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Disturbo da Attacchi di Panico: Il ruolo della Terapia di Mantenimento

Panico - Terapia di Mantenimento: mantenere i risultati ottenuti con la CBT fino a 21 mesi dalla fine del trattamento.

Di Silvia Carlucci

Pubblicato il 28 Mag. 2013

Aggiornato il 13 Mar. 2014 12:12

 

 

 

Disturbo da Attacchi di Panico- Il ruolo della Terapia di Mantenimento. -Immagine: © NinaMalyna - Fotolia.comUna terapia di Mantenimento (M-CBT) applicata in seguito alla CBT in fase acuta per il Disturbo di Panico con Agorafobia (DP/A), permette di mantenere i risultati ottenuti con la CBT fino a 21 mesi dalla fine del trattamento, previene le ricadute e riduce la compromissione del funzionamento sociale e lavorativo in pazienti che avevano precedentemente risposto alla CBT in fase acuta.

Il disturbo da Attacchi di Panico è molto diffuso tra la popolazione generale e comporta un alto grado di severità clinica, un alto rischio di cronicizzazione e di disabilità, elevati costi sociosanitari e una globale riduzione della qualità della vita di chi ne è affetto.

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Nel Disturbo da Attacchi di Panico è ampiamente dimostrata l’efficacia sperimentale della terapia Cognitivo-Comportamentale (Telch et al., 1993; Roth & Fonagy, 1996; Bakker et al., 1998; Craske, 1997; Murphy et al. 1998; Goldberg, 1998; Arnz, 2002; Ost et al., 2004) dove le tecniche di esposizione agli stimoli somatici temuti (ad esempio tachicardia o difficoltà a respirare) o alle situazioni evitate (ad esempio prendere la metro o il treno) vengono aggiunte a quelle della terapia cognitiva standard (psicoeducazione sul disturbo, ristrutturazione cognitiva delle interpretazioni catastrofiche come ad esempio “potrei morire o impazzire”, rilassamento muscolare progressivo e tecniche di respirazione).

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Tali trattamenti sono efficaci anche se effettuati in setting di gruppo (Telch et al., 1993; Evans et al.,1991; Galassi et al., 2007; Cosentino et al., 2008) e su pazienti resistenti ai trattamenti farmacologici (Held at al., 2003), tanto da essere considerati dalle principali linee guida internazionali fra i trattamenti elettivi di prima scelta per il Disturbo di Panico (APA,1998; OMS, 2000).

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Tuttavia al momento non risulta ben chiaro come, perché e in quali casi gli esiti della Terapia Cognitivo-Comportamentale sono mantenuti a lungo termine. Anche se tali risultati hanno messo in evidenza che il trattamento CBT è risultato efficace anche in presenza di comorbidità con un altro disturbo, tale risultato può non essere è mantenuto a lungo termine. Al momento ci sono pochi studi che si sono concentrati sull’analisi delle variabili coinvolte nelle ricadute nel Disturbo di Panico che tra l’altro presentano dei risultati tra loro contrastanti (per approfondimenti: Heldt et al, 2003; Dow et al., 2007; Brown et al. 1995). Come è possibile allora far si che gli esiti della terapia siano mantenuti oltre 12 mesi dalla fine del trattamento?

Un recente studio fornisce una risposta. White et al. (2013) hanno messo in evidenza che una terapia di Mantenimento (M-CBT) applicata in seguito alla CBT in fase acuta per il Disturbo di Panico con Agorafobia (DP/A), permette di mantenere i risultati ottenuti con la CBT fino a 21 mesi dalla fine del trattamento, previene le ricadute e riduce la compromissione del funzionamento sociale e lavorativo in pazienti che avevano precedentemente risposto alla CBT in fase acuta.

 Nello studio sono stati esaminati 256 pazienti che per tutta la durata dello studio non hanno assunto terapia farmacologica  o effettuato psicoterapie concomitanti.

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Di questi sono stati poi selezionati 157 pazienti, che hanno risposto alla CBT in fase acuta e che erano disponibili per la ricerca. I pazienti sono poi stati successivamente assegnati ad una delle due condizioni dello studio: M-CBT o solo condizione di valutazione (gruppo di controllo).

La terapia di mantenimento (M-CBT) è consistita in 9 sessioni individuali di terapia a cadenza mensile della durata di 45-60 minuti, durante i quali i terapeuti addestrati al protocollo M-CBT  (Spiegel & Baker, 1999)  hanno incoraggiato i pazienti a continuare ad applicare le tecniche di gestione dei sintomi appresi durante la CBT in fase acuta, hanno loro insegnato strategie per la prevenzione delle ricadute e migliorato le loro capacità di gestione dello stress. Per i pazienti che avevano sintomi residui sia somatici che di evitamento agorafobico i terapeuti hanno in aggiunta continuato il lavoro di ristrutturazione cognitiva e di esposizione enterocettiva e/o in vivo.

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Questi dati sono importanti per le implicazioni cliniche e di ricerca, nonché per l’efficacia a lungo termine della CBT per il DP/A poiché i risultati hanno messo in evidenza che il gruppo trattato con M-CBT aveva minori tassi di ricaduta rispetto a quello di controllo.

Tuttavia sono necessarie ulteriori ricerche per isolare la presenza di eventuali altri fattori che possono aver contribuito in maniera non specifica al mantenimento dei risultati raggiunti; inoltre sarebbe opportuno valutare longitudinalmente la durata della M-CBT oltre i 21 mesi dalla fine del trattamento.

Nel frattempo è dunque possibile affermare che una terapia cognitivo-comportamentale unita ad una terapia di mantenimento sia al momento la terapia d’elezione per la cura del Disturbo di Panico con Agorafobia.

LEGGI:

PANICO – PSICOTERAPIA COGNITIVA – EVITAMENTO – ANSIA

 

 

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Silvia Carlucci
Silvia Carlucci

Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale. Riceve a Roma - e Vasto (Ch)

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