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Che cosa si intende per enterocezione e come influisce sulla salute mentale

Le disfunzioni dell’enterocezione possono contribure nella genesi e nel mantenimento di alcuni disturbi mentali

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Martina Gori, Giulia Onida

Pubblicato il 06 Mar. 2025

Enterocezione: il nostro sesto senso

Con il termine enterocezione si fa riferimento al processo attraverso cui il sistema nervoso rileva, interpreta e integra i segnali provenienti dagli organi interni, fornendo una “mappatura in tempo reale” del proprio stato corporeo. Questo processo comprende una serie di meccanismi attraverso i quali i segnali fisiologici provenienti dai principali sistemi biologici – tra cui il sistema cardiovascolare, polmonare, gastrointestinale, endocrino e immunitario – vengono inviati al cervello e processati (Khalsa et al., 2018), rendendoci consapevoli delle sensazioni interne del corpo, come la frequenza cardiaca, la respirazione, la fame, la sete, la temperatura e il dolore, nonché delle sensazioni emotive (Weir, 2023). Per questo motivo, molte persone considerano l’enterocezione come un sesto senso che si aggiunge ai cinque canonici (vista, udito, olfatto, gusto e tatto), a differenza dei quali non fornisce informazioni sulle sensazioni provenienti dall’esterno, ma sul nostro stato interno, consentendoci di rispondere alla domanda “Come mi sento?” (Craig, 2002). Tale consapevolezza gioca un ruolo fondamentale in relazione alla nostra capacità di regolare omeostaticamente le nostre funzioni corporee, motivandoci a rispondere in modo adattivo qualora qualche valore fisiologico dovesse fuoriuscire dai range ottimali per rimanere in salute.

L’enterocezione avviene attraverso una complessa rete neurale che collega gli organi interni al cervello, grazie a una fitta interazione tra il sistema nervoso autonomo e quello centrale: i segnali sensoriali viaggiano verso il cervello seguendo percorsi specifici, raggiungendo aree quali l’insula, la corteccia somatosensoriale, il nucleo del tratto solitario e la corteccia cingolata anteriore, dove vengono elaborati (Craig, 2002; Khalsa et al., 2018).

Il ruolo dell’enterocezione nella psicopatologia

Esistono numerose evidenze scientifiche a sostegno del fatto che l’enterocezione sembrerebbe avere un ruolo nello sviluppo e nel mantenimento della psicopatologia, in quanto molti disturbi e condizioni di salute mentale presentano deficit o disfunzioni dell’enterocezione (Bonaz et al., 2021; Brewer et al., 2021; Khalsa et al., 2018; Murphy et al., 2017). L’enterocezione atipica sembra essere, quindi, un fattore di vulnerabilità che accomuna molteplici disturbi psichiatrici e neurologici, essendo alla base di vari sintomi che li caratterizzano (Brewer & Bird, 2020; Brewer et al., 2021; Murphy et al., 2018). Atipicità enterocettive sono presenti nei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, nei disturbi d’ansia, nei disturbi depressivi, nel disturbo da sintomi somatici, nei disturbi da uso di alcol e sostanze, nel disturbo ossessivo-compulsivo, nel disturbo dello spettro autistico, nel disturbo da deficit di attenzione/iperattività, nella schizofrenia, nel disturbo da depersonalizzazione/derealizzazione, nei disturbi di personalità (Brewer et al., 2021). Gran parte di questi disturbi sono caratterizzati dall’alessitimia (la difficoltà nel riconoscimento, descrizione ed espressione di sentimenti ed emozioni e nella distinzione tra stati emotivi e altri stati corporei; Apfel & Sifneos, 2010), anch’essa strettamente associata ad una compromissione dell’enterocezione (Brewer et al., 2021). 

Relativamente al disturbo di panico e altri disturbi d’ansia, alcuni studi riportano che una maggiore ansia è associata ad una più elevata accuratezza nella percezione dei segnali corporei (soprattutto nei confronti dei segnali cardiaci, che catturano l’attenzione degli individui ansiosi; Domschke et al., 2010; Ehlers, 1993), mentre altri studi hanno evidenziato un’associazione tra maggiore ansia e minore accuratezza enterocettiva (Ewing et al., 2017); tuttavia, è probabile che sia l’enterocezione, insieme ai processi cognitivi di preoccupazione e catastrofizzazione dei segnali interni, a generare ansia e panico (Ludewig et al., 2005). 

Poiché l’enterocezione è necessaria per l’elaborazione delle emozioni, una compromissione dell’enterocezione può essere associata ad una compromissione dell’affettività (Brewer et al., 2021). Ad esempio, nel disturbo depressivo maggiore, la gravità dei sintomi e l’anedonia sembrano essere associati ad una compromissione enterocettiva (Dunn et al., 2010; Harshaw, 2015).

È ormai chiaro come le disfunzioni enterocettive siano centrali nei disturbi alimentari. Ad esempio, le difficoltà nel riconoscere i segnali di fame e sazietà possono portare gli individui a mangiare troppo o troppo poco (Brewer et al., 2021) e le difficoltà nel distinguerli da altri segnali interni possono portarli a mangiare per gestire le emozioni negative (Koch & Pollatos, 2014); infatti, coloro che percepiscono con maggiore accuratezza i segnali enterocettivi di fame e sazietà hanno un’alimentazione più intuitiva (Herbert et al., 2013).

L’enterocezione sembra ricoprire un ruolo fondamentale anche nelle dipendenze patologiche, contribuendo alla ricerca della sostanza, al suo abuso e ai comportamenti di astinenza (Verdejo-Garcia et al., 2012). Da un lato, parrebbe che i soggetti dipendenti con un’elevata capacità enterocettiva fatichino ad ignorare il craving da sostanza rispetto a coloro che hanno una scarsa percezione dei segnali interni (Verdejo-Garcia et al., 2012); dall’altro lato, una deficitaria capacità enterocettiva potrebbe compromettere il riconoscimento dei segnali corporei che, influenzando la consapevolezza del soggetto, potrebbe portarlo di conseguenza a negare la propria dipendenza da sostanze (Goldstein et al., 2009).

Una disfunzione dell’enterocezione sembra spiegare l’elaborazione sensoriale atipica che caratterizza i disturbi dello spettro autistico; le persone autistiche, infatti, presentano spesso iper- o ipo-sensibilità a gusto, olfatto, tatto, ad esempio nei confronti di tessuti o consistenze particolari (Hatfield et al., 2017).

Nel disturbo ossessivo compulsivo, è probabile che gli individui con una scarsa capacità enterocettiva identifichino in maniera errata uno stato interno come negativo (es. ansia come prova di contaminazione) e mettano in atto le compulsioni cercando di ridurlo o neutralizzarlo (es. attraverso la pulizia compulsiva; Brewer et al., 2021).

In conclusione, in alcuni soggetti l’enterocezione atipica può contribuire allo sviluppo di psicopatologia, in altri la psicopatologia può portare a cambiamenti nell’enterocezione, in altri individui ancora, contemporaneamente, l’enterocezione atipica può esacerbare la sintomatologia e viceversa. 

Enterocezione nella pratica clinica

Considerando il possibile ruolo giocato dall’enterocezione nella genesi e nel mantenimento di alcuni disturbi mentali, ad oggi sono disponibili alcuni trattamenti che si basano proprio su tale processo, primi tra tutti quei farmaci che vanno a modulare la fisiologia enterocettiva, come ad esempio i bloccanti e gli agonisti dei recettori adrenergici, gli stimolanti, le benzodiazepine, i miorilassanti e gli oppioidi (Khalsa et al., 2018). Un altro esempio interessante è rappresentato dall’esposizione enterocettiva, una tecnica utilizzata nella terapia cognitivo-comportamentale per il trattamento del disturbo di panico: durante questa procedura, i pazienti svolgono alcuni esercizi (ad esempio, eseguire jumping jacks o ruotare su una sedia girevole) che possono favorire l’insorgere delle sensazioni tipiche degli attacchi di panico – come iperventilazione e capogiri – al fine di ridurre gradualmente la risposta condizionata di ansia a tali sensazioni (Craske & Barlow, 2006). Un altro trattamento di successo per il disturbo di panico è il Capnometry-Assisted Respiratory Training (CART; Meuret et al., 2008), che insegna ai pazienti a respirare in modo da aumentare la pressione parziale di anidride carbonica a fine espirazione, così da contrastare l’iperventilazione e prevenire l’esacerbazione dell’ansia (Meuret et al., 2018). Infine, i trattamenti basati sulla mindfulness, sulla meditazione e sul movimento – ad esempio, il protocollo Mindfulness-Based Stress Reduction – sono finalizzati a migliorare la consapevolezza della connessione tra mente e corpo, anche attraverso la focalizzazione dell’attenzione sulle proprie sensazioni corporee, “allenando” così le proprie capacità enterocettive (Farb et al., 2015).

Riferimenti Bibliografici
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