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La teoria dei sistemi motivazionali nell’ambito clinico. Ricordando Joseph Lichtenberg e Giovanni Liotti

Partendo dalle teorie di Bowlby e Stern, Liotti è influenzato dai sistemi motivazionali di Lichtenberg distinguendosi per l’impostazione evoluzionistica

Di Marialba Albisinni

Pubblicato il 21 Giu. 2021

I sistemi motivazionali contribuiscono a dar forma all’esperienza e alla formazione di ciò che svilupperà in termini di senso del Sé.

 

Introduzione

Ci sono teorie molto significative ed influenti a livello scientifico che sono la base del lavoro di molti clinici al di là della scelta e dell’orientamento psicoterapico di base.

Le teorie motivazionali, inclusa la teoria dell’attaccamento di Bowlby (in cui vengono messi in risalto il bisogno di sicurezza e protezione) sono dei pilastri da cui partire per comprendere i bisogni insiti nella natura umana, aiutare i nostri pazienti e comprendere in maniera più chiara il procedere nel processo terapico. La teoria motivazionale è trattata in maniera appassionante da due autori che hanno contribuito a creare connessione e interesse scientifico e clinico a livello internazionale. Parlo di Joseph Lichtenberg e Giovanni Liotti; i loro modelli si collegano ai presupposti teorici di Bowlby e Daniel Stern, ma lo stesso Liotti è influenzato dai sistemi motivazionali di Lichtenberg distinguendosi per l’impostazione evoluzionistica.

Entrambi trovano punti di incontro anche con i più attuali studi delle neuroscienze. Lo scopo di questo articolo è quello di dar rilievo all’utilità di entrambe le teorie nell’ambito terapeutico in una prospettiva integrata.

La teoria motivazionale di Joseph Lichtenberg

Lichtenberg è noto agli studiosi e ai clinici per aver dato inizio e poi elaborato la teoria dei “sistemi motivazionali” (1989). È assolutamente uno dei primi clinici che si è interessato alla ricerca empirica sull’infanzia, supportando l’intersoggettività di Daniel Stern, gli studi sull’attaccamento coniugandoli alla pratica psicoanalitica dell’adulto ed oggi alla psicoanalisi relazionale. Joseph D. Lichtenberg è stato un ricercatore e clinico attento, influenzato dalla psicologia del Sé Kohutiana, interessato alla ricerca sull’infant research di cui è sicuramente uno dei pionieri che ha dato enormi contributi sull’importanza della regolazione affettiva e di tale regolazione nello scambio terapeutico; studi avvenuti in collaborazione con Frank M. Lachmann e Beatrice Beebe.

Nella sua teoria, la “motivazione”, per definizione è volta a promuovere la realizzazione e la regolazione dei bisogni di base. Ogni sistema motivazionale, quindi è costruito intorno a un bisogno fondamentale ed i comportamenti ad esso associati sono visibilmente osservabili.

Ogni sistema motivazionale, fin dalla nascita contribuisce alla regolazione del sé e nei diversi periodi di vita, i desideri, le richieste, gli obiettivi che derivano da questi bisogni possono essere organizzati in differenti gerarchie espresse da preferenze consce oppure inconsce. Le scelte e le nostre tendenze sono influenzate da come si organizzano i bisogni di base connessi a pattern di risposta dell’adulto, infatti si organizzano e si coordinano con le risposte appropriate di coloro che si prendono cura del bambino; in tale scambio il bambino si organizza e regola emotivamente sia in momenti di disagio, ossia i “momenti distonici”, sia in momenti di gratificazione, eccitazione e appagamento che implicano sintonia ai suoi bisogni da parte dell’adulto, per esempio l’esperienza dell’accettazione o sfortunatamente della mancanza di accettazione continua per tutta la vita poiché pone le fondamenta delle aspettative che, inoltre, si manifestano nel qui ed ora della relazione terapeutica.

Lichtenberg prende spunto dalla teoria Kohutiana per cui la risposta positiva al bisogno produce un’esperienza cosiddetta di “oggetto-sé” emotivamente significativa e strutturalmente di sostegno/guida per la persona che la vive. Lichtenberg amplia i bisogni di base descritti da Kohut (rispecchiamento, idealizzazione, gemellarità) estendendo l’approfondimento teorico e clinico utilizzando gli studi empirici dell’infant research.

Le motivazioni essendo guidate dagli affetti orientano le nostre scelte, ma poiché i sistemi motivazionali sono interconnessi, il successo di un sistema organizzativo funzionante contribuisce alla regolazione e al buon funzionamento degli altri sistemi; per esempio un bambino ha un bisogno fisiologico (es. la fame), fa una richiesta piangendo, quindi il suo stato emotivo è “distonico” perché è a contatto col disagio del momento. Nell’attivare tale richiesta di fame, il bambino può avere più possibilità di risposta: il suo stato può rimanere  distonico se l’adulto non è sintonizzato con il suo bisogno di fame oppure può essere gratificato e appagato se l’adulto è in sintonia con il suo stato distonico, lo comprende e lo appaga. In questo senso viene organizzato il sistema regolativo fame- risposta, non solo fisiologico, ma anche di attaccamento (c’è qualcuno che si prende cura) e, se gratificato in maniera equilibrata, durante la crescita si amplia ed evolve nella possibilità più esplorativa quale può essere per esempio la ricerca per la “preferenza” di cibo.

Quindi, i sistemi motivazionali sono costruiti intorno ai bisogni di base ma la “vitalità”, l’organizzazione ed anche l’evoluzione, dipenderanno dall’esperienza vissuta negli scambi affettivi tra il bambino e chi lo accudisce. In questo senso, nel corso della nostra vita ogni sistema contribuisce alla regolazione del sé e ognuno di questi sistemi può prevalere sull’altro in maniera equilibrata o disadattiva a seconda delle risposte di oggetto-sé dell’adulto (funzioni relazionali esperite da chi si occupa del bambino).

Lichtenberg individua prima cinque sistemi motivazionali (1989) e successivamente li distingue in sei sistemi, poiché separa il sistema di attaccamento da quello di affiliazione (Convegno Isipsè, 2012).

Nel loro funzionamento organizzativo tutti i sistemi motivazionali contribuiscono a dar forma all’esperienza  e alla formazione di ciò che svilupperà in termini di  senso del Sé. Nello specifico i sistemi motivazionali sono:

  • Sistema di regolazione fisiologica: bisogno di regolazione psichica delle esigenze fisiologiche;
  • Sistema di attaccamento: l’attaccamento, corrisponde al bisogni di essere accudito.
  • Sistema di affiliazione: bisogno di appartenere ad un gruppo.
  • Sistema esplorativo: il bisogno di esplorare ed essere assertivi;
  • Sistema avversivo: il bisogno di reagire avversivamente attraverso l’antagonismo e il ritiro.
  • Il bisogno di piacere sensuale o di eccitamento sessuale.

In ciascun sistema c’è una continua tensione dialettica tra i bisogni che si alternano e si ri-organizzano. Affinché i sistemi motivazionali possano trovare risposte di oggetto sé congrue al bisogno, nel periodo infantile, è importante la capacità di sintonizzazione empatica dell’adulto che permette di far funzionare in maniera flessibile ed equilibrata tali sistemi mantenendo tale organizzazione interna anche in età adulta. In questa prospettiva il Sé è in grado di svilupparsi come un centro indipendente che avvia, organizza, e integra la motivazione; il senso del sé invece nasce dalla possibilità di sperimentarsi come “agente attivo” e di “ricerca esplorativa” in termini di preferenze e scelte per cui le aspirazioni, i desideri, le mete, gli obiettivi attivati per raggiungere quel bisogno possono continuamente riorganizzarsi in maniera flessibile, sana ed equilibrata ma anche in termini evoluzionistici ed esplorativi.

Diverso è il caso in cui manca alla base una sintonizzazione dell’adulto col suo sviluppo motivazionale per cui la flessibilità di avvio e scelta avviene meno e i sistemi motivazionali si organizzano in maniera disfunzionale e rigida, strutturando condizioni patologiche di sofferenza ed impasse esplorativo alla vita.

La teoria motivazionale per l’utilità terapeutica

“La sintonizzazione affettiva porta a comprendere e condividere il mondo… se la sintonizzazione affettiva non è presente o è inefficace durante i primi anni di vita, la mancanza di esperienza condivisa può creare un senso di isolamento e la convinzione che in generale i bisogni affettivi di una persona siano in qualche modo inaccettabili (Basch, 1984)”.

Lichtenberg ci fa riflettere su come non si deve pensare alla sintonizzazione come a qualcosa di limitato ad esperienze di attaccamento, ma nello scambio clinico la “sintonizzazione autentica” e vitale del terapeuta può produrre un’ampia varietà di risposte ai diversi bisogni di ciascun sistema motivazionale che si presenta. La valenza emotiva di questo scambio terapeutico mette in moto esperienze di oggetto- sé che avvengono appunto nel qui ed ora e permettono una nuova ri- organizzazione emotiva: per esempio ristabilire uno stato di benessere dopo un disagio, permette di riorganizzarsi in modalità diverse evitando di ricadere in sistemi avversivi radicati ed irretiti. Alcuni esempi di funzioni oggetti- sé: la gioia attiva l’esplorazione, l’approvazione attiva l’assertività, riconoscere i segnali di avversione e rispondere in maniera appropriata è una nuova opportunità che permette di riorganizzare il senso del sé con maggior flessibilità ed equilibrio. Le persone hanno la possibilità di ricontattarsi e riorganizzarsi in termini di autenticità.

Quando il paziente si rivolge a noi terapeuti risulta importante riconoscere quale tipo di sistema motivazionale è in atto, spesso porta con sé quello avversivo (es. ritiro sociale, bulimia, uso di sostanze, dolore fisico, paura) e quale sistema motivazionale ha difficoltà a riconoscere (es. assertivo esplorativo, attaccamento). Spesso la regolazione fisiologica è disturbata (difficoltà nel sonno, alimentazione) e ripristinare la flessibilità motivazionale è un obiettivo importante al fine di aiutare le persone a riorganizzarsi emotivamente ma anche ad organizzare pattern di risposta e prevedibilità più sani, ripristinati nello scambio clinico del qui ed ora col terapeuta.

“Lo scambio terapeutico è uno scambio di oggetti sé importante, la premura dell’analista, la sua affidabilità, la costanza, la pazienza, l’onesta, la schiettezza oltre alla sua flessibilità davanti all’antagonismo e al ritiro, smentiscono le aspettative del paziente, vale a dire la convinzione che inevitabilmente i fallimenti empatici del passato si ripeteranno” (Lichtenberg, 1992). Ciò amplia la possibilità del paziente di riorganizzarsi in questa nuova esperienza, aprendo altri percorsi precedentemente bloccati; il terapeuta è colui che agevola la sua vitalità momento per momento, l’espressività affettiva, la rabbia, il pianto, la sofferenza presente nelle esperienze avversive portano ad un senso di sollievo differente e si riorganizza diversamente rispetto al passato in una nuova cornice esperienziale empatica in cui è attivo un transfert oltre che ripetitivo anche evolutivo e un nuovo modo di riflettere condiviso che permette una nuova riorganizzazione delle rappresentazione simboliche.

Per Lichtenberg lo scambio analitico implica una “responsività empatica” da parte dell’analista, la sintonia con gli stati mentali ed emotivi dell’analizzando permette di percepire obiettivi motivazionali del paziente per ristabilire o riorganizzare un senso di equilibrio (self- righting) che ristabilisce il senso di coesione. Nello sviluppo normale i bisogni del bambino sono stati riconosciuti e gratificati e i segnali per esempio di disagio (paura, preoccupazione) hanno avuto delle risposte congruenti al bisogno; senso di sicurezza ed esuberanza nel gioco esperiti nell’esplorazione e nell’assertività con l’adulto si sono organizzati in maniera positiva. Se l’esperienza vissuta è quella dei bisogni non soddisfatti si cercheranno gratificazione, gioia, sollievo al disagio, vitalità in esperienze alternative in cui gli affetti possono essere piacevoli ma le conseguenze disadattive lasciano poi la persona con la sensazione di vuoto. L’obiettivo terapeutico è teso a riorganizzare un senso del sé più attivo, flessibile ed equilibrato con risposte sane e funzionali dei sistemi motivazionali in atto.

I sistemi motivazionali nel modello evoluzionistico di Giovanni Liotti

Nel modello cognitivo evoluzionistico di Liotti (2001) l’uomo viene considerato nella sua particolarità evoluzionistica, relazionale ed esperienziale.

Liotti (2001) concettualizza un modello multi-motivazionale etologico-evoluzionista, la cui base è innata e  universale verso specifici obiettivi; non sono istinti ma propensioni che ci inducono ad agire verso specifici obiettivi. Tali tendenze nascono originariamente nel corso dell’evoluzione e vengono selezionate dai processi evoluzionistici quando sono favorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione del singolo organismo, del suo gruppo sociale e della specie. Teorizza l’esistenza di cinque sistemi motivazionali interpersonali distinti denominati SMI (Sistemi Motivazionali Interpersonali) che prendono forma solo nell’interazione intersoggettiva e una volta attivati organizzano il comportamento sociale:

  • Il sistema di attaccamento, implica la richiesta di cura o di vicinanza protettiva (Bowlby, 1969).
  • Il sistema di accudimento è complementare al sistema di attaccamento, infatti riguarda l’offerta di cura.
  • Il sistema agonistico è riferito alla competizione e al rango
  • Il sistema sessuale è proteso a cercare un partner dell’altro sesso, disponibile per il corteggiamento, l’accoppiamento, al consumare il coito, il mantenere la vicinanza  e mantenere il legame in virtù dell’accudimento congiunto della prole.
  • Il sistema di cooperazione paritetica, implica uno sforzo congiunto di un riconoscimento paritario.

In linea con Damasio (1999) i SMI organizzano le emozioni che costituiscono la base dell’esperienza cosciente “coscienza primaria”.

L’intersoggettività implica la condivisione relativa all’esperienza propria e dell’altro e la meta-cognizione dipende dai contesti di attivazione dei diversi SMI importante nella condivisione nel dialogo clinico ( Fonagy, 2004; Di Maggio, Semerari 2003).

Parte dal presupposto che la “coscienza” è un processo continuo che istituisce continuità esperienziale ed ha dei contenuti quali pensieri, sensazioni ed emozioni connessi alla memoria, tuttavia essa attraversa inevitabili stati di discontinuità.

La coscienza è un fenomeno intrinsecamente relazionale che nasce dalla comunicazione tra mondo interno ed esterno (principio neuro scientifico) e l’esperienza soggettiva può essere compresa solo in un contesto di condivisione, nel nostro caso nella condivisione col terapeuta (Guidano, 1996; Liotti 2001).

Liotti, riprendendo la teoria evoluzionistica di Bowlby, e in sintonia con le teorie psicoanalitiche relazionali e intersoggettive, sottolinea come siano decisive le relazioni/interazioni nei primi anni di vita. La relazione terapeutica dovrebbe dare la possibilità a queste persone di accedere ad un esperienza di autentica intersoggettività fra pari, in particolare all’ideale di sicurezza, alla pariteticità e libertà comunicativa (Liotti, 2005) e consentire al suo interno il ripristino o la conquista del grado di continuità della coscienza e di coerenza nella conoscenza soggettiva.

Il sistema motivazionale di attaccamento influisce sullo stile relazionale tra sé e l’altro e caratterizza la particolare modalità di auto percezione e di rappresentazione dell’altro. Ciò ha una certa rilevanza nella formazione psicopatologica, ed è ingente la qualità dell’esperienza di relazione tra il caregiver (accudente) e il bambino che vive tale relazione. Il tipo di attaccamento vissuto per esempio può essere un fattore di rischio per la generazione psicopatologica di quell’individuo. Lo stile di attaccamento interiorizzato, quindi il MOI (Modello operativo interno) manifestato nelle relazioni adulte realizza un determinato senso di sé, del modo di rappresentarsi e rappresentare l’altro.

Il presupposto della teoria cognitivista/evoluzionistica, in sintonia con lo studio dei sistemi motivazionali di Lichtenberg e con lo studio della neuroscienze, converge, sviluppa e rafforza l’importanza relazionale dell’opportunità del paziente di potersi riorganizzare emotivamente all’interno di uno scambio vivo, autentico di sintonia empatica nel “qui ed ora” nella relazione tra terapeuta e paziente.

L’enorme mole di studi sui sistemi motivazionali, grazie a questi autorevoli studiosi, ci fornisce una grande ricchezza scientifica di conoscenza sulla natura umana. Ci aiutano a comprendere e orientare le persone in quella possibilità esperienziale per cui si può agire con vitalità e produttività anziché reiterare il ritiro nella malattia. Avere la possibilità di riorganizzarsi emotivamente e cognitivamente è una speranza verso una nuova opportunità motivazionale alla vita, così vivo in quello scambio terapeutico del qui ed ora; oltre le competenze scientifiche e cliniche, l’importanza autentica e consapevole della nostra presenza terapeutica per l’altro farà probabilmente una significativa differenza. Ciò lo dobbiamo a chi lo ci ha indirizzato ad arricchirci come persone e come terapeuti.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Beebe B., Lachmann F. (2002) Infant Research e trattamento degli adulti. Raffaello Cortina Editore (2003).
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  • Liotti, G., Monticelli, F. (2014) Teoria e clinica dell’alleanza terapeutica: la prospettiva cognitivo-evoluzionista (Cortina)
  • Liotti, G. Farina, B. (2011). Sviluppi traumatici. Eziopatologia, clinica e terapia della dimensione dissociativa. Raffaello Cortina, Milano.
  • Stern D. (1985). Il mondo interpersonale del bambino. Bollati Boringhieri (1987)
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