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Psicoterapia, emozioni negative e cambiamenti cerebrali

La psicoterapia può indurre neuroplasticità, promuovendo cambiamenti strutturali, funzionali e neurochimici

Di Linda Confalonieri

Pubblicato il 31 Ott. 2024

Emotività negativa e cambiamenti cerebrali

Nel momento in cui ci ritroviamo inghiottiti da pensieri negativi accompagnati da intense emozioni negative è molto probabile che vi sia un’iper-attivazione delle aree cerebrali che fanno parte del cosiddetto sistema limbico, tra cui l’amigdala, la famosa regione del nostro cervello a forma di mandorla che è coinvolta nella regolazione delle emozioni. 

Alcuni studi evidenziano che gli psicofarmaci, come ad esempio gli antidepressivi utili nell’affrontare i sintomi ansioso-depressivi, sono anche in grado di modificare i correlati neurali nelle risposte allo stress che accompagnano spesso depressione e ansia

Ad esempio, l’escitalopram, un farmaco SSRI sarebbe in grado di modulare l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi surrene (HPA axis), di inibire la secrezione dell’ormone di rilascio della corticotropina a livello del nucleo centrale dell’amigdala e di aumentare la densità dei recettori dei glucocorticoidi nell’ippocampo e nell’ipotalamo (Tafet, Nemeroff, 2020).

Anche la psicoterapia può apportare cambiamenti a livello cerebrale?

Ma cosa succede con la psicoterapia? Anche La psicoterapia può apportare cambiamenti a livello cerebrale?

Al di là degli indubbi effetti benefici della psicoterapia nel trattare i sintomi psicopatologici che caratterizzano diversi disturbi psichici, la psicoterapia può indurre anche neuroplasticità e cambiamenti cerebrali, promuovendo cambiamenti strutturali, funzionali e neurochimici nel cervello (Cozolino, 2017). 

Secondo la review di Barsaglini e colleghi (Barsaglini et al., et al. 2014), la psicoterapia, a seconda dei diversi disturbi trattati, favorirebbe sia una normalizzazione di pattern anomali di attivazione cerebrale sia il coinvolgimento di nuove e alternative aree cerebrali, non presenti prima del trattamento di specifici disturbi psichici. 

Similmente la review di Brooks e Stein (2015) ha analizzato 19 studi che hanno studiato i correlati neurali di interventi di psicoterapia cognitivo-comportamentale (per un totale di circa 500 pazienti); dai risultati è emerso che la psicoterapia cognitivo-comportamentale agisce favorendo l’inibizione delle strutture subcorticali iper-attivate attraverso il coinvolgimento delle aree corticali prefrontali (feedback inibitorio). 

Uno studio di Beutel e colleghi (2010) ha dimostrato che in pazienti con disturbo da attacchi di panico, la diminuzione dei livelli di ansia a seguito del trattamento psicoterapico cognitivo-comportamentale era associata a una normalizzazione dei pattern di attivazione a livello del circuito fronto-limbico nelle zone frontali e dell’amigdala. 

Molti tipi di psicoterapia tentano di migliorare le capacità di regolazione degli stati emotivi, di problem-solving e di riflessione sulla rappresentazione del sé e sui propri stati interni. Tra le aree cerebrali chiave per queste competenze ritroviamo la corteccia prefrontale dorsolaterale, la corteccia cingolata anteriore ventrale e dorsale, le subregioni ventrali e dorsali della corteccia prefrontale mediale, il precuneo, l’insula, l’amigdala e la corteccia prefrontale ventromediale (per una review, si veda Frewen et al. 2008)

Ma come fa la psicoterapia a riprogrammare il cervello?

Promuovere una migliore regolazione delle emozioni e degli stati interni attraverso la psicoterapia si accompagna dunque a cambiamenti nel funzionamento e nei collegamenti tra aree cerebrali corticali e subcorticali. 

La corteccia prefrontale ventromediale e altre aree prefrontali sono zone chiave per competenze quali la regolazione emotiva, l’empatia, il ragionamento e il problem-solving. La corteccia prefrontale ventromediale è anche coinvolta in un’ottica inibitoria per deattivare l’amigdala in presenza di emozioni molto intense; in alcune condizioni psichiatriche (ad esempio PTSD, sindromi ansiose) vi sarebbe una scarsa e non sufficiente attivazione della corteccia prefrontale ventromediale che quindi non è in grado di spegnere e inibire l’iperattivazione delle strutture limbiche subcorticali, contribuendo a mantenere un’alta intensità e durata delle emozioni negative. 

La psicoterapia offre dunque l’opportunità di riorganizzare flessibilmente la funzionalità e le connessioni tra diverse aree cerebrali. Infatti la psicoterapia può essere un potente contesto di apprendimento, riflessione e autoregolazione: apprendere significa anche favorire nuove connessioni e riorganizzazione dei pattern di attivazione neurale, a maggior ragione mentre si sta affrontando un lavoro psicologico su se stessi entro una relazione terapeutica. 

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Linda Confalonieri
Linda Confalonieri

Redattrice di State of Mind

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • The Washington post. 3 skills from psychotherapy that can change your brain.
  • Barsaglini A, Sartori G, Benetti S, Pettersson-Yeo W, Mechelli A. The effects of psychotherapy on brain function: a systematic and critical review. Prog Neurobiol. 2014 Mar;114:1-14
  • Beutel ME, Stark R, Pan H, et al. Changes of brain activation pre- post short-term psychodynamic inpatient psychotherapy: an fMRI study of panic disorder patients. Psychiatry Res. 2010;184:96-104.
  • Brooks SJ, Stein DJ. A systematic review of the neural bases of psychotherapy for anxiety and related disorders. Dialogues Clin Neurosci. 2015 Sep;17(3):261-79
  • Cozolino, L. (2017) The Neuroscience of Psychotherapy: Healing the social brain. 3rd Edition. New York, U.S.A.: W.H. Norton & Company.
  • Frewen PA, Dozois DJ, Lanius RA. Neuroimaging studies of psychological interventions for mood and anxiety disorders: empirical and methodological review. Clin Psychol Rev. 2008;28:228-246.
  • Tafet, G. E., & Nemeroff, C. B. (2020). Pharmacological Treatment of Anxiety Disorders: The Role of the HPA Axis. Frontiers in psychiatry, 11, 443.
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