Il virus dell’ HIV entra molto precocemente nel Sistema Nervoso Centrale dopo l’esposizione iniziale. E’ stata riscontrata la presenza di HIV-RNA (che indica la replicazione del virus) nel liquor cefalorachidiano già dall’ottavo giorno dopo l’infezione.
Uno dei maggiori ostacoli all’eradicazione del virus HIV è legato proprio all’abilità di tale virus nello stabilire un’infezione latente nei macrofagi, che sono resistenti all’effetto dannoso del virus e persistono nei tessuti per lungo tempo, supportando la replicazione virale e contribuendo in tal modo alla patogenesi della malattia.
Studi condotti in vivo hanno dimostrato la presenza di macrofagi infettati da HIV in tutti i distretti corporei, al punto di definirli come il principale bersaglio di HIV. In particolare, a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC), i macrofagi infettati da HIV rappresentano più del 90% del totale delle cellule infettate dal virus.
E’ stato dimostrato infatti che i macrofagi infetti attraversano facilmente la barriera ematoencefalica, e tendono a migrare con buona efficienza nei tessuti cerebrali, trasmettendo quindi l’infezione alle altre cellule ad essa suscettibili, specialmente le cellule della microglia.
L’enorme danno provocato da HIV a livello del SNC è mediato non tanto dall’infezione diretta dei neuroni, quanto dalla produzione da parte dei macrofagi infettati di citochine, definibili come neurotossine, a loro volta aventi azione tossica nei confronti sia degli astrociti sia dei neuroni.
Un elemento di particolare importanza è rappresentato dai macrofagi cerebrali cronicamente infettati, che possono rimanere vitali per molti mesi, e quindi rilasciare abbondanti quantità di virus nel tessuto cerebrale e nel liquor.
HIV e patologie neurologiche
La lunga sopravvivenza determina la comparsa, negli anni, di patologie neurologiche subliminali. La terapia dell’infezione da HIV, pertanto, deve tenere conto della presenza di virus attivamente replicante nel Sistema Nervoso Centrale e delle conseguenze che ciò comporta; l’approccio terapeutico deve essere mirato anche all’inibizione del virus nel Sistema Nervoso Centrale (e non solo a livello sistemico), agendo con farmaci che siano attivi sui macrofagi e siano anche in grado di oltrepassare con successo la barriera ematoencefalica. Quindi, anche se HIV non infetta direttamente i neuroni, l’infezione cronica del Sistema Nervoso Centrale è in grado di innescare una cascata di eventi che può portare ad alterazioni funzionali e a morte neuronale.
Il corrispettivo clinico è rappresentato dai cosiddetti disturbi neurocognitivi HIV-associati (HIV Associated Neurocognitive Disturbances, HAND) che sono classificati in tre livelli:
- la forma asintomatica (asymptomatic neurocognitive impairment, ANI)
- la forma lieve (mild neurocognitive disorder, MND)
- la forma moderata-grave (HIV-associated dementia, HAD).
Sia la forma asintomatica (ANI) sia le forme clinicamente manifeste (HAD,MND) si definiscono come decadimento delle funzioni cognitive, confermato con esame neuropsicologico, in assenza di altra patologia in grado di spiegare il quadro clinico. E’ quindi fondamentale, per un corretto inquadramento diagnostico, sottoporre il paziente sieropositivo ad esame neuropsicologico.
HIV: l’esame neuropsicologico per le funzioni cognitive
L’esame neuropsicologico in HIV è composto da una valutazione clinica per l’individuazione di deficit neurocognitivi associati a patologia della struttura cerebrale.
Esso consiste nella raccolta di informazioni sia soggettive, fornite dal paziente e soprattutto da familiari o conoscenti, sia oggettive ottenute mediante la somministrazione di una batteria specialistica di test neurocognitivi per accertare lo stato mentale generale e l’efficienza delle singole funzioni mentali superiori (attenzione, memoria, percezione, linguaggio, prassie, funzioni esecutive).
L’architettura cognitiva è composta da varie funzioni, alcune delle quali possono essere classificate come diffuse, non essendo localizzabili in specifiche aree cerebrali (memoria, attenzione, funzioni esecutive), altre possono essere invece classificate come localizzate in aree cerebrali più o meno ben definite (linguaggio, calcolo, abilità prassiche, funzioni motorie fini).
Dal punto di vista clinico MND e HAD sono caratterizzate da un profilo neuropsicologico di decadimento sottocorticale. La compromissione sottocorticale è caratterizzata da precoce rallentamento dei processi cognitivi e da rallentamento delle risposte motorie (bradifrenia). Può essere presente apatia. Tipicamente vi è assenza di disturbi considerati “corticali” come agnosia, afasia, aprassia. L’esame neuropsicologico in ambito delle patologie HIV-associate deve essere condotto mediante una batteria di test che esplori almeno cinque aree cognitive, come attenzione e velocità del processamento delle informazioni, funzioni esecutive, apprendimento e memoria verbale, produzione e fluenza verbale, velocità e controllo motorio fine, comprendendo almeno due test per area cognitiva.
HIV: test neuropsicologici consigliati
Di seguito, esempi di test neuropsicologici consigliati, divisi in aree cognitive:
- per lo studio delle funzioni esecutive e di controllo: Trail Making A, Digit span (ripetizione diretta)e Digit symbol – Test dei cubi di Corsi;
- per la valutazione della flessibilità cognitiva: Trail Making B, Test di Stroop (interferenza colori-parole), Digit span (ripetizione inversa), fluenza verbale (categorie fonemiche) e prove di astrazione e generalizzazione dei concetti;
- per la valutazione di memoria e apprendimento: il Test della Lista di parole di Rey, il Test della Figura Complessa di Rey (rievocazione) e il Test di memoria di prosa (ripetizione immediata e differita);
- per le abilità fini motorie (velocita di esecuzione): Grooved pegboard test (mano dominante) e Grooved pegboard test (mano non dominante);
- per la valutazione delle abilità visuospaziali e costruttive: il Test della Figura Complessa di Rey (copia).
Per le situazioni nelle quali non fosse disponibile l’esame neuropsicologico sono state proposte delle scale semplificate, come la HIV Dementia Scale e la International HIV Dementia Scale, quest’ultima sviluppata per superare problemi linguistici e culturali e dimostratasi utile anche in paesi non anglosassoni.
Esse sono facili da somministrare ma mancano di adeguata sensibilità e specificità specialmente nelle forme meno gravi di compromissione neurocognitiva. Sono pertanto utili come strumento di screening e non possono sostituire un esame neuropsicologico completo.
E’ importante ribadire che deve essere indagata la presenza di comorbidità in grado di influire negativamente sulla performance neurocognitiva del paziente. In particolare andrà valutata l’eventuale presenza di altre forme di demenza vascolare e malattia di Alzheimer, di esiti di precedenti infezioni opportunistiche o neoplasie del SNC, di encefalopatie dismetaboliche (encefalopatia epatica, uso di stupefacenti o di psicofarmaci, etilismo), di esiti di pregressi traumi cranici, che possano avere un ruolo nella genesi del disturbo neurocognitivo.
HIV: fattori che aumentano il rischio di disiturbi neurocognitivi
Alcuni fattori sono stati associati a più elevato rischio di disturbi neurocognitivi HIV-correlati:
- Nadir (il picco più basso raggiunto nella propria storia) di linfociti T CD4+ inferiore a 200 cellule/µ;
- Età superiore ai 50 anni;
- Fattori di rischio cardiovascolare e/o alterazioni del metabolismo glucidico o lipidico;
- Mancata soppressione della replicazione di HIV per scarsa aderenza terapeutica.
Infine, deve essere ricordato che l’esame neuropsicologico deve essere valutato in ambito clinico generale, in quanto le diagnosi di MND e HAD rimangono diagnosi di esclusione e richiedono una completa valutazione clinica del paziente con l’ausilio di esami di laboratorio e di neuroimaging.
HIV: la neuroradiologia nella diagnosi dell’infezione da HIV del SNC
Gli effetti dell’infezione da virus dell’immunodeficienza umana di tipo 1 sulla funzionalità cerebrale arrivano a determinare la demenza franca che prende il nome di AIDS dementia complex (ADC).
La ADC è una sindrome neurodegenerativa cronica che compare tardivamente nel corso dell’infezione da HIV e che si caratterizza per decadimento cognitivo progressivo ed atrofia del parenchima cerebrale. La ADC è una delle più comuni ed importanti cause di morbidità associate a HIV, interessando il 15-20% dei pazienti affetti da AIDS. L’utilizzo della terapia HAART ha permesso di abbassare l’incidenza dei disturbi neurocognitivi HIV-associati. Il profilo neuropsicologico dei pazienti affetti da ADC è, in genere, riconducibile ad un pattern di alterazione “sottocorticale frontale”: Coordinazione e velocità dei movimenti fini, attenzione prolungata, velocità dei processi mentali, capacità esecutiva, efficienza del linguaggio e memoria di lavoro sono i principali ambiti cognitivi alterati.
Studi neuropatologici hanno confermato tali reperti individuando una maggiore concentrazione del virus nelle regioni sottocorticali e frontali.
Prima che si instauri la demenza, ci sono alcuni segni clinici di coinvolgimento del SNC: deficit dell’attenzione di tipo sottocorticale come indifferenza, e rallentamento psicomotorio, correlati a segni oggettivi di disfunzione neurologica come i test neuropsicologici standardizzati. Dal punto di vista patologico la presenza di cellule giganti multinucleate è considerata il marker patologico di ADC attribuito all’infezione cerebrale di HIV.
L’atrofia cerebrale è l’alterazione neuroradiologica più comune nell’ADC ed essa può essere riconosciuta anche con un esame di tomografia computerizzata (TC) mentre, data la bassa capacità risolutiva di questa tecnica, la presenza di lesioni della sostanza bianca spesso non viene riconosciuta.
La risonanza magnetica (RM) è considerata la tecnica d’elezione, in quanto essa consente di identificare e caratterizzare alterazioni di segnale della sostanza bianca, oltre a valutare il carico lesionale e la distribuzione dell’atrofia cerebrale.
Bisogna dire che le forme gravi di demenza che venivano osservate prima dell’introduzione della HAART si presentano sempre più raramente, mentre stanno emergendo forme lievi-moderate di disturbi neurocognitivi tra pazienti con infezione da HIV.
HIV: nonsarebbe il solo responsabile delle anomalie neurocognitive
Anche se l’infezione da HIV del SNC potrebbe rivestire un ruolo centrale, sembra quindi che l’origine di queste anomalie cognitive sia molteplice. Tra le varie cause o concause vi possono essere gli effetti fisiologici e patologici dell’invecchiamento, dei disordini metabolici, dell’uso di alcol, di sostanze di abuso e di farmaci e soprattutto di disturbi psicologici.
Per l’impostazione di una strategia terapeutica ottimale a livello sia sistemico che del SNC, è necessario riconoscere i disturbi neurocognitivi, classificarli in base alla gravità delle manifestazioni e, se possibile, definirne l’origine. Per verificare il grado di interferenza dei disturbi neurocognitivi con le attività quotidiane, le linee guida italiane suggeriscono di utilizzare la valutazione IADL (Instrumental Activities Daily Living) e il questionario MOS-HIV per la valutazione della qualità della vita.
Per definire se l’origine del disturbo è da riferire principalmente all’infezione da HIV stesso del SNC, piuttosto che ad altre cause o concause, è indicato un approfondimento mediante diversi tipi di valutazioni. Queste dovrebbero comprendere una valutazione psichiatrica completa (oltre la valutazione dei disturbi di personalità attraverso la SCID-5, test consigliati sono il BDI-II, il GAD o la scala HADS che comprende la valutazione sia dell’ansia che della depressione), esami ematochimici, una risonanza magnetica dell’encefalo e l’analisi del liquor, per la quantificazione della replicazione virale ed eventualmente l’identificazione di mutazioni del genoma di HIV associate a farmacoresistenza.
E’ possibile che i problemi neurocognitivi siano la conseguenza di uno stato di immunoattivazione cronica a livello del SNC, a sua volta determinata dalla presenza di una persistente replicazione virale a basso titolo, o di un danno tissutale precedentemente stabilito. L’utilizzo di una combinazione di farmaci antiretrovirali ad elevata efficacia e penetrazione nel SNC avrebbe lo scopo sia di inibire che di prevenire una possibile replicazione virale locale ma soprattutto la valutazione della completa aderenza terapeutica del paziente ai regimi prescritti deve essere una procedura da effettuare ad ogni visita. Una ridotta aderenza potrebbe essere alla base di una ridotta soppressione virale con danno neuronale ed emergenza di disturbi neurocognitivi che potrebbero così aggravare la scarsa aderenza permettendo l’instaurarsi di pericoli circoli viziosi.