotiva, caratterizzata da tre specifici elementi: a) una sensibilità molto elevata agli stimoli emotigeni; b) una reattività molto intesta agli stimoli emotigeni; c) un lento ritorno allo stato emotivo di base una volta che vi è stata l’attivazione emotiva. La disregolazione emotiva nel disturbo di personalità borderline consiste nella combinazione tra un sistema di risposta iper-sensibile e iper-reattivo e una deficitarietà nel regolare le emozioni e i comportamenti che ne conseguono. In particolare, vengono attuate strategie di regolazione emotiva maladattive e inadeguate.
Oltre alla vulnerabilità emotiva, l’elemento ambientale e contestuale che gioca in interazione ad essa per l’instaurarsi della disregolazione emotiva è il cosiddetto ambiente invalidante. La caratteristica dell’ambiente invalidante è la tendenza a rispondere in modo disfunzionale e inappropriato alle esperienze emotive e cognitive (ad esempio, emozioni, pensieri e credenze) del soggetto. Per esempio è frequente ritrovare risposte genitoriali non sintoniche e avversative al mondo cognitivo-emotivo del bambino, limitando in questo modo lo sviluppo delle capacità di regolazione emotiva.
L’ambiente invalidante risponde in modo distonico rispetto all’espressione emotiva e cognitiva del bambino, invalidando i propri vissuti con una mancata risposta o con risposte estremizzate e disfunzionali. In altre parole non si riconosce il vissuto emotivo e cognitivo nella sua autenticità.
Spesso si ha una invalidazione dell’espressione delle emozioni e dell’affettivita negativa, in cui le emozioni negative e le esperienze dolorose vengono banalizzate, punite, ignorate o attribuite a tratti stabili della personalità o alla mancanza di buona volontà.
Interagendo con gli aspetti di vulnerabilità emotiva, l’ambiente invalidante favorisce la disregolazione emotiva poichè non supporta il bambino nell’appropriazione delle competenze di regolazione emotiva; viceversa l’ambiente invalidante insegna al bambino a invalidare le proprie esperienze emotive e cognitive (ad esempio, pensare che le proprie emozioni e credenze siano sbagliate e ricercando negli altri indizi su come pensare e cosa provare).
Quindi, secondo il modello della teoria dialettico comportamentale è proprio nell’ interazione e nella relazione transazionale che si viene a creare tra vulnerabilità emotiva (aspetto biologico) e ambiente invalidante (aspetto ambientale) che si trovano le basi per l’insorgenza e il mantenimento nel corso della vita della disregolazione emotiva e di molti comportamenti disfunzionali associati al disturbo borderline della personalità.
La capacità di regolare l’emotività è fondamentale poichè la sua assenza o deficitarietà può portare alla disregolazione del comportamento; secondo il modello della DBT i comportamenti impulsivi e disfunzionali dei pazienti bordeline sono un effetto della disregolazione emotiva. Ma la disregolazione emotiva non impatta solo sugli aspetti comportamentali, bensì interferisce anche nello sviluppare e mantenere un senso di identità stabile.
Disregolazione emotiva e inibizione dell’affettività conducono a comportamenti imprevedibili, incoerenza a livello cognitivo e labilità identitaria. A questo punto, accanto alla disregolazione emotiva, comportamentale e identitaria ritroviamo l’instabilità delle relazioni: le relazioni interpersonali instabili, intese e caotiche, gestite in modo impulsivo e disfunzionale non sono che l’esito della disregolazione sul piano emotivo, cognitivo, comportamentale e identitario. In generale quindi la DBT, nonchè i criteri diagnostici in letteratura- evidenziano nel disturbo borderline della personalità un pattern caratterizzato da disregolazione e instabilità a livello emotivo, cognitivo, comportamentale, relazionale e identitario.
In cosa consiste il trattamento secondo la terapia dialettico comportamentale
La DBT lavora su quell’insieme di comportamenti disfunzionali che a diversi livelli impattano la vita della persona con disturbo borderline della personalità: dai comportamenti suicidari e parasuicidari, a comportamenti impulsivi e disfunzionali che si traducono in una molteplicità di contesti e situazioni. Tra questi possiamo ritrovare ad esempio i classici comportamenti di autolesività, sessualità promiscua, abuso di sostanze o di alcool, disregolazione dei comportamenti alimentari, comportamenti rischiosi per la propria vita, eccessi di collera e agiti aggressivi nelle relazioni con gli altri. E una serie di altri comportamenti impulsivi che a medio e lungo termine si rivelano dannosi per l’individuo. In tal senso, si mira all’acquisizione e generalizzazione di un repertorio alternativo di risposte emotive, cognitive e comportamentali allo scopo di ridurre il discontrollo comportamentale.
Ma l’obiettivo della DBT non si riduce a questo; attraverso il miglioramento nella gestione di tali comportamenti altamente disfunzionali, nella regolazione emotiva e attraverso la validazione della grande sofferenza che spesso accompagna gli individui con disturbo borderline lo scopo finale è il miglioramento della qualità della vita del paziente affichè – come affermato da Marsha Linhean, fondatrice del modello- si costruisca un’esperienza di vita degna di essere vissuta.
Come i protocolli di trattamento della terapia cognitivo-comportamentale standard, la DBT si basa sulla definizione condivisa con il paziente di specifici target di trattamento, mirando a instaurare una relazione collaborativa e l’impegno reciproco nel conseguimento degli obiettivi della terapia. L’intero trattamento sottolinea la costruzione e il mantenimento di una relazione tra paziente e terapista in cui la validazione dei pensieri, dei sentimenti, delle emozioni e dei comportamenti del paziente è fondamentale.
Il trattamento consiste in una coterapia, in cui diversi attori terapeutici interagiscono verso un obiettivo comune. Il terapeuta individuale, i terapisti conduttori dello skills training di gruppo, a volte anche il medico psichiatra costituiscono una rete di coterapia, tale per cui il paziente viene a trovarsi con diverse figure di riferimento aventi funzioni specifiche all’interno del setting di trattamento. Generalmente il modello prevede una seduta di psicoterapia alla settimana della durata di 50 minuti e una seduta di skills training di gruppo della durata di circa un’ora e mezza o due ore. Vi sono poi possibili eccezioni a tale modello, ad esempio nel caso in cui si scelga per specifiche motivazioni cliniche, lo svolgimento di uno skills training individuale.
Il modello della terapia dialettico comportamentale prevede l’utilizzo di molte componenti che di fatto sono elementi di terapia cognitivo-comportamentale, come ad esempio la gestione delle contingenze, l’esposizione, l’analisi comportamentale, il problem-solving e moltissimi aspetti dello skills training.
Parimenti all’interno del trattamento, vi sono elementi distintivi rispetto alla terapia cognitivo-comportamentale standard. In primo luogo, viene attribuita particolare rilevanza alle abilità di mindfulness, anche per questo accreditando la DBT come terapia di “terza onda”. In secondo luogo, come espresso dallo stesso nome della terapia dialettico comportamentale, viene posta una maggiore enfasi agli aspetti dialettici: al di là del cambiamento, è fondamentale una quota di accettazione e validazione del comportamento contingente – anche per quanto disfunzionale- in un difficile gioco di bilanciamento di cambiamento e accettazione che si riflette anche nell’uso delle tecniche e delle strategie terapeutiche. In terzo luogo, la terapia dialettico comportamentale prevede un’attenzione strutturata a quelli che vengono definiti comportamenti interferenti con il trattamento, e prevedendone il trattamento prioritario – secondo solo ai comportamenti e impulsi suicidari- in seduta.
Che cosa è lo skills training
Lo skills-training assume una rilevanza fondamentale nella terapia dialettico comportamentale perchè, secondo il modello, i soggetti con disturbo della personalità borderline sono deficitari nelle abilità di autoregolazione delle emozioni, dei comportamenti e delle relazioni interpersonali, oppure presentano difficoltà nell’applicazione di tali abilità ai diversi contesti esperienziali. Come già evidenziato precedentemente vi sarebbe quindi una disregolazione e instabilità che si gioca su diversi piani, e cioè a livello emotivo, cognitivo, comportamentale, relazionale e identitario.
Lo skills-training come concepito dalla terapia dialettico-comportamentale prevede l’organizzazione di quattro moduli di apprendimento e appropriazione di specifiche abilità che hanno come target il miglioramento degli aspetti di disorganizzazione emotiva, cognitiva, comportamentale, relazionale e identitaria tipica del disturbo borderline.
Il primo modulo fa riferimento alle abilità nucleari di mindfulness (“consapevolezza”). Tali abilità sono alla base della possibilità di osservare in modo consapevole se stessi e gli altri intorno a sè, nel momento presente, sospendendo il giudizio. Le abilità di mindfulness si suddividono a loro volta in tre abilità di contenuto che fanno riferimento all’oggetto dell’attività mentale (osservare, descrivere, partecipare) e tre abilità formali, relative invece alla modalità con cui tali processi mentali prendono forma (assumere un atteggiamento non giudicante, concentrarsi su una sola cosa alla volta, essere efficaci).
Un secondo modulo affronta le abilità di regolazione emotiva, fondamentali nel quadro di funzionamento borderline. Come già esposto sopra, i soggetti borderline sperimentano intensa disregolazione e labilità emotiva, con elevati livelli di reattività e un lento ritorno allo stato emotivo di base. Partendo dalle abilità di riconoscimento delle emozioni nelle loro diverse componenti, il modulo si svolge focalizzandosi sull’appropriazione, miglioramento e generalizzazione delle abilità di regolazione delle emozioni.
Un terzo modulo riguarda le abilità di efficacia interpersonale focalizzandosi sull’apprendimento di strategie efficaci per gestire le relazioni interpersonali. Gli incontri coprono diverse aree, dalla capacità di analisi delle situazioni interpersonali e di chiarificazione dei propri obiettivi, fino alle abilità da utilizzare per raggiungere i propri obiettivi mantenendo il rispetto di sè e non deteriorando in maniera maladattiva la relazione. In tal senso, tale modulo è simile a programmi di assertività e problem-solving interpersonale.
Un quarto modulo fa riferimento alle abilità di tolleranza della sofferenza mentale e dell’angoscia, utili nel momento in cui il soggetto si trova in uno stato di disregolazione non solo emotiva ma soprattutto comportamentale. L’intensità delle emozioni in tal caso è molto elevata, ed è proprio in questa fase che il soggetto può attuare agiti e condotte altamente disfunzionali e autolesive. Le abilità che caratterizzano questo modulo hanno lo scopo di gestire e tollerare in maniera più adattiva l’angoscia e l’intensa attivazione emotiva allo scopo di prevenire i comportamenti disfunzionali.
Generalmente gli incontri si svolgono in gruppo di circa 6-10 partecipanti, con la presenza di due terapeuti (uno con ruolo principale di conduttore, l’altro con ruolo di co-conduttore, e aventi ciascuno specifici ruoli e funzioni). Lo skills training prevede 4 moduli, per ciascuno dei quali sono previsti circa 8 incontri; i moduli possono essere ripetuti ciclicamente poichè la natura dello skills training è di tipo esperienziale e non meramente didattica.
E’ fondamentale sottolineare che la terapia dialettico comportamentale, nella sua dimostrata efficacia per il disturbo borderline, è tale nel momento in cui prevede l’associazione tra terapia individuale e terapia di skills training di gruppo, al punto che non e’ possibile – secondo il modello- frequentare uno skills training di gruppo senza seguire anche una psicoterapia individuale del medesimo orientamento.
Dove rivolgersi per la Terapia Dialettico Comportamentale – DBT 9733
BIBLIOGRAFIA:
- Linhean, M. (2011). Trattamento cognitivo comportamentale del disturb borderline. Raffaello Cortina Editore.
- Carter, G.L., Willcox, C.H., Lewin, T.J., Conrad, A.M., Bendit N. (2010). Hunter DBT project: randomized controlled trial of dialectical behaviour therapy in women with borderline personality disorder. Aust N Z J Psychiatry. 2010 Feb;44(2):162-73.
- Linehan, M.M., Comtois, K.A., Murray, A.M., Brown. M.Z., Gallop, R.J., Heard, H.L., Korslund, K.E., Tutek, D.A., Reynolds, S.K., Lindenboim, N.(2006). Two-year randomized controlled trial and follow-up of dialectical behavior therapy vs therapy by experts for suicidal behaviors and borderline personality disorder. Arch Gen Psychiatry. Jul;63(7):757-66.
- Linehan, M.M., Armstrong, H.E., Suarez, A., Allmon, D, Heard, H.L. (1991). Cognitive-behavioral treatment of chronically parasuicidal borderline patients. Arch Gen Psychiatry. Dec;48(12):1060-4.
- Linehan, M.M., Heard, H.L., Armstrong, H.E.(1993). Naturalistic follow-up of a behavioral treatment for chronically parasuicidal borderline patients. Arch Gen Psychiatry. Dec;50(12):971-4.