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La gelosia: il modello relazionale simbolico

Il modello relazionale simbolico inquadra la gelosia prendendo in considerazione la relazione coniugale, genitoriale e tra stirpi.

Di Mariano Indelicato

Pubblicato il 21 Gen. 2020

La famiglia è il luogo dove convivono l’ethos e il pathos. Senza il pathos l’amore diventa sterile, mentre senza l’ethos resta un bambino che vive delle emozioni e dei capricci del momento. A questo livello si collocano due tipi di gelosia: una legata all’ethos, definita come “sana”, e l’altra legata al pathos, più diffusa e irrazionale.

 

La famiglia – scrive Vittorio Cigoli – è il luogo dove convivono l’ethos (cioè l’alta assunzione di responsabilità nei confronti dell’altro/a) e il pathos (che è la facoltà squisitamente umana di sentire le gioie e le pene dell’incontro profondo). Senza il pathos l’amore diventa sterile, forzato, piatto. Senza l’ethos resta un bambino che vive delle emozioni e dei capricci del momento, e non permette lo sviluppo del legame, necessario per affrontare le tappe che la vita ci propone. Non è semplice farli convivere, ma neppure impossibile.

L’ethos è il “patto fiduciario” della relazione coniugale che ha nel matrimonio il suo atto esplicito ed è caratterizzato dai seguenti elementi, così come individuati dagli stessi autori: la comune attrattiva, la consensualità, la consapevolezza, l’impegno a rispettarlo, la delineazione di un fine.

Il Pathos è “l’incastro di bisogni, desideri e paure “ e fa riferimento “all’attrattiva, cioè ciò che ha attratto i due nella stessa orbita, che è un misto di bisogni, di speranza e di difesa da pericoli che i partner si aspettano di trattare nel rapporto di coppia”.

E’ evidente che l’ethos fa riferimento all’esplicito, al razionale, mentre il pathos ad esigenze emotive che nella maggior parte dei casi sfuggono alla nostra consapevolezza, tant’è che sempre i nostri autori individuano due tipi di patto, uno dichiarato e l’altro segreto. Quello dichiarato può essere condensato nelle promesse matrimoniali, mentre quello segreto invece è rappresentato da tutte le istanze emotive ed affettive che si ricercano nell’altro.

A questo primo livello si collocano due tipi di gelosia: una legata all’ethos e l’altra legata al pathos.

Quella legata all’ethos viene definita come gelosia “sana”, è quella che avvertiamo quando si profila una minaccia “concreta” alla nostra relazione affettiva, ovvero quando ci sono minacce esplicite alle promesse matrimoniali come ad esempio la presenza di un’altra persona e il non ricevere le giuste attenzioni.

La gelosia, comunque, è perlopiù legata al pathos. Bolwby sostiene che la gelosia è

una risposta emotiva legata al pericolo di perdita e sottrazione del partner, che è connessa a reazioni di angoscia, rabbia e aggressività che hanno la funzione di proteggere la relazione stessa .

Freud  distingue tre forme di gelosia tutte legate ad istanze inconsce:

1) La gelosia competitiva che è

essenzialmente composta dall’afflizione, il dolore provocato dalla convinzione di aver perduto l’oggetto d’amore, e dalla ferita narcisistica, ammesso che questa possa essere distinta dal resto; infine, da sentimenti ostili verso il più fortunato rivale e da una dose più o meno grande di autocritica che tende ad attribuire al proprio Io la responsabilità della perdita amorosa. Anche se la chiamiamo normale, questa gelosia non è certo interamente razionale, ossia determinata dalla situazione attuale, proporzionata alle circostanze affettive e sotto il completo controllo dell’Io cosciente; anzi essa è profondamente radicata nell’inconscio, è la continuazione dei primissimi impulsi della vita affettiva infantile e trae origine dal complesso edipico o da quello fratello-sorella del primo periodo sessuale. (Freud, 1905)

2) La gelosia proiettiva legata alle proprie trasgressioni e/o infedeltà o al desiderio di infedeltà che vengono rimosse. Per esigenze super egoiche non si rimuove l’idea del tradimento e si tende a proiettarlo sull’altro/a. La proiezione ci permette di dar voce a questi impulsi senza entrare in conflitto con noi stessi.

3) La gelosia delirante che è un disturbo psicopatologico caratterizzato dalla convinzione, spesso infondata, che il proprio partner sia infedele. Tale convinzione porta a mettere in atto una serie di comportamenti (ricerca di indizi, domande assillanti, interpretazioni non reali, allusioni, etc) al fine di provare l’infedeltà contestata. Un esempio di questa forma irrazionale di gelosia è la Sindrome di Otello ripresa proprio dal dramma di Otello, che malgrado le rassicurazioni di Desdemona, decide che essa deve morire per una sua presunta infedeltà. Per Freud tale forma di gelosia nasce, come per la gelosia proiettiva, da esigenze super egoiche legate ad una propria infedeltà. In questo caso, però, l’oggetto della relazione sessuale e/o la fonte di attrazione è dello stesso sesso. La gelosia delirante, quindi, è una forma di omosessualità latente. Essa è un

tentativo di difesa contro un impulso omosessuale troppo forte, essa potrebbe essere descritta (nel caso dell’uomo) mediante la formula: non sono io che lo amo, è lei che lo ama. (Freud, 1905)

Oltre a Freud e molti altri psicoanalisti, vari autori mettono in relazione la gelosia con il pathos ovvero con istanze emotive che per la psicanalisi hanno sede nell’inconscio.

Dicks, psicoanalista britannico, definisce il legame di coppia come l’incastro di due mondi interni, da intendersi, come il tentativo più o meno cosciente, di risolvere attraverso l’unione le problematiche individuali. Secondo l’autore, questo incontro può portare ad un’evoluzione positiva o, al contrario, ad una collusione propiziatrice di una relazione distorta. In particolare si tende a respingere aspetti di sé negativi forzando l’altro a rivestire quei contenuti che non possono essere assunti in proprio perché dolorosi e inaccettabili.

Robin Skynner afferma che

La moglie e il marito si sono scelti reciprocamente su una base altamente percettivo-intuitiva (presumibilmente fondata su informazioni non verbali) così che le relazioni e i ruoli che essi adottano, e in cui “cadono” entrambi, sono strettamente correlati. A un livello superficiale essi possono essersi scelti reciprocamente per somiglianza o differenza da qualche figura genitoriale, ma se si va più in profondità si trova a una somiglianza crescente in aspetti fondamentali ma negati del back-ground modellante, e risulta, in seguito ad un attento esame, che i mondi intimi delle coppie sono sempre più condivisi.

All’interno del modello relazionale simbolico, le esigenze narcisistiche (tipiche della gelosia competitiva) e le esigenze superegoiche (tipiche della gelosia proiettiva e della gelosia delirante), in cui l’altro diventa indispensabile per la nostra sicurezza e per le nostre relazioni, costituiscono ciò che E. Scabini e V. Cigoli hanno definito  “l’anti-patto” in cui “l’intesa relazionale è nulla, lo scambio è impossibile perché l’altro non è percepito nella sua realtà e nel suo bisogno; egli è piuttosto il contenitore dei propri aspetti rifiutati e non riconosciuti che vengono proiettati nell’altro”.

Non ci si sposa con l’altro in quanto tale, ma si sposano singoli aspetti come “ho sposato questo di te” o “ho sposato quest’altro di te”. Questi elementi hanno portato Cigoli ad inserire all’interno dell’Intervista Clinica Generazionale, un metodo e un modello di lavoro con le coppie, una domanda precisa: Che cosa ha sposato del suo/a partner?

Al contrario, cioè la perfezione del patto si “configura come un’intesa di coppia che appoggia e alimenta l’unicità e l’irripetibilità della persona amata, accettata nei suoi limiti e desiderata nelle sue caratteristiche: sposo te perché sei tu” (E. Scabini –  V. Cigoli). Le relazioni familiari si caratterizzano per uno scambio simbolico in cui si dà all’altro ciò che si pensa e auspica abbia bisogno e, nel contempo, avendo fiducia che l’altro ricambierà con un “equivalente simbolico”. Secondo il modello relazionale simbolico questo scambio avviene attraverso un “dono”.

C’è una celebre frase del jazzista R. Gualazzi che riesce a cogliere il valore del dono all’interno della relazione

l’unione fa la forza e se ognuno rimanesse aperto alle esperienze altrui senza essere troppo geloso nel donare ciò che ha appreso, questo scambio genererebbe una inevitabile evoluzione.

Goldbout, come riportato da Cigoli ne Il Famigliare, sostiene che il “dono” è

una caratteristica del legame incondizionato: il legame familiare si alimenta di azioni che prestano fiducia all’altro e ha alla sua origine un quid di gratuito.

In questo approccio la fiducia diventa elemento essenziale dello scambio. Al contrario, l’incapacità di donare e la perversione del dono (con un uso prettamente strumentale e di definizione di rapporti di potere) costituiscono le forme della patologia relazionale.

Cigoli nell’Albero della Discendenza (op. cit) individua in un quadro di famiglia, La festa di San Nicola di Steen conservato al Rijsksmusumeum di Amsterdam, la rappresentazione pittorica della “magia del dono”. Nell’opera i figli presenti sono preoccupati dei regali ricevuti o che devono ricevere. La bimba viene invitata dalla madre a farle vedere la bambola ricevuta in dono, un altro figlio piange per non aver avuto nessun regalo e viene invitato dalla nonna dietro la tenda dove c’è un dono anche per lui, il padre invita il figlio più piccolo a guardare in alto da dove potrebbero arrivare i regali. Tutta la famiglia è preoccupata per i doni da dare ai figli. La magia del dono è “un segno del bene incondizionato che deve venire dalle generazioni precedenti”.

Nel Dono di Natale di M. G. Deledda, in un contesto di povertà assoluta, il papà di Lia porta in dono alla famiglia un fratellino che ha acquistato a mezzanotte precisa la notte di Natale le cui ossa non si disgiungeranno mai, ed egli le ritroverà intatte, il giorno del Giudizio Universale. Il papà dà una grande gioia alla famiglia portando il Divino Bambino.

Al contrario, nella novella di Verga La roba viene descritto il dramma della mancanza del dono, dell’incapacità di donare. L’analfabeta Mazzarò è il contadino che diventa ricchissimo a forza di lavoro e sacrifici e che per evitare di sperperare e dividere il suo patrimonio non si sposa e non ha figli. Diventato vecchio, dovendosi confrontare con la morte, uccide parte del suo bestiame nel tentativo di portarselo con sé nell’aldilà in quanto dopo la morte, e Mazzarò ne è purtroppo cosciente, la “roba” accumulata in vita non varrà più niente. L’incapacità a donare porta all’annullamento del sé, alla mancanza di prospettive.

L’incapacità a donare non è visibile solo sui beni materiali, ma anche nel non riuscire a dare all’altro ciò di cui ha bisogno e necessità. Nadia Somma e Mario De Maglie, nell’analizzare la Madame Bovary di Flaubert, concentrano la loro attenzione sul dramma di Berthe, la figlia nata dal matrimonio con Chalrles Bovary. Flaubert fa stare Berthe sullo sfondo, quasi in un cantuccio e Emma Bovary non prende mai in considerazioni i bisogni della figlia in quanto desiderava un figlio maschio. Emma prova un grande dolore quando le nasce una figlia femmina in quanto

una donna ha continui impedimenti. Ha un tempo inerte e cedevole, ha contro di sé le debolezze della carne e la sottomissione alle leggi. La sua volontà, come il velo del suo cappello tenuto da un cordoncino, palpita a tutti i venti, c’è sempre un desiderio che trascina, e una convenienza che trattiene. (Madame Bovary, Flaubert)

Si avverte che Berthe si sente abbandonata, la mancanza di dono materno sicuramente la espone ad insicurezza e a perdere la speranza e la fiducia, come vedremo fra poco di poter essere ricambiata sul piano affettivo. Come abbiamo precedentemente detto, inoltre, il vissuto di abbandono può portare alla gelosia ossessiva.

La gelosia, quindi, potrebbe essere frutto di un dono “perverso” e in quanto tale, così come le caratteristiche di gelosia individuate da Freud, non può che portare alla patologia di tipo relazionale.

Cosi come descritto da E. Scabini e V. Cigoli, la relazione perversa e patologica, attraverso la quale uno dei membri tenta di avere il dominio e la sudditanza dell’altro, si esplica con “il bisogno di possedere l’altro e di ridurlo alla propria mercé con l’uso di tecniche quali la seduzione, la minaccia, la delegittimazione, l’umiliazione, l’opposizione fredda, la corruzione”. Tale bisogno è  talmente “imperioso” che diventa “l’unico modo di vivere la vita, la discordia può contrassegnare fortemente la vita intera di coppia”. La gelosia diventa uno degli elementi con cui poter realizzare il suddetto piano attraverso ad esempio la segregazione o l’allontanamento dagli amici e dalla vita sociale il partner.

Il dono da solo comunque non basterebbe ad individuare l’asse simbolico della relazione familiare. Infatti gli autori ritornando alle relazione tra ethos e pathos identificano in fiducia e speranza le qualità del polo affettivo e in giustizia e lealtà quelle del polo etico. Jurkovic, come citato dagli stessi autori, sostiene che “giustizia e fiducia sono ingredienti essenziali nelle relazioni familiare sane”. Ovviamente il loro opposto costituisce l’area insana che Scabini e Cigoli individuano nel diabolico che diventa “ciò che spezza la connessione e il legame e non consente il riconoscimento e la comprensione”.

Nel polo affettivo la fiducia diventa l’elemento essenziale affinché avvenga lo scambio relazionale dell’equivalente simbolico. Se uno dei partner non ha fiducia e speranza di essere ricambiato si inserisce la patologia relazionale ed un terreno fertile per la nascita di sentimenti di gelosia. Quest’ultimi possono nascere secondo questo modello o per l’incapacità a donare (mancanza di fiducia che l’altro possa ricambiare) o per incapacità a ricambiare. Infatti, nell’ambito dello scambio relazionale, se da un lato esiste un dono, dall’altro deve esistere un debito. Nel caso di uno scambio relazionale sano il debito deve essere positivo. Con un debito negativo il soggetto ha un’effettiva incapacità a ricambiare. Il modello, comunque non può essere letto e analizzato come lineare, ma circolare. Un soggetto con un debito negativo non ha speranza e fiducia nel donare e il mancato dono non fa altro che rafforzare un debito negativo e, quindi, l’incapacità a ricambiare.

Se applichiamo, infatti, il modello dello scambio relazionale alle tre forme di gelosia individuate da Freud possiamo vedere che:

  1. nella gelosia competitiva, da un lato, non dona perché non ha fiducia nei propri mezzi e nelle proprie capacità (ferita narcisistica) e, dall’altro, ha un debito negativo rispetto alla propria evoluzione personale (complesso edipico e rapporti fratello-sorella) e, quindi, si sente incapace di ricambiare;
  2. nella gelosia proiettiva non dona perché non ha fiducia nella propria fedeltà e, in quanto, infedele si sente incapace di ricambiare;
  3. nella gelosia delirante non dona perché non ha fiducia nella propria eterosessualità e in quanto tale si sente incapace di ricambiare (debito negativo).

Nel modello relazionale simbolico un altro elemento essenziale è l’intergenerazionalità e la transgenerazionalità che con Scabini e Cigoli possiamo sintetizzare nel Famigliare.

I nostri autori scrivono “il famigliare lega tra di loro i vivi e i morti, le generazioni passate e quelle future”. Già nelle definizioni di Freud sulla gelosia troviamo questa dimensione, poiché il mancato scambio è legato ad esigenze inconsce che fanno riferimento alle relazioni con le figure primarie (padre, madre, fratello, sorella, etc.) anche se restano ancorate allo sviluppo individuale e non vengono analizzate dal punto di vista delle relazioni familiari.

Il famigliare però è qualcosa in più rispetto alle relazioni familiari. Esso è:

la matrice simbolica del legame tra i sessi, le generazioni e le stirpi e dà sostanza simbolica alle singole famiglie e alle varie forme familiari. La famiglia come gruppo sociale primario che lega tra loro generi e generazioni e che produce incessantemente il passaggio tra natura e cultura può far luce sugli aspetti generativi-degenerativi delle strutture simboliche – L’inconscio diventa: – il sedimento e custode di tutto ciò che è accaduto nello scambio tra famiglie e stirpi.

Ecco che per poter comprendere la gelosia all’interno del modello relazionale-simbolico, si devono prendere in considerazione:

  • la relazione coniugale che è caratterizzata sulla reciprocità del dono e del debito e si basa sul patto fiduciario;
  • la relazione genitoriale si basa sulla cura responsabile dei figli;
  • la relazione tra stirpi che è basata sulla cura dell’eredità.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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  • Scabini, E., Cigoli, V., (2012), Alla ricerca del Famigliare. Modello relazionale-simbolico. Milano: Raffaello Cortina Editore
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