In che modo la solitudine e l’isolamento dopo un lutto improvviso influenzano il rischio di suicidio?
L’associazione tra solitudine e rischio di suicidio
Per ogni persona che si suicida, all’incirca 800.000 persone all’anno in tutto il mondo, altre 20 tentano il suicidio (WHO, 2014). Recentemente l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ipotizzato che un senso di isolamento potesse essere considerato un fattore di rischio per il suicidio. Il senso di isolamento può essere provocato sia dalla solitudine che dall’isolamento sociale. La solitudine è stata concettualizzata come un’esperienza spiacevole che si verifica quando la rete di relazioni sociali di una persona è insufficiente dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo; come una sensazione interiore di non essere connesso agli altri e infine come una sensazione negativa di mancanza o perdita di compagnia. L’isolamento sociale è invece una mancanza oggettiva di contatti sociali (de Jong Gierveld, 1998). Entrambi questi costrutti hanno degli effetti negativi sulla salute fisica e mentale, sembrano infatti associati al tasso di suicidi (Stickley & Koyanagi, 2016). È probabile, infatti, che le persone che si sentono sole siano insoddisfatte della propria vita e che percepiscano di avere scarse connessioni sociali. Inoltre la solitudine può aumentare lo stress cronico, la bassa autostima e accrescere la sintomatologia depressiva.
Diversi sono i modelli teorici che hanno tentato di spiegare l’associazione tra solitudine e suicidalità: il costrutto dell’appartenenza contrastata, per esempio, descrive ciò che insorge quando il bisogno fondamentale di formare e mantenere relazioni interpersonali forti e stabili non è soddisfatto, con conseguenti sentimenti di disconnessione; la teoria interpersonale del suicidio considera l’appartenenza contrastata come inclusiva sia della solitudine sia dell’assenza di relazioni di cura (Ma et al., 2019). Il modello integrato motivazionale volitivo (IMV) propone invece che l’appartenenza contrastata e l’idea che la propria esistenza sia un peso per gli altri spieghino il passaggio dall’ideazione suicidaria al tentativo di suicidio (O’Connor & Kirtley, 2018).
Il rischio di suicidio dopo un lutto improvviso
Anche la solitudine derivante da un lutto improvviso può essere un fattore di rischio per il suicidio in quanto il lutto improvviso è esso stesso un fattore di rischio, soprattutto quando la morte è avvenuta per suicidio. Sembra infatti che alcuni fattori come la solitudine, l’isolamento sociale e il poco sostegno sociale siano coinvolti nel rischio di suicidio dopo un lutto improvviso. La solitudine dopo una morte improvvisa può essere provocata da un senso di perdita di una relazione. Inoltre il suicido spesso genera imbarazzo e tabù nelle persone che circondano il defunto, che causano un conseguente isolamento sociale per evitare di dover dare spiegazioni. Infine, la consapevolezza degli atteggiamenti negativi degli altri verso la perdita causata da un lutto improvviso, è uno dei principali fattori che causano solitudine, poiché alcuni individui percepiscono che gli altri possano fare pettegolezzo sul defunto, possano attribuire la colpa a qualcuno e si cerca quindi di evitare ogni contatto. Tale stigma viene esperito nei familiari, soprattutto a seguito delle morti improvvise, e ancor di più per quelle per suicidio. Alcune possibili spiegazioni religioso-culturali dell’imbarazzo provato vedono il suicidio come un atto deplorevole e le morti accidentali come un atto irresponsabile. Inoltre lo stigma percepito di un lutto improvviso è associato al rischio di pensieri e tentativi di suicidio. Ovviamente non è sempre detto che il lutto inatteso influenzi tutti gli individui; gli esiti negativi dipendono dalla vulnerabilità personale, dalla qualità della relazione con il defunto e dal supporto sociale che si ha dopo un evento traumatico.
Il legame tra solitudine e rischio di suicidio dopo un lutto improvviso
Per comprendere meglio il ruolo che l’isolamento sociale e la solitudine hanno nella suicidalità, Pitman e colleghi nel 2020 hanno condotto uno studio per indagare se una maggiore solitudine fosse associata a una maggiore probabilità di tentativi di suicidio o ideazione suicidaria dopo un lutto improvviso, distinguendo un lutto suicida da un lutto non suicida. Gli autori hanno quindi analizzato i dati raccolti nel UCL Bereavement Study del 2010, identificando 3193 intervistati che avevano vissuto un lutto improvviso. Per ciascun partecipante sono stati rilevati: la solitudine, utilizzando una misura a otto voci estrapolate dall’Adult Psychiatric Morbidity Surveys (APMS; McManus et al., 2009) e i tentativi di suicidio e l’ideazione suicidaria auto-riferiti (Bebbington et al., 2010). Inoltre ai soggetti sono stati somministrati il Composite International Diagnostic Interview (CIDI; Robins et al., 1988)) per misurare la depressione; la Standardised Assessment of Personality-Abbreviated Scale (SAPAS; Moran et al., 2003) per identificare un possibile disturbo di personalità; una sottoscala del Grief Experience Questionnaire (GEQ; Bailley et al., 2000) che misura lo stigma percepito della perdita improvvisa e infine una parte dell’Interview Measure for Social Relationships (IMSR) per valutare la dimensione della rete sociale. I risultati mostrano che, negli adulti in lutto, la solitudine era significativamente associata alla probabilità di un tentativo di suicidio e all’ideazione suicidaria post-lutto; tale associazione non è però spiegata dalla mancanza di amici o familiari o dal sentirsi stigmatizzati dalla perdita.
Il senso di solitudine non ha avuto un effetto maggiore sulla suicidalità tra le persone in lutto per suicidio rispetto alle persone in lutto per una morte differente, sebbene le persone in lutto per suicidio avessero una probabilità significativamente più alta di tentativo di suicidio post lutto (Pitman et al., 2016). Sarebbero necessari ulteriori studi per analizzare più nello specifico le associazioni tra stigma, solitudine, malattia mentale, supporto sociale e suicidalità nelle persone che hanno subìto un lutto. I risultati suggeriscono la necessità di figure professionali come medici di medicina generale, organizzazioni di volontariato e reti che sostengono le persone in lutto, di indagare sulla solitudine e considerare i modi per affrontarla. È possibile però che lo stigma di ammettere di sentirsi soli possa condizionare l’identificazione del problema, soprattutto nelle persone che desiderano nascondere il loro senso di isolamento. Un gruppo di supporto per il lutto tra pari può essere un modo per creare relazioni tra le persone in lutto, in particolare coloro che sono escluse dal gruppo di coetanei non in lutto. I gruppi, infatti, potrebbero fornire loro un contesto in cui esprimere il dolore sentendosi accettati e capiti dalle altre persone (Young et al., 2016).