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Psicofarmacologia

Attraverso gli psicofarmaci è possibile trattare disturbi psicologici e psichiatrici, come disturbi d’ansia, dell’umore o del comportamento

Aggiornato il 24 nov. 2023

Cosa sono gli psicofarmaci?

Gli psicofarmaci sono farmaci che agiscono sulla regolazione dei neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale, cioè sulla regolazione dei segnali chimici con cui le cellule del cervello (neuroni) comunicano tra di loro.

Grazie alla loro azione psicoattiva, gli psicofarmaci sono in grado di indurre dei cambiamenti nell’umore, nel pensiero e nel comportamento delle persone. 

La scienza che studia gli effetti degli psicofarmaci si chiama psicofarmacologia.

A cosa servono gli psicofarmaci

Gli psicofarmaci servono a trattare disturbi clinici, psicologici, neurologici, neuropsicologici e psichiatrici, come disturbi d’ansia, disturbi dell’umore o disturbi del comportamento.

Ogni tipo di psicofarmaco è caratterizzato da un principio attivo principale che lo contraddistingue e ne determina gli effetti sul sistema nervoso.

Tipi di psicofarmaci

Gli psicofarmaci si distinguono per il loro meccanismo d’azione nelle seguenti categorie.

Antipsicotici

Gli antipsicotici o neurolettici sono un gruppo di psicofarmaci usato soprattutto per trattare i disturbi psicotici, disturbi bipolari e schizofrenia. L’azione degli psicofarmaci antipsicotici, per esempio, riduce i sintomi della schizofrenia, come le allucinazioni e i comportamenti bizzarri. 

Gli psicofarmaci antipsicotici si distinguono in:

  • antipsicotici convenzionali 
  • antipsicotici di seconda generazione (o atipici).

Antidepressivi

Gli psicofarmaci antidepressivi sono utilizzati per trattare a lungo termine i disturbi dell’umore come la depressione e i disturbi d’ansia, come il disturbo da attacchi di panico.

La loro azione è in grado di migliorare il tono dell’umore nella depressione clinica. Tuttavia gli antidepressivi non sono in grado di produrre né lo stesso effetto che hanno le sostanze stimolanti sul sistema nervoso centrale né euforia.

Gli psicofarmaci con effetto antidepressivo si dividono in:

  •  inibitori della monoammino ossidasi (IMAO)
  • antidepressivi triciclici (TCA)
  • inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI)
  • inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina-noradrenalina (SNRI)
  • antidepressivi atipici (o di seconda e terza generazione).

Stabilizzanti dell’umore

Gli psicofarmaci stabilizzanti dell’umore riducono le gravi oscillazioni dell’umore (da stato maniacale a stato depressivo e viceversa) caratteristiche del disturbo bipolare

Gli psicofarmaci più noti sono:

  • il litio carbonato
  • l’acido valproico (un anti-epilettico)
  • la carbamazepina (un anti-convulsivante)

Ansiolitici

Gli psicofarmaci ansiolitici sono farmaci in grado di abbassare i livelli di ansia.

Molti fanno parte della classe dei sedativi ipnotici, che hanno un effetto depressivo, inibitorio, sul sistema nervoso centrale. Sono ansiolitici i barbiturici e le benzodiazepine (BDZ).

I barbiturici hanno:

  • azione sedativa
  • azione ipnotica 
  • azione anticonvulsivante

Le benzodiazepine hanno:

  • azione ansiolitica
  • azione sedativa
  • azione analgesica

Come agiscono gli psicofarmaci

Gli psicofarmaci agiscono sul cervello influenzando la comunicazione tra le cellule del sistema nervoso (i neuroni) poiché possono modulare sia la produzione sia l’azione dei neurotrasmettitori del cervello. 

I neurotrasmettitori sono sostanze chimiche che vengono rilasciate dai neuroni per comunicare tra loro. Sulla membrana che avvolge i neuroni sono presenti dei recettori. I neurotrasmettitori rilasciati da un neurone si legano ai recettori di un altro neurone e innescano una risposta che può essere eccitatoria (aumentano l’attività del neurone) oppure inibitoria (diminuiscono l’attività del neurone).

Uno psicofarmaco può influenzare la comunicazione tra neuroni in diversi modi:

  • agendo sul rilascio dei neurotrasmettitori;
  • agendo sul processo di ricaptazione (re-uptake) dei neurotrasmettitori, processo tramite il quale i neurotrasmettitori presenti nello spazio intersinaptico che separa due neuroni vengono ricatturati per un nuovo successivo utilizzo;
  • agendo sul processo di degradazione dei neurotrasmettitori;
  • modificando il numero dei recettori postsinaptici a cui si legano i neurotrasmettitori;
  • modificando la funzione dei recettori postsinaptici a cui si legano i neurotrasmettitori.

Come funzionano gli psicofarmaci più diffusi

Come funzionano gli psicofarmaci antipsicotici

Gli psicofarmaci con effetto antipsicotico hanno come target i neurotrasmettitori dopaminergici. La dopamina è un neurotrasmettitore che appartiene alla famiglia delle catecolamine ed è coinvolta in numerose funzioni del cervello legate per esempio alla cognizione, al movimento volontario, ai meccanismi di ricompensa.

Gli antipsicotici convenzionali agiscono soprattutto bloccando i recettori D2 della dopamina, gli antipsicotici atipici, invece, bloccano i recettori della dopamina in modo più selettivo rispetto ai primi.

Come funzionano gli psicofarmaci antidepressivi

Gli psicofarmaci con effetto antidepressivo hanno come target diversi neurotrasmettitori a seconda della classe a cui appartengono.

  • Gli IMAO agiscono inibendo, cioè bloccando, l’azione degli enzimi monoamino ossidasi che hanno il compito di catalizzare (cioè degradare, eliminare) i neurotrasmettitori monoaminergici come l’adrenalina, la serotonina, la dopamina, la noradrenalina una volta terminata la loro azione. 
  • Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina-noradrenalina (SNRI) agiscono, invece, sul meccanismo di ricaptazione dei neurotrasmettitori, della serotonina i primi e della serotonina e noradrenalina i secondi; bloccandolo il reuptake, aumenta la disponibilità dei neurotrasmettitori nello spazio intersinaptico e quindi la loro azione sui neuroni.
  • Gli antidepressivi triciclici agiscono bloccando la ricaptazione di serotonina e adrenalina, ma al contempo bloccano i recettori dell’acetilcolina, dell’istamina e gli alfa-adrenergici, causando effetti collaterali indesiderati importanti. 
  • Gli antidepressivi atipici hanno diverse azioni a seconda del tipo di psicofarmaco; per esempio alcuni agiscono sui neurotrasmettitori serotonina e/o noradrenalina.

Come funzionano gli psicofarmaci stabilizzanti dell’umore

Gli psicofarmaci stabilizzanti dell’umore agiscono su diversi meccanismi, alcuni ancora sconosciuti.

Il litio

Il litio sembra:

  • aumentare l’azione dei recettori 5-HT della serotonina;
  • aumentare la ricaptazione e ridurre il rilascio delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina);
  • aumentare la sintesi dell’acetilcolina;
  • bloccare lo sviluppo di ipersensibilità nei recettori della dopamina dovuta all’eventuale uso di antipsicotici.

Tuttavia dato che questo psicofarmaco stabilizza i picchi sia maniacali sia depressivi (quindi reazioni emotive che sono diametralmente opposte), è più probabile che agisca non a livello dei neurotrasmettitori, bensì a livello dei secondi messaggeri, modulando l’azione di quelle molecole che regolano l’attività biologica delle cellule.

L’acido valproico

L’acido valproico è un farmaco epilettico che viene utilizzato come psicofarmaco nel trattamento dei disturbi dell’umore come il disturbo maniacale o il disturbo bipolare.

L’acido valproico sembra agire sulla sintesi e la diminuzione della degradazione dell’acido gamma-amminobutirrico (GABA). Aumentando i livelli di GABA, aumenta l’azione inibitoria di questo neurotrasmettitore che diminuisce l’eccitazione dei neuroni determinando un effetto sedativo.

Carbamazepina

La carbamazepina è un farmaco anticonvulsivante che viene utilizzato come psicofarmaco nel trattamento dei disturbi dell’umore come il disturbo maniacale o il disturbo bipolare.

Questo farmaco inibisce la ricaptazione della noradrenalina e antagonizza i recettori dell’adenosina.

Come funzionano gli psicofarmaci ansiolitici

Gli psicofarmaci con effetto ansiolitico, come i barbiturici e le benzodiazepine, hanno come target i neurotrasmettitori GABA. Il GABA è un neurotrasmettitore con azione inibitoria, cioè in grado di inibire, e quindi rallentare, l’attività del sistema nervoso. Gli psicofarmaci ansiolitici si legano ai recettori gabaergici, nello specifico i recettori GABAA, e interagiscono con loro, in alcuni casi bloccando la ricaptazione dei neurotrasmettitori o influenzandone il catabolismo (ovvero la degradazione).

Gli psicofarmaci danneggiano il cervello?

Data la loro azione, alcuni si domandano se gli psicofarmaci danneggino il cervello o meno.

No, gli psicofarmaci non danneggiano il cervello, sebbene possano avere degli effetti collaterali.

Gli psicofarmaci, attraverso la loro azione sui neurotrasmettitori, inducono una modifica nel numero di recettori dei neuroni; la conseguenza è una modifica della sensibilità recettoriale e quindi lo stabilirsi di un nuovo equilibrio.

  • Downregulation: un aumento del numero di neurotrasmettitori porta a una riduzione del numero dei recettori.
  • Up-regulation: una riduzione del numero di neurotrasmettitori porta a un aumento del numero dei recettori.

Quanto tempo ci vuole per smaltire gli psicofarmaci

Se ti stai chiedendo come eliminare gli psicofarmaci dal corpo, la risposta è: dipende dal tipo di psicofarmaco che stai assumendo. Infatti l’emivita di uno psicofarmaco (cioè il tempo impiegato per ridurre del 50% la concentrazione plasmatica del farmaco) varia a seconda del farmaco considerato.

Benzodiazepine

L’emivita plasmatica degli psicofarmaci ansiolitici benzodiazepine varia da farmaco a farmaco:

  • benzodiazepine a emivita lunga: emivita superiore alle 48 ore (es. Diazepam, Prazepam, Flurazepam)
  • benzodiazepine a emivita media: emivita compresa tra 24 e 48 ore (es. Flunitrazepam)
  • benzodiazepine a emivita breve: emivita inferiore alle 24 ore (es. Alprazolam, Lorazepam)
  • benzodiazepine a emivita brevissima: emivita inferiore a 10 ore (es. Triazolam)

Antidepressivi 

L’emivita plasmatica degli psicofarmaci antidepressivi varia da farmaco a farmaco e oscilla tra le 10 e le 30 ore.  L’unico psicofarmaco a lunga emivita è la fluoxetina, il cui metabolita attivo (norfluoxetina) ha un’emivita che varia da 5 a 7 giorni. 

Antipsicotici

L’emivita plasmatica degli psicofarmaci antipsicotici varia da farmaco a farmaco e oscilla tra le 7 e le 36 ore. Antipsicotici con emivita più lunga sono lo psicofarmaco Aripiprazolo (72 ore) e il sertindolo (53-102 ore).

Stabilizzatori dell’umore

L’emivita plasmatica degli psicofarmaci stabilizzatori dell’umore varia da farmaco a farmaco:

  • il litio ha un’emivita di circa 20- 24 ore;
  • l’acido valproico ha un’emivita di circa 6-18 ore;
  • la carbamazepina ha un’emivita variabile: 25-65 ore dopo il trattamento iniziale e 10-20 ore dopo il trattamento cronico.

Quanto tempo dura l’astinenza da psicofarmaci

Spesso si confonde l’astinenza da psicofarmaci, legata all’instaurarsi di una dipendenza, con l’effetto rebound degli psicofarmaci. Infatti non tutti gli psicofarmaci danno dipendenza e quindi non tutti i farmaci, se si interrompe l’assunzione, generano crisi d’astinenza.

Dipendenza e astinenza

I fenomeni di astinenza sono caratterizzati da sintomi tipici dell’attivazione vegetativa: ansia, sudorazione, tensione, ipertensione, tremori, crampi muscolari e la loro manifestazione varia a seconda della sostanza che ha instaurato la dipendenza.

Le benzodiazepine sono psicofarmaci che, se utilizzati per un tempo prolungato, possono dare dipendenza e di conseguenza dare luogo a fenomeni di astinenza. Gli effetti dell’astinenza possono durare circa dai 15 ai 30 giorni.

L’effetto rebound

L’effetto rebound è un effetto che si manifesta con l’interruzione brusca di uno psicofarmaco (soprattutto antidepressivi, antipsicotici e stabilizzanti dell’umore) e si manifesta in maniera differente a seconda della natura degli effetti prodotti dal farmaco sul cervello. Quando si manifesta l’effetto rebound, i sintomi per cui si era assunto il farmaco si ripresentano rapidamente e con maggiore intensità.

Questo è dovuto al fatto che il cervello ha bisogno di tempo per tornare a funzionare in maniera autonoma, senza il supporto psicofarmacologico.

I sintomi del disturbo sono transitori (durano fino a 6 settimane) e reversibili. Compaiono entro 36-96 ore dall’interruzione dello psicofarmaco o dalla sua forte riduzione.

Per evitare l’effetto rebound, se si vuole smettere di assumere uno psicofarmaco è bene scalare gradualmente il dosaggio secondo i tempi e le dosi indicate dal medico curante.

L’effetto rebound ha per alcuni farmaci (come i farmaci antidepressivi SSRI) un suo corrispondente speculare all’inizio del trattamento e per questo motivo è bene iniziare con l’assunzione graduale dello psicofarmaco e avvisare il paziente che inizialmente proverà un aumento della sintomatologia ansiosa.

Chi può prescrivere gli psicofarmaci

Poiché gli psicofarmaci sono dei farmaci, possono essere prescritti solo da medici, in particolare il medico di base oppure lo psichiatra.

Lo psicologo, non essendo medico, non può prescrivere farmaci.

Uno psicologo psicoterapeuta non può prescrivere farmaci, un medico psicoterapeuta sì.

Cosa succede se si beve alcol con gli psicofarmaci

L’alcol è una sostanza che ha un effetto depressivo, inibitorio, sul sistema nervoso centrale.

Per questo motivo la sua assunzione quando si prendono degli psicofarmaci è fortemente sconsigliata in quanto può interferire con gli effetti del farmaco.

In alcuni casi, in particolare quando interagisce con farmaci che a loro volta hanno un effetto depressivo sul sistema nervoso, come i barbiturici o le benzodiazepine, può aumentarne l’effetto con esiti pericolosi per la salute.

Meglio gli psicofarmaci o la psicoterapia?

Dipende. Le linee guida internazionali (NICE) e la Consensus Conference 2022 indicano come prima scelta per ottenere una riduzione della sofferenza la somministrazione di psicofarmaci oppure la psicoterapia oppure un intervento combinato psicoterapia-psicofarmaco a seconda del disturbo e della sua gravità.

Bibliografia

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