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I meccanismi di difesa. Teoria, valutazione, clinica (2023) di Vittorio Lingiardi e Fabio Madeddu – Recensione

Il volume propone la complessa operazione di sistematizzazione dell'orizzonte teorico ed empirico nato dallo studio dei meccanismi di difesa

Di Angela Niro

Pubblicato il 09 Mag. 2024

La terza edizione del volume “I meccanismi di difesa. Teoria, valutazione, clinica”

Nel volume “I meccanismi di difesa. Teoria, valutazione, clinica”, Vittorio Lingiardi e Fabio Madeddu, presentano l’ultimo imponente lavoro – giunto alla sua terza edizione – compiuto sulle difese psichiche, in più di un trentennio di studi su questo costrutto.

La terza edizione è consegnata al lettore dopo ben vent’anni dalla seconda. Si tratta di un intervallo temporale lungo – se si considera che il primo aggiornamento giunge dopo meno di dieci anni – che oltre a segnalare le intuibili criticità incontrate, trasmette la pervicacia dell’intento formativo di questo volume. 

Senz’altro rivolto ad una platea di professionisti e futuri tali, il testo propone la complessa operazione di sistematizzazione del vasto orizzonte teorico ed empirico, nato dallo studio dei meccanismi di difesa, attraverso una struttura che si presenta costituita da sei estesi capitoli. Queste ampie sezioni, che espongono il lettore ad una navigazione lunga e complessa, sono interrotte, talvolta, da rappresentazioni grafiche che ordinano, semplificano e traducono l’entità dei contributi proposti, offrendo una sponda in cui sostare.

Far dialogare la clinica e la ricerca scientifica non è un’operazione da poco – presenta i suoi rischi, di cui gli autori appaiono ben consapevoli – e se da una parte non può che comunicare l’ambizioso progetto perseguito da Lingiardi e Madeddu, dall’altra restituisce indubbiamente, anche ai più scettici, la durevole curiosità mostrata verso i meccanismi di difesa al di là dei differenti paradigmi ispiratori.

Definizioni, classificazioni, misurazioni e applicazioni diagnostiche hanno, di fatto, caratterizzato il panorama della clinica e della ricerca scientifica sui meccanismi di difesa segnalando problemi e possibili soluzioni, opinioni controverse e punti di convergenza. 

Analizzare dinamiche difensive, stabilire la predominanza di alcune difese, verificare le possibili correlazioni tra profili di personalità e il loro modificarsi nel corso del trattamento rappresentano solo alcuni degli aspetti su cui sono concentrati gli studiosi rivelando profonde contraddizioni meritevoli di approfondimento. Tuttavia, vale la pena fare un brevissimo accenno alla concordanza riscontrata all’interno di questi differenti studi relativamente al legame tra maturità del profilo difensivo e una migliore qualità della vita.

Il viaggio proposto è lungo oltre un secolo e non sembra escludere proprio nessuno, l’apertura verso la contaminazione giunge chiara.

La direzione integrativa appare, infatti, essere interessata a segnalare le principali tappe evolutive e le rotte che hanno condotto all’individuazione di una univocità linguistica e ad un terreno di conoscenze condiviso.

Il quadro teorico di riferimento di “I meccanismi di difesa. Teoria, valutazione, clinica”

Partendo dalle intuizioni freudiane, gli autori conducono il lettore a distinguere le sfaccettate e principali trasformazioni teoriche avvenute in seno al panorama psicoanalitico, per poi condurlo a scoprire gli snodi evolutivi promossi dai contributi della psicologia dello sviluppo, dai modelli teorici motivazionali, evoluzionistici e neuroscientifici. 

Al lettore non potrà sfuggire lungo questo itinerario il diverso vertice osservativo, intrapsichico prima, e interpersonale poi, che ha guidato lo studio dei meccanismi di difesa e la differente rilevanza affidata dai numerosi modelli teorici proposti all’osservazione del mondo pulsionale, dell’ambiente e degli scambi interattivi nella comprensione del funzionamento psichico. 

Le precoci interazioni madre-bambino, di fatto, al centro degli studi dell’infant research e della psicologia dello sviluppo, favoriranno un nuovo fertile campo di ricerca che muoverà i suoi passi nella direzione di evidenziare la funzione regolatoria delle difese psichiche e il possibile legame tra configurazioni psicopatologiche e specifici pattern di attaccamento capaci di inibire le capacità di riflessione e metacognizione. 

Non solo, il concetto del sé e del suo sviluppo, la sua strutturazione, nelle sue possibilità adattive e disadattive, interesserà la teorizzazione psicoanalitica e oltre, fino a promuovere l’ampliamento del focus sul legame specifico tra risposta traumatica, meccanismi di difesa e aree corticali. Mentre, in particolare, saranno le prospettive cognitiviste ad occuparsi dello sviluppo di definizioni e metodologie nate intorno al concetto di coping. 

Non perdere di vista la molteplicità di narrazioni e comprendere se e il modo in cui possono conciliarsi appare un nodo decisivo. Come ricordano Lingiardi e Madeddu (2023):

Una definizione consensuale di difesa non può più riguardare solo la gestione del conflitto intrapsichico, come era inizialmente per Freud; deve implicare anche l’adattamento della persona alle restrizioni della realtà esterna, legando in dialogo le dinamiche difensive e i meccanismi di coping (p. XV).

Conformi a questa linea di pensiero e particolarmente preziosi per l’apporto innovativo, a mio avviso, appaiono i più recenti contributi introdotti dagli autori nel volume, che tentano di approfondire il rapporto tra pandemia da covid-19 e meccanismi di difesa, il rapporto tra quest’ultimi e la malattia organica, elaborazione del lutto e l’outcome in psicoterapia. A questo punto potrebbero essere ancora più chiare le implicazioni dello studio, la conoscenza e la comprensione del loro utilizzo per il miglioramento delle politiche sanitarie.

La valutazione dei meccanismi di difesa: tentativi di classificazione e metodologie e strumenti

Dai primi tentativi classificatori compiuti da Anna Freud, fino alle possibilità di integrare diversi modelli teorici tentati da  Kernberg e Lichtenberg, bisognerà, tuttavia, attendere i contributi di George Vaillant per il primo studio empirico in senso evolutivo dei meccanismi di difesa.

La fragilità empirica presente nel campo della ricerca dei meccanismi di difesa, di fatto, per diverso tempo trascurata, solleverà numerosi interrogativi che non potranno che rimettere in discussione le conoscenze sino a quel momento disponibili. Una direzione empirica maggiormente strutturata non poteva che rispondere ad una criticità rilevante:

Se la difesa deve mediare tra mondo interno, Io e mondo esterno, la sua definizione e il suo riconoscimento devono mediare tra gli aspetti osservabili e quelli inferiti. Naturalmente, quanto più l’approccio è empirico, tanto più l’aspetto inferenziale dovrebbe essere ridotto (Lingiardi e Madeddu, 2023, p.115).

In altri termini, oltre alla sistematizzazione della pluralità di definizioni esistenti, la valutazione delle difese psichiche doveva essere caratterizzata dalla necessità di disporre di strumenti dotati di una buona sicurezza e affidabilità. È proprio nel tentativo di colmare questo iato, che a partire dagli anni ‘90, con la pubblicazione della Defense Mechanism Rating Scale, Christopher Perry introdurrà un importante cambiamento nell’orizzonte formativo della clinica e dell’assessment dei meccanismi di difesa.

Lingiardi e Madeddu raccontano con gratitudine proprio il lavoro svolto da Perry, proponendo il loro volume come unico testo di riferimento per conoscere e utilizzare la scala.

L’analisi dello strumento, presentata nel capitolo quinto, segue inevitabilmente ad una raccolta estesa, proposta nel secondo capitolo, delle difficoltà nate intorno ad una definizione univoca dei meccanismi di difesa, alla loro classificazione e soprattutto alla valutazione. In questa sezione, gli strumenti attualmente disponibili, distinti in autosomministrati, basati sull’osservazione clinica e proiettivi, saranno affiancati a strumenti rivolti alla valutazione del coping e analizzati nei loro punti di forza e limiti. Oltre alle difficoltà metodologiche incontrate e agli interrogativi ancora aperti, per gli autori questo spazio diventa occasione per segnalare numerosi punti di convergenza che individuano un legame tra maturità delle difese e salute mentale. 

I meccanismi di difesa: aspetti clinici, diagnostici e valutativi

L’articolato panorama proposto, che diviene premessa e inquadramento necessario per la conoscenza e comprensione dei meccanismi di difesa, conduce il lettore nel terzo capitolo a scorgerne il loro valore, la rilevanza e le insidie della loro valutazione nella pratica clinica.

Puntuali, in tal senso, giungono le parole di Lingiardi e Madeddu (2023) che – evidenziando a più riprese le difficoltà nosografiche con cui il clinico si troverà fare i conti- sostengono: 

Come sempre nella clinica si tratta di sapere mantenere una giusta posizione tra sguardo telescopico e microscopico: da una grande distanza vedremo solo una foresta indistinta, ma avvicinandoci troppo vedremo solo dei tronchi. Sapere che possono esserci alberi diversi, riconoscerli e da essi trarre informazioni sul bosco è essenziale come la capacità di guardare l’intero paesaggio (p. 219).

L’analisi delle difese che qui viene proposta, anche con il significativo aiuto delle vignette cliniche, veicolo per l’accesso allo spazio intersoggettivo, restituisce un materiale più facilmente afferrabile e immediato che connette ipotesi diagnostiche e possibili direzioni terapeutiche. Più nel dettaglio, dal punto di vista teorico, le difese rimozione, dissociazione e scissione, sono passate in rassegna in rapporto al vissuto traumatico e dunque al diverso coinvolgimento della dimensione intrapsichica o ambientale che, seppur semplificando, rimandano alle aree psicopatologiche del disturbo nevrotico, disturbo dissociativo/ post-traumatico e borderline, segnalando il complesso intreccio tra risposta soggettiva e trauma. 

L’attenzione rivolta verso i meccanismi di difesa nel processo diagnostico viene poi affrontata alla luce del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, con i suoi momenti di apertura e i più recenti indietreggiamenti verso il riconoscimento dell’importanza dell’inclusione dei meccanismi di difesa nel processo diagnostico e terapeutico, e alla luce del Manuale Diagnostico Psicodinamico (PDM).

Di quest’ultimo, appare utile segnalare la diversa rilevanza assegnata nel PDM ai meccanismi di difesa all’interno dei tre diversi assi: P, M e S.

La trattazione prosegue poi con un’analisi ampia della Defense Mechanism Rating Scale, la versione Q-sort, autosomministrata, le ricerche promosse dal loro utilizzo, nonché le prospettive future di aggiornamento.

Il lungo percorso compiuto dagli autori si arresta con una sintesi operativa, o meglio, l’offerta di una bussola per non perdere la rotta, presentata al lettore, attraverso la trascrizione di quattro colloqui clinici esemplificativi del processo di valutazione.

Per concludere, Lingiardi e Madeddu, attraversando la lunga storia clinica e scientifica dei meccanismi di difesa, donano uno strumento che consente una valutazione accurata del funzionamento difensivo, ma senza mai trascurare nel ricco scenario di riflessioni proposte, che attraversa lo sviluppo psichico, le abilità adattive, la regolazione degli affetti, la molteplicità di aspetti teorici, valutativi e applicativi ancora da enucleare. In questo inevitabile processo di transizione l’attenzione è rivolta al connettere e incoraggia il lettore a conservare nello studio dei meccanismi di difesa “[…] uno sguardo rivolto alla complessità del contesto psichico, psicopatologico e ambientale, sempre a partire dal ruolo che svolgono nello sviluppo della personalità” (Lingiardi e Madeddu, 2023, p. XVII).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lingiardi, V. & Madeddu, F. (2023). I meccanismi di difesa. Teoria, valutazione, clinica. Milano: Raffaello Cortina Editore.
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