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Genitorialità e generatività: cosa vuol dire essere genitori adottivi?

L'adozione ed il divenire genitori adottivi significa collocare la nascita del proprio figlio adottivo in una realtà psichica con coinvolgimento emotivo

Di Ilaria Santonico

Pubblicato il 14 Mag. 2021

Cosa vuol dire nello specifico divenire genitori adottivi? Con l’adozione la coppia riuscirà a rielaborare il concetto di genitorialità, crescere quel bambino, sentirlo come figlio proprio ed accettarlo come tale.

 

Capita spesso che all’interno della stessa comunità sociale convivono più forme di famiglia ed è per questo che si parla di “pluralizzazione familiare” (Gambini, 2007, 42-42). Di seguito verrà riportato un veloce elenco delle varie forme di famiglia presenti nel nostro Paese in questi ultimi decenni:

  • Famiglia nucleare;
  • Famiglia allargata;
  • Famiglia con coniugi senza figli;
  • Famiglia di fatto;
  • Famiglia monogenitoriale;
  • Famiglia ricomposta;
  • Famiglia multietnica;
  • Famiglia omosessuale;
  • Famiglia unipersonale;
  • Famiglia adottiva (ibidem)

In questa condizione di eterogeneità è evidente come diventi difficile ed urgente definire cosa si intende per genitorialità; in ambito scientifico individuare quali siano gli elementi che la caratterizzano diviene una necessità dettata dal bisogno. Seguendo la linea di Donati (2001) la risposta è che l’attuale complessità sociale e culturale fa sì che la famiglia si organizzi e strutturi in modi diversi, funzionale alle attuali e molteplici sfide: con ciò si intende dire che la maggior parte delle tipologie di famiglia elencate sopra non rappresentano differenti famiglie, ma sono la stessa organizzazione che per adattarsi alle molteplici situazioni assume forme diverse.

Alla luce di queste osservazioni possiamo definire la genitorialità come un processo relazionale co-determinato dal bambino e dall’adulto identificato come figura di riferimento, in una dimensione spazio-temporale e socio-culturale che determina lo sviluppo fisico e psico-socio-culturale ed educativo del bambino (Paradiso, 2015, 18-19).

Quindi se non è un semplice ruolo, ma connota un processo, allora il diventare genitore significa entrare in una linea evolutiva apprenditivo-trasformativa che continua per tutto il resto della vita, che varia e si rimodella nel corso del tempo, connotandosi come a long life learning process. In quanto processo trasformativo, la genitorialità implica una rivisitazione delle proprie rappresentazioni interne, con un passaggio dall’investimento su di sé a quello sul bambino, cui vengono attribuite quote dell’amore per se stessi e del proprio ideale dell’Io. In aggiunta, alla funzione genitoriale direttamente ed ai figli indirettamente, viene attribuita anche una aspettativa “ripartiva”, intesa come tentativo di risanare aspetti irrisolti o dolorosi della propria storia personale, rispetto all’immagine di sé, sia come figli che come genitori (Bastianoni-Taurino, 2007, 10).

Ma cosa vuol dire nello specifico divenire genitori adottivi?

La coppia adottiva all’inizio della sua storia è, come tutte le altre, impegnata a costruire la propria identità; il normale percorso viene, però, interrotto, quando si giunge alla consapevolezza della propria sterilità; questo può essere considerato un evento paranormativo nel ciclo di vita familiare e chiede di essere affrontato adeguatamente. Si tratta di una circostanza che porta la coppia in una situazione di profonda crisi, visto che scardina il comune progetto dei partner; la sterilità impone la separazione da un progetto desiderato, dall’immagine che ci si era fatti del proprio bambino e dall’immagine di sé (Gambini, 2007, 303); in relazione a questa fase vi sono dei compiti di sviluppo che la coppia dovrà seguire:

  • elaborare la sterilità;
  • separarsi dal progetto biologico e riprogettare, negoziare e condividere un altro progetto generativo di coppia
  • condividere l’evento sterilità e rendere partecipi i familiari della scelta adottiva (D’andrea,2000,471).

Con il termine di ciò e l’inizio della fase sociale (che va dall’indagine psicosociale all’assenso per l’abbinamento), la coppia riuscirà a rielaborare il concetto di genitorialità, ovvero crescere quel bambino, sentirlo come figlio proprio ed accettarlo come tale; con l’arrivo in casa del bambino vi sarà il passaggio dalla diade coniugale alla triade familiare, se la coppia non ha altri figli, oppure all’inserimento di un nuovo figlio nella famiglia, se già ce ne sono altri; quello sarà il momento della nascita adottiva che, come ogni altra nascita, avrà degli effetti sull’intero sistema familiare (Gambini, 2007, 308).

La scelta adottiva giunge così, quasi sempre, alla fine di un lungo travaglio: non deve, però, essere il prodotto della negazione della propria sofferenza e non deve, ancora meno, essere il risultato di un ripiego. Non si deve cercare nel figlio adottivo un surrogato di quello biologico, se così fosse l’adozione non avrebbe possibilità di riuscita; l’adozione può divenire un atto veramente “creativo” nel senso che genera, appunto, un nuovo legame. Se ci si apre ad una dimensione propriamente affettiva e mentale è possibile generare una relazione autentica genitori-figlio in grado di superare l’aspetto biologico (ibidem). Divenire genitori adottivi significa, quindi, collocare la nascita del proprio figlio adottivo in uno spazio che si discosta da quello usualmente fisico, per porlo all’interno di una realtà psichica composta principalmente dal coinvolgimento emotivo (Galli-Viero, 2006).

Quando questo si realizza, l’adozione viene elevata sullo stesso piano della procreazione, facendo sì che l’iter adottivo rappresenti, in senso figurato, quasi una forma di “gestazione” e l’emanazione della sentenza di adozione si raffiguri come la “nascita” del figlio tanto desiderato (Commerci, 2007).

Come in tutte le famiglia, anche in quella adottiva, si parla di ciclo di vita diviso in fasi:

  • Fase generativa
  • Fase sociale
  • Formazione della famiglia adottiva: con l’entrata del bambino risulta fondamentale riconoscere la storia di ciascuno ed integrare passato e presente del bambino con quello dei nuovi genitori. L’adozione, in questo stadio deve ruotare attorno al concetto di reciprocità, il quale si manifesta nello “scambio dei doni”. I genitori offrono al bambino cura, protezione ed una famiglia, mentre egli offre ai medesimi genitorialità e continuità familiare (Scabini-Cigoli, 2000, 232-233).

Concludo, sottolineando il fatto che troppe volte si parla del mondo dell’infanzia guardandola e pensandola da adulti, non chiedendosi se tale decisione o scelta sia la migliore possibile per “tale” bambino in “tale” situazione, non categorizzando e astraendo con la convinzione di sapere noi adulti cosa è meglio per lui. Se si parte dal bambino, allora tutto il percorso verso l’adozione e poi la costruzione della nuova famiglia prenderanno una via diversa più centrata sui bisogni del minore, che sulla rispondenza ai desideri degli adulti.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • BASTIANONI P., TAURINO A. (2007), Famiglie e genitorialità oggi. Nuovi significati e prospettive, Milano, Unicopli.
  • COMMERCI G. (2007), Ex amore addoppio, Soneria Mannelli, Rubettino.
  • D’ANDREA A. (2000), I tempi dell’attesa. Come vivono l’attesa dell’adozione il bambino, la coppia e gli operatori, Milano, Franco Angeli.
  • GALLI J., VIERO F. (2006), Il percorsi dell’adozione. Il lavoro clinico dal pre al post adozione, Roma, Armando.
  • GAMBINI P. (2007), Psicologi della famiglia, Milano, Franco Angeli.
  • PARADISO L. (2015), Prepararsi all’adozionee: le informazioni, le leggi, il percorso formativo, personale e di coppia per adottare un bambino, Milano, Unicopoli.
  • SCABINI E., CIGOLI V. (2000), Il familiare. Legami, simboli e transizioni, Milano, Raffaello Cortina.
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