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Sindrome di Gulliver, astronauti e militari a confronto

Un'indagine pilota ha esplorato il rapporto di astronauti e militari con l'alimentazione e con gli oggetti durante missioni lontane da casa

Di Cristina Peluso, Guest

Pubblicato il 14 Mar. 2024

Astronauti e militari

di Peluso C., Reghin C., De Marco, I.

Il prossimo obiettivo del volo spaziale prevede di portare gli astronauti su Marte, raggiungendo un nuovo ed entusiasmante traguardo. Tuttavia, uno dei problemi ancora oggi irrisolti, oltre alla conservazione del cibo, è come riuscire a fare in modo che l’astronauta possa sentirsi vicino alla propria terra ed ai propri familiari attraverso piccoli accorgimenti, quali la connessione con gli oggetti personali scelti da portare con sé ed il cibo che possono assaporare nello spazio. Dopo aver interpellato in merito dieci astronauti si è ipotizzato che anche sulla Terra si possano utilizzare delle strategie per sentirsi vicini alla propria casa ed alla propria famiglia quando si affrontano delle imprese potenzialmente trasformative. Si è pensato quindi di sottoporre le medesime domande ad alcuni militari dell’Esercito Italiano che abbiano compiuto delle missioni (sia in Italia che all’estero), per esplorare questi aspetti.

Parole chiave: Spazio, astronauti, militari, oggetti, alimentazione, cambiamento.

Si dichiara l’assenza di sostegno finanziario o finanziamenti. 

La Sindrome di Gulliver in astronauti e militari

Il cibo e gli oggetti personali che possiamo portarci via durante un viaggio possono contribuire a farci sentire maggiormente a casa. L’alimentazione degli astronauti è rigidamente programmata in modo da apportare sostanze che possano facilitare l’adattamento fisiologico sia alla microgravità sia alle altre numerose richieste di questa situazione estrema. Il ruolo della psicologia in questo ambito è quello di ricercare un maggior benessere individuale, concentrandosi sull’analisi del sonno e della ritmicità circadiana, l’effetto panoramica, la fame sensoriale, l’Earth-out-of-view, la gestione delle emozioni di fronte ai pericoli, l’analisi dei meccanismi specifici di regolazione emotiva (percettivi, attentivi e di memoria) e di quelli più clinicamente orientati alla riduzione dei disturbi emotivi come l’ansia o lo stress (Sarkar et al., 2006). Una sana alimentazione comporta benefici psicosociali e fisiologici, entrambi fondamentali per la produttività della missione e il benessere dell’equipaggio (Patel et al., 2018). 

Si sottolinea che, nella storia dei viaggi spaziali, la maggior parte degli astronauti non ha potuto usufruire del bonus food, ovvero di cibo preparato appositamente da aziende esterne rispetto alla NASA o dal Jhonson Space Center, ditte che diversificano il menu dallo standard di tutti i giorni. Si ricorda che il bonus food è una tradizione recente e che quindi ancora pochi astronauti hanno potuto beneficiarne. 

Per quanto riguarda gli oggetti, l’astronauta che intraprende un viaggio spaziale ha a sua disposizione un piccolo bagaglio chiamato PPK (Personal Preference Kit) o “kit personalizzato”, all’interno del quale può inserire oggetti personali a suo piacimento (NASA, 2020). Per la maggior parte del tempo trascorso in orbita, gli astronauti sono impegnati in attività quali riparazioni ed esperimenti scientifici. Tuttavia, per combattere la nostalgia di casa e l’isolamento, possono effettuare una videochiamata ai famigliari una volta alla settimana e inviare messaggi e-mail ogni giorno. Inoltre, ricevono quotidianamente notizie su quanto accade sulla Terra e comunicano frequentemente con le scuole e i radioamatori. Come ulteriore fonte di distrazione la navicella presenta molte finestre dalle quali è possibile ammirare un panorama in costante mutamento, dato che la Stazione Spaziale Internazionale completa un’orbita attorno al nostro pianeta ogni 90 minuti, da cui l’equipaggio può cercare punti di riferimento familiari. Gli astronauti possono portare con sé oggetti personali da utilizzare come intrattenimento nel tempo libero, ad esempio gli scacchi o la dama, libri e CD. Oltre alla musica registrata, alcuni portano nello spazio i propri strumenti musicali. Ad esempio, i russi amano particolarmente la chitarra acustica, mentre il comandante Frank Culbertson ha deciso di portare con sé la sua tromba (ESA, 2011).

Inoltre, risulta particolarmente interessante evidenziare la reazione degli astronauti nel guardare la Terra dallo Spazio, osservandola in tutta la sua bellezza ed in tutta la sua fragilità (Voski, 2020, pp. 109-110). Si tratta di un fenomeno chiamato “Effetto Panoramica”, o “Effetto della veduta d’insieme” (Overview Effect): ovvero un cambiamento cognitivo della consapevolezza riferito da alcuni astronauti durante il volo spaziale, causato dall’osservazione della Terra dall’orbita o dalla superficie lunare (Lineweaver & Chopra, 2019, pp. 112). Questo effetto si riferisce all’esperienza di vedere in prima persona la realtà della Terra nello Spazio, percepita come una piccola, fragile sfera della vita, “appesa nel vuoto”, avvolta da una sottile atmosfera che la protegge dall’ambiente esterno. Questo Effetto comporta che dallo Spazio i confini nazionali svaniscano, i conflitti diventino ininfluenti e diventi evidente ed imperativa la necessità di creare una società planetaria volta a proteggere questo pallido puntino azzurro nello Spazio. Semplificando, dallo Spazio il nostro pianeta appare come piccolo, fragile e indifeso: un luogo in cui tutti i conflitti umani appaiono secondari e futili rispetto all’enormità dell’Universo. Purtroppo però, una volta tornati sulla Terra, questa bellezza idilliaca scompare e ci si ritrova in un mondo di guerre, povertà, ingiustizia e superficialità (Weibel, Deana L., 2020). Questa difficoltà nel riadattarsi ad un pianeta tanto piccolo e prezioso da lontano, quanto immenso e maltrattato da vicino comporta, negli astronauti, l’insorgenza dei sintomi lievi della sofferenza, la Sindrome di Gulliver. Il nome di questa sindrome deriva dal romanzo: “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift, racconto che evoca metaforicamente quello che può accadere nello spazio (come l’effetto panoramica di quando si è in orbita) e ciò che può comportare il loro rientro sulla Terra (Peluso et al., 2022).

Ne consegue che l’effetto panoramica può essere considerato come un’esperienza capace di trasformare la sensibilità degli astronauti. Tuttavia, nonostante le critiche ed i suoi possibili difetti, l’idea dell’effetto panoramica colpisce psicologi spaziali, sostenitori dell’industria spaziale, politici, membri di gruppi ambientalisti, movimenti per la pace e persone con interessi riguardanti l’esplorazione spaziale (Matsutani, 2019, pp. 4). È stato descritto però anche il rovescio della medaglia, una potenziale condizione psicologica chiamata Earth-out-of-view ovvero il fenomeno del non poter vedere più la Terra, che si potrebbe manifestare nel corso di un futuro viaggio verso Marte. Non vedendo più la Terra, l’equipaggio perderebbe il suo punto di riferimento e potrebbero manifestarsi disturbi dell’umore, depressione, ansia e allucinazioni (Mammarella, 2020, pp. 80-81).

A partire da queste basi teoriche si è ipotizzato che anche i militari che svolgono missioni rilevanti lontano da casa, possano sentire la mancanza della terra natia con le sue peculiarità alimentari e della propria famiglia. Ovvero, al di là della sofferenza dovuta alla lontananza dai luoghi familiari e dagli affetti, si può ipotizzare che anche le missioni militari possano rappresentare un’occasione trasformativa del Sé, considerabile come possibile ampliamento della consapevolezza della fragilità umana, dei molti difetti ancora presenti nelle società moderne ma anche del valore degli oggetti, del cibo e soprattutto delle relazioni interpersonali. Durante le missioni militari il pianeta Terra non viene visto nel suo insieme con l’immagine di fragilità che ne deriva (come nell’effetto panoramica per gli astronauti) ma il valore della vita, e in particolare della vita umana, potrebbe comunque emergere chiaramente. Gli oggetti che rivestono un valore affettivo e i cibi che ricordano casa possono allora risultare significativamente importanti.

L’indagine che ha coinvolto astronauti e militari

Sono state poste tre domande standardizzate inerenti l’alimentazione e gli oggetti che hanno scelto di portare con sé a 10 astronauti e a 10 militari che hanno compiuto delle missioni.

I 10 astronauti sono stati contattati tramite email o siti web. I militari, invece, sono stati contattati tramite conoscenze o passaparola ed hanno compilato un questionario online in modalità totalmente anonima. 

Attualmente siamo in attesa di conferma di autorizzazione da parte del Comitato etico di IUSTO (Istituto Universitario Salesiano di Torino) per la seguente ricerca e per le successive estensioni. 

Le domande sottoposte sono le seguenti:

Quali oggetti personali ha scelto di portare con sé nelle sue missioni e perché? Ci sono oggetti che avrebbe voluto portare ma non ha potuto?

Con questa prima domanda si è cercato di comprendere quali oggetti potessero dare conforto durante la permanenza nello spazio e durante le missioni militari.

Quali cibi ha scelto di portare con sé? Questi l’hanno aiutata a sentirsi più vicino ai suoi cari e al suo territorio?

Con questa seconda domanda si è cercato di comprendere se, per gli astronauti ed i militari, mangiare cibi particolarmente graditi potesse aiutarli a sentirsi maggiormente vicini ai propri cari e alla propria casa. 

Lei o i suoi cari avete notato dei cambiamenti significativi nel suo rapporto con il cibo e gli oggetti?

Con questa terza domanda si è cercato di comprendere se si fossero verificati dei cambiamenti notati da amici/parenti negli astronauti e nei militari in rapporto al cibo e agli oggetti dopo il viaggio spaziale e la missione militare.

Cosa è emerso dalle risposte di astronauti e militari

Complessivamente hanno risposto al questionario venti persone di cui dieci astronauti e dieci militari dell’esercito italiano. Entrambi i gruppi erano composti da nove maschi ed una sola femmina (vedi Fig. 1). L’età media del gruppo di astronauti è di circa 63 anni. Invece, non avendo i dati sensibili del gruppo dei militari, ma sapendo che coloro che sono in servizio hanno tra i 25 ed i 55 anni e dato che abbiamo ottenuto le risposte da parte di due militari ormai in pensione, possiamo dedurre che l’età media è di circa 55 anni.

Rispetto alla prima domanda il 90% degli astronauti ha esplicitato di aver scelto oggetti che rappresentassero la propria famiglia come foto e regali ricevuti dai parenti. Invece, rispetto la seconda parte della domanda, il 40% ha affermato che non avrebbe voluto portare altro. 

Per quanto concerne il gruppo dei militari il 90% ha prescelto oggetti come foto di famiglia o del partner ed oggetti personali di vario genere. Nella seconda parte della domanda, invece, solo il 10% ha risposto che avrebbe desiderato portare un maggior numero di oggetti, purtroppo non consentito (vedi Fig.2).  

Alla seconda domanda l’80% degli astronauti ha risposto selezionando alimenti simili a quelli che sono soliti mangiare a casa, dichiarando che il gusto li ha connessi alla loro terra d’origine. Fra i militari, il 70% ha specificato che si è portato in missione delle tipologie di cibo proprio perché caratteristiche della propria terra di origine e perché permettevano loro di sentirsi maggiormente vicini a casa. Solamente il 30% ha dichiarato di non aver sentito la mancanza di qualche alimento in particolare (vedi Fig.3). 

Per quanto concerne il terzo quesito, il 30% degli astronauti che ha compilato il questionario ha ammesso di apprezzare maggiormente il gusto, la consistenza di alcuni alimenti e gli oggetti una volta tornati dalla missione. 

Nel gruppo dei militari, invece, emergono risultati interessanti. Infatti, il gruppo è scisso perfettamente in due: il 50% specifica di aver assegnato un valore molto maggiore sia all’alimentazione che agli oggetti al ritorno dalla missione mentre l’altro 50% dichiara di non aver notato differenze significative (vedi Fig.4). 

Analizzando le risposte ottenute è possibile affermare che per quanto riguarda la prima domanda sia gli astronauti sia i militari (90%) hanno preferito oggetti che evochino ricordi riguardanti le figure familiari, così da trovare conforto nei momenti di isolamento, di difficoltà e di malinconia. Anche nella seconda domanda troviamo risultati simili sia per gli astronauti (80%) sia per i militari (70%), i quali hanno trovato entrambi delle strategie legate all’alimentazione per sentirsi più vicini alla propria famiglia ed alla propria terra. 

Infine, dall’ultima domanda emergono nuovamente risposte simili perchè sia gli astronauti (30%) che i militari (50%) hanno notato delle differenze significative nel rapporto con l’alimentazione e con gli oggetti una volta tornati dalla missione. 

 In conclusione da questa indagine preliminare emerge che, come nello Spazio, anche sulla Terra, in caso di missioni che distaccano dalla propria quotidianità, si usano delle strategie molto simili a quelle degli astronauti per sentirsi vicini ai propri cari ed alla propria terra. In entrambi i casi si riconosce l’importanza sia dell’alimentazione sia degli oggetti che risultano essere dei validi strumenti per sentirsi a casa quando si è molto lontani per lunghi periodi di tempo.

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