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Chimica Sociale (2021) di Marissa King – Recensione

Chimica Sociale racconta l’importanza delle relazioni interpersonali reali (e non solo virtuali) e la sua estrema rilevanza nella vita degli individui umani

Di Marta Villa

Pubblicato il 26 Ott. 2021

Chimica Sociale si compone di dieci capitoli, ciascuno approfondisce aspetti diversi della socialità e adotta diversi punti di vista per una maggiore comprensione dei contenuti riportati.

 

Il libro Chimica Sociale di Marissa King intende analizzare il complesso fenomeno della socialità e delle reti sociali facendo affidamento sia a dati scientifici (provenienti dalla ricerca neuroscientifica, ma soprattutto della psicologia sociale) così come da dati divulgativi, raccolti da storie quotidiane e celebri. Una struttura di questo tipo permette di affrontare un tema complesso quale è la socialità nel modo più semplice possibile, dando al lettore, anche senza particolari conoscenze in ambito sociologico e della psicologia sociale, le basi necessarie per poter comprendere l’intero contenuto. Allo stesso tempo, l’uso di storie realistiche permette al lettore di inserirsi nei contesti sociali che altrimenti verrebbero affrontati solo teoricamente: ciò, chiaramente, consente una comprensione immediata e una lettura leggera, stimolata dallo stile narrativo, dei capitoli.

Come sostenuto nella prefazione, Chimica Sociale interviene in un momento di estrema adeguatezza: a seguito della pandemia Covid-19, l’importanza delle relazioni interpersonali reali (e non solo virtuali) ha manifestato la sua estrema rilevanza nella vita degli individui umani.

Più precisamente, il libro si compone di dieci capitoli, ciascuno dei quali approfondisce aspetti diversi della socialità e adotta diversi punti di vista che possano consentire una maggiore comprensione dei contenuti riportati. Particolarmente interessante è la scelta adottata dalla scrittice, tale per cui all’inizio di ogni capitolo viene riportata una breve narrazione appartenente ad un individuo più o meno celebre: in questo modo, il lettore è trasportato all’interno del contesto sociale che si intende analizzare e, come accennato precedentemente, è più stimolato a proseguire la lettura al fine di comprendere cosa la ricerca ha dimostrato essere alla base di un fenomeno tanto comune e quotidiano.

Il primo capitolo introduce semplicemente la questione delle relazioni sociali e della necessità del creare delle connessioni, facendo innanzitutto riferimento al caso di Vernon Jordan. Viene posta una riflessione relativa a come nelle prime fasi dello sviluppo (ma anche successivamente) le relazioni interpersonali si fondano sulle diadi, che poi successivamente (soprattutto nell’adolescenza) possono essere allargate al fine di formare gruppi dalle dimensioni maggiori. Nel primo capitolo vengono anche introdotti i tre tipi principali di attori sociali, sulla base delle connessioni che essi tendono a formare, ai quali sono dedicati interi capitoli al fine di definirne i vantaggi/svantaggi e le caratteristiche principali (aggregatori, capitolo 3; intermediatori, capitolo 4; espansionisti, capitolo 5). Una riflessione interessante posta nel primo capitolo riguarda la difficoltà del creare nuove connessioni e di quanto spesso le persone considerino il creare dei fili invisibili intenzionalmente come qualcosa di immorale e da cui prendere le distanze.

Il capitolo secondo, invece, approfondisce la definizione di rete sociali, aprendo la discussione attorno alla domanda cos’è un amico. Introducendo come primo fattore distintivo tra amici e conoscenti la quantità di tempo condiviso, la discussione porta poi al considerare come ulteriori fattori determinanti l’intimità, la reciprocità e l’intensità emotiva del rapporto. I rapporti di amicizia forte forniscono sostegno emotivo ed agiscono da fattore di protezione contro la depressione, incrementando i sentimenti positivi e la sensazione di benessere. Tuttavia, non è facile prevedere quando un legame debole genererà valore: la trasformazione di un legame debole in uno forte è in gran parte casuale. Il capitolo secondo contiene anche una riflessione attorno alla legge della prossimità ossia alla tendenza umana all’instaurare rapporti più forti con individui simili a sé, nonché anche sulla forte limitatezza data dal contesto sul range di individui con cui è possibile instaurare un rapporto positivo (effetto della mera esposizione).

Il capitolo sesto contiene alcune riflessioni, tra tutte probabilmente una delle più interessanti è quella relativa alle vecchie connessioni e la loro utilità. Questi vengono spesso definiti dai ricercatori come legami dormienti e spesso gli individui provano forte imbarazzo al provare a rianimarli. Tuttavia, spesso, questi contatti possono fornire informazioni e suggerimenti preziosi in quanto potrebbero contenere punti di vista nuovi non presenti all’interno della propria cerchia (soprattutto se siamo aggregatori).

Anche il capitolo settimo contiene riflessioni di vario tipo come ad esempio le relazioni con gli estranei, l’importanza del contatto visivo, dell’ascolto e del porre domande follow-up per mostrare interesse. Particolarmente interessante è la riflessione attorno al tatto, un senso spesso trascurato anche se estremamente importante nei contesti sociali (basta pensare a quanto imbarazzo tocchi in relazioni ambigue tra amici-conoscenti possono causare).

Il capitolo ottavo è per lo più incentrato sulle relazioni interpersonali in contesti lavorativi, argomento introdotto osservando come spesso in diversi ambienti i dipendenti abbiano paura di esprimere le loro vere opinioni e pensieri per le conseguenze che potrebbero emergere. La riflessione prosegue quindi cercando di delineare le caratteristiche del team perfetto, all’interno del quale i partecipanti si esprimono senza timore dando così grandi opportunità di creatività e innovazione al gruppo stesso. Tra queste emerge come particolarmente rilevante la sicurezza psicologica, un sentimento emergente a livello gruppale e non individuale. Tale sentimento è però estremamente fragile e può essere leso anche da commenti che potrebbero essere considerati sarcastici e non particolarmente maligni. Così come la sicurezza psicologica è estremamente contagiosa, anche la negatività lo è, il che potrebbe portare a difficoltà nel contesto lavorativo, nonché stress e sensazioni negative. Per questo è importante intervenire e far notare come certi commenti possano aver ferito la propria sensibilità: spesso le persone non si rendono neanche conto di quanto le loro affermazioni possano essere percepite negativamente, oppure potrebbero essere state mosse da una condizione stressante e non da avversità personali.

Il capitolo nono contiene un’interessante analisi delle relazioni tra vita personale e lavoro. In particolar modo viene sottolineato come tendenzialmente le persone possano distribuirsi lungo un continuum che va dagli integratori ai segmentatori. I primi sono a loro agio quando i confini tra amicizia, famiglia e lavoro tendono a confondersi, mentre i secondi preferiscono mantenere separati il lavoro e la vita famigliare. Il continuum contiene diverse variabili che riflettono i tipi di reti che l’individuo preferisce mantenere. Inoltre, a determinare le proprie preferenze per la segmentazione o l’integrazione intervengono anche diversi aspetti quali la propria crescita, personalità, genere… Nel capitolo vengono anche esaminate le motivazioni alla base della difficoltà nell’instaurare dei rapporti amicali in contesti lavorativi. Tra queste vengono citati il fatto che non si hanno molte opzioni relative ai propri colleghi e il fatto che il posto di lavoro assume spesso delle caratteristiche transienti, che non si addicono ai rapporti di amicizia.

Il libro si conclude con il capitolo decimo molto più breve rispetto ai capitoli precedenti, ma comunque contenente un interessante riflessione al limite con la filosofia. La domanda principale affrontata, citando direttamente il libro, è: “Che si tratti di amici su Facebook, di un agente di cambio del Massachusetts o di Rick Warren e Yo-Yo Ma, siamo tutti strettamente connessi in qualche modo?”. Il mondo potrebbe essere reso piccolo sia da una rete regolare perfettamente ordinata, sia da una rete assolutamente casuale che non prevede uno schema in grado di determinare legami. Per quanto riguarda il mondo sociale, molto probabilmente questo si colloca a metà del continuum, tra caos e ordine. Precisamente è la combinazione di intermediatori, espansionisti e aggregatori a rendere piccolo il mondo e consentire l’equilibrio tra ordine e caos.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • King, M. (2021). Chimica Sociale. Bocconi Editore.
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