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Così fan tutti: il conformismo sociale nell’esperimento di Solomon Asch

La psicologia sociale si è dedicata a lungo alla ricerca e allo studio del tema dell’influenza sociale e del conformismo

Di Giulia Campanale

Pubblicato il 10 Nov. 2023

L’influenza sociale e il conformismo

Quante volte da piccoli – nel momento in cui abbiamo espresso il desiderio di fare qualcosa che anche i nostri amici avevano fatto – ci siamo sentiti dire dai nostri genitori la famosa frase “e allora se tutti si buttano dal ponte cosa fai? ti butti anche tu?”? E quante volte, ascoltandola, ci siamo infastiditi e resi conto di non sopportarla più, convinti di non subire l’influenza altrui e di essere sempre in grado di scegliere con la nostra testa?

Anche crescendo amiamo continuare a crogiolarci in questa illusoria convinzione di riuscire ad essere sempre integri e indipendenti nei nostri processi di decisione e di pensiero, ma in realtà i nostri genitori non avevano poi così torto a stuzzicarci con quella frase. Siamo davvero padroni delle nostre scelte? Ci è davvero così facile non cedere alla pressione sociale e continuare a sostenere le nostre idee e decisioni senza lasciarci influenzare dal gruppo?

La psicologia sociale – quel ramo della psicologia che si occupa di studiare le interazioni tra un individuo e un gruppo sociale e di indagare come “pensieri, sentimenti e comportamenti degli individui vengono influenzati dalla presenza oggettiva, immaginata o implicita degli altri” (G. Allport) – si è dedicata a lungo alla ricerca e allo studio del tema dell’influenza sociale, intesa proprio come il processo tramite il quale atteggiamenti e comportamenti sono influenzati dalla presenza (reale o immaginaria) di altre persone.

Solomon Asch, in particolare, psicologo sociale polacco naturalizzato statunitense, nato a Varsavia nel 1907, ha dedicato gran parte dei suoi studi e dei suoi esperimenti a questo tema.

La domanda motore delle sue ricerche fu la seguente: “l’essere membro di un gruppo è una condizione sufficiente a influenzare azioni, giudizi e percezioni visive di una persona?”. La risposta fu notevole e inaspettata, poiché egli osservò che in un gruppo a pressione sociale avvertita, la necessità di sentirsi conformi e allineati al sentire e all’agire comune possono arrivare a influenzare percezioni e valutazioni di dati oggettivi.

Nel 1951, infatti, in uno dei suoi esperimenti più famosi, lo psicologo esaminò il fenomeno della conformità e dell’influenza sociale sulla percezione individuale. Egli riteneva che il conformismo – inteso come cambiamento profondo, personale e duraturo nel comportamento di una persona dovuto alla pressione del gruppo – riflettesse un processo tendenzialmente razionale in cui le persone stabiliscono una norma a partire dal comportamento altrui, così da poter determinare il comportamento più corretto e appropriato da adottare loro stesse ed evitare la censura, il giudizio negativo e la disapprovazione sociale.

L’esperimento di Asch sul conformismo e le sue varianti

Durante l’esperimento, veniva mostrata a un gruppo di 8 partecipanti una serie di tre segmenti di diversa lunghezza e veniva poi chiesto loro di indicare quali di essi fosse, secondo loro, della stessa lunghezza di un segmento standard. Seduti tutti attorno a un tavolo, i partecipanti erano chiamati a rispondere uno ad uno ad alta voce e davanti agli altri. Ma nella prima versione dell’esperimento vi era un geniale inganno: esso prevedeva infatti che al tavolo fossero seduti dei complici di Asch, i quali erano tenuti a dare tutti la medesima risposta sbagliata. Solo una persona degli 8 presenti, colui che rappresentava il vero oggetto di studio, era effettivamente convinto di partecipare a un test sulla percezione e discriminazione visiva e si trovava al penultimo posto nell’ordine di risposta. Nonostante l’evidenza davanti ai suoi occhi e nonostante le risposte degli altri partecipanti-complici fossero assurde e palesemente errate, il partecipante reale si conformò ad esse, silenziando completamente la sua personale opinione e dando prova del potere del conformismo e dell’influenza del gruppo.

L’esperimento venne ripetuto in questa versione più volte e successivamente Asch chiese ai partecipanti come mai molti di loro si fossero conformati alle risposte del gruppo. Vennero date diverse spiegazioni per motivare i cedimenti: la maggior parte di loro era ben consapevole di vedere le cose in maniera differente dal gruppo ma si sentiva insicura e avvertiva la possibilità che le proprie percezioni fossero imprecise e che avesse quindi ragione il gruppo. Altri affermarono di aver visto realmente i segmenti allo stesso modo degli altri partecipanti. Altri ancora, pur riconoscendo le risposte errate degli altri, si adeguavano ad esse per non apparire diversi.

Solo una piccola minoranza dei soggetti sperimentali si sottrasse alla pressione del gruppo dicendo ciò che vedeva realmente e non cedendo alla tentazione di rispondere in maniera concorde e palesemente errata.

Insomma, da questi risultati si può affermare con sufficiente certezza che nella maggior parte dei casi le persone tendono a conformarsi alle posizioni della maggioranza – anche quando la scelta corretta è palese – per autentica paura: lo fanno per evitare la censura, l’esclusione e la disapprovazione sociale e per non sembrare ridicoli o sciocchi.

Ma Solomon Asch si spinse oltre e implementò nuove varianti dell’esperimento al fine di cogliere ulteriori informazioni e risultati. In particolare, in una successiva versione dello studio, selezionò 16 partecipanti reali, a fronte di un solo partecipante-complice che dava risposte appositamente errate. E questa volta i risultati furono diversi: i partecipanti reali trovarono il comportamento del collaboratore talmente ridicolo da arrivare addirittura a deriderlo apertamente.

Infine, con un’ulteriore modifica nell’esperimento, Asch fece rispondere la maggioranza dei partecipanti-complici in pubblico, mentre l’unico partecipante reale in privato, e così facendo ebbe la conferma che la pressione verso il conformismo poteva essere ridotta se il partecipante si sentiva protetto dall’anonimato e se non temeva la derisione, la disapprovazione o l’isolamento sociale.

Cosa possiamo trarre dagli esperimenti di Asch sul conformismo?

Dall’esperimento di Asch e dalla combinazione dei risultati delle sue numerose varianti non è difficile dedurre che il conformismo e la pressione sociale regnino subdolamente anche nelle nostre situazioni di vita più semplici e quotidiane. Si tratta di un insidioso meccanismo di cambiamento che si origina quando il singolo è posto di fronte a una norma sociale implicita e inespressa ma facilmente ricavabile a partire dall’osservazione del comportamento altrui. L’individuo allora, vittima del freudiano istinto del gregge e in nome del suo forte bisogno di affiliazione e di sentirsi incluso e parte di un gruppo, tende a uniformare il suo comportamento a quello della maggioranza pur sapendo che sta commettendo un errore a fronte di evidenze oggettive che lo dimostrano.

Come sempre, lavorare sulla consapevolezza e prendere profondamente coscienza di quanto le nostre scelte siano il riflesso condizionato dell’ambiente e delle persone che ci circondano può essere un primo importante passo per disinnescare il perpetuarsi di questo infido fenomeno e non cedere alla pressione sociale.

A volte può indubbiamente essere difficile e faticoso dichiararsi apertamente in contrasto con gli altri all’interno di una dinamica di gruppo, ma è utile imparare a trovare il modo per esprimere sinceramente le proprie opinioni (anche discordanti) pur sentendosi protetti e rispettati dal giudizio altrui, ricordando che siamo tutti diversi e che per sentirsi accettati non occorre essere uguali ma accogliere il più apertamente possibile la ricchezza derivante dalle prospettive di ognuno.

Riportando le parole di Stanley Milgram – un altro noto psicologo sociale che è passato alla storia per i suoi importanti esperimenti sul conformismo e sull’obbedienza all’autorità – si può ulteriormente sottolineare il valore e l’importanza della consapevolezza come prezioso antidoto contro le insidie dell’influenza sociale:

Forse siamo delle marionette – delle marionette controllate dai vincoli della società. Ma almeno siamo marionette dotate di percezione, di consapevolezza. E forse la nostra consapevolezza è il primo passo verso la nostra liberazione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Asch, S. E. (1956). Studies of independence and conformity: a minority of one against a unanimous majorityPsychological monographs: General and applied70(9), 1.
  • Hogg. M. A.; Vaughan G. M. (2016), Psicologia sociale. Teorie e applicazioni, Pearson. Ed. italiana a cura di Luciano Arcuri.
  • Larsen, K. S. (1974). Conformity in the Asch experimentThe Journal of Social Psychology94(2), 303-304.
  • Milgram S. (1963), Behavioral study of obedience, Journal of Abnormal and Social Psychology, 67, 371-378.
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