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La Psicologia Ospedaliera in Italia. Sentieri narrativi della clinica (2023) – Recensione

Un volume dedicato alla psicologia ospedaliera, l’assistenza psicologica a persone che vivono un evento critico come una malattia organica importante

Di Alberto Vito

Pubblicato il 30 Apr. 2024

Ho letto con molto piacere e interesse il volume curato dai colleghi siciliani dedicato alla psicologia ospedaliera. Si tratta di un testo voluminoso (circa 550 pagine esclusa la bibliografia) assai utile per chi voglia approcciare tale ambito di lavoro.

La psicologia ospedaliera, ovvero l’assistenza psicologica a persone che non hanno necessariamente una patologia psichica ma che incontrano un evento critico significativo, qual è una malattia organica importante, sviluppando inevitabilmente una quota di stress, é un contesto professionale di sicura espansione. Questo è inevitabile in quanto, grazie ai progressi della medicina, in tutto il mondo occidentale si vive più a lungo, ma si è per più tempo ammalati di qualcosa, in quanto diverse patologie mortali si sono trasformate in croniche. Tuttavia, nonostante gli indubbi progressi tecnologici e scientifici, che consentono di raggiungere risultati impensabili in passato, ad essi non è corrisposto un aumento di soddisfazione dell’utenza, proprio a causa dell’eccesso di spersonalizzazione della cura (differenza tra to cure/to care). E, ulteriore paradosso, ciò avviene nonostante la psicologia abbia dato contributi innovativi, sia sul ruolo dei fattori emotivi e relazionali sugli esiti della cura, sia sulla qualità della comunicazione e delle ingerenze soggettive dei medici. Inoltre, emerge come il rapporto tra la cultura medica e quella psicologica abbia complessità, a volte problematicità, derivanti da due diverse epistemologie, ma è indubbio come le due discipline, nel reciproco rispetto delle loro differenze, possano reciprocamente beneficiare da uno scambio fecondo.

Tralascio tutta la questione, non menzionata nel libro ma ovviamente centrale, dell’attuale stato della sanità pubblica nel nostro paese, ma è parere pressoché unanime che si assista ad un suo peggioramento, con operatori e pazienti sempre più insoddisfatti, squilibri territoriali e allungamenti delle liste d’attesa. 

Anche per questo è particolarmente meritoria la pubblicazione di tale testo, il quale mostra in presa diretta l’operatività degli psicologi ospedalieri con accurate descrizioni di percorsi diagnostici e clinici in tanti ambiti specialistici diversi, indicando la via per percorsi d’eccellenza. 

Il mio interesse verso questo libro può apparire scontato, essendo da diversi anni impegnato in tale settore. Condivido con gli autori del volume la convinzione che, sebbene gli psicologi da soli siano insufficienti per modificare in senso olistico la cultura dominante del sistema sanitario, un vero cambiamento in direzione di una sanità al servizio della persona, che ne riconosca tutti i bisogni e valorizzandone le potenzialità, non possa prescindere dal contributo scientifico ed operativo degli psicologi. Probabilmente sono ancora più meritorie queste iniziative che partono dal basso, dallo sforzo anche creativo di tanti operatori, nel senso che in questo campo più che le università e i cattedratici sono proprio le esperienze dei diversi colleghi in prima linea negli ospedali a suggerire prassi e metodologie. Reputo che la scarsa sistematizzazione a proposito delle metodologie da adottare dagli psicologi in ospedale (probabilmente la sola Psiconcologia ha uno statuto meglio definito), possa trasformarsi per certi aspetti in un vantaggio, consentendo pure una produzione creativa e la sperimentazione di iniziative originali. Per limitarmi alla mia sola esperienza e al tema dell’umanizzazione delle strutture sanitarie, personalmente, reputo alcune attività realizzate in ospedale, quali il book-crossing in corsia, le visite guidate gratuite per i pazienti oncologici al Museo Archeologico di Napoli e la creazione di una Sala Multiculto all’Ospedale Cotugno per consentire a tutti i pazienti e familiari l’espressione dei loro bisogni spirituali, mai così forti come durante l’esperienza di malattia, tra le cose belle di cui umilmente più vado soddisfatto. Tuttavia, come scritto dai colleghi, è indubbio quanto l’assenza di una normativa nazionale specifica sulla Psicologia Ospedaliera contribuisca a determinare una disomogeneità tra presidi della stessa regione e tra regioni diverse.

Il libro si divide in 3 parti, senza tener conto delle introduzioni di diverse personalità. Nella prima, i due curatori, gli psicologi Giacalone e Domingo, presentano la cornice operativa e la matrice teorica dell’esperienza condotta a Trapani. La seconda parte, quella più voluminosa, descrive le esperienze di colleghi di diversa provenienza regionale nei settori ospedalieri in cui più frequentemente operano gli psicologi, corredate da esemplificazioni cliniche puntuali. E’ giusto ricordare come ormai siano circa 1000 gli psicologi ospedalieri in Italia, pochi per garantire assistenza psicologica a tutti gli ammalati, ma sicuramente non più un ristretto avamposto di pionieri. Dietro la scelta di presentare così tante esperienze, ho molto apprezzato lo sforzo dei curatori di fare rete tra colleghi.

Sono descritte: le attività presso una Terapia Intensiva Neonatale (TIN) di Roma; il Trauma center di Cuneo svolgente interventi rivolti a persone vittime di trauma, familiari, operatori sanitari, soccorritori o cittadini che hanno assistito o vissuto in modo traumatico un evento; il lavoro delle colleghe di Bari che raccontano la storia di un bambino di 38 mesi con ridotto accrescimento e sospetto di malassorbimento, in realtà conseguenza di deprivamento sensoriale ed emotivo; l’impegno delle psiconcologhe padovane nella cura del carcinoma mammario; l’approccio al bambino con patologia rara come gestito al Gaslini di Genova; l’intervento psicologico nella chirurgia bariatrica condotto presso il Campus Biomedico di Roma; il contributo alla riabilitazione cardiologica a Pavia e, infine, non mancano esperienze relative all’assistenza psicologica durante il covid in diverse realtà. La terza parte è infine dedicata ai percorsi assistenziali come avvengono da circa un decennio all’Azienda Sanitaria di Trapani. Tutti i capitoli mostrano la vitalità della psicologia ospedaliera e la sua concreta utilità. 

Anche in ambito ospedaliero, la visione sistemica appare necessaria. In un approccio olistico, in cui non si cura la malattia ma la persona: l’individuo va visto come un sistema, fatto di sottosistemi, impegnato in attive relazioni familiari. Inoltre, la cura avviene all’interno di relazioni e, a sua volta, l’operatore è dentro un sistema istituzionale, che condiziona la sua attività. Proprio la qualità delle relazioni è determinante nell’efficacia degli interventi e negli esiti della cura.

Concludo, consigliando la lettura del libro, con una riflessione presente nell’orizzonte di tutti i capitoli. Chiunque lavora in ambito sanitario da anni ha osservato come le reazioni alla malattia possano essere diverse e riconosce la presenza di una minoranza di persone, comunque non troppo rara, capace di utilizzare l’esperienza di malattia, che resta comunque dolorosa e causa di sofferenza, per un proficuo approfondimento della propria ricerca di senso esistenziale. Compito dei professionisti non è osservare dall’esterno tale fenomeno; gli psicologi possono dare un contributo importante affinché gli individui convivano al meglio con la malattia, nel rispetto assoluto delle priorità di valore di ciascuno.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Giacalone G., Antonino Domingo (cur.) (2023), La Psicologia Ospedaliera in Italia. Sentieri narrativi della clinica, Margana Edizioni, Trapani, 2023, pp. 600
  • Vito A. (cur.) (2014), Psicologi in Ospedale. Percorsi operativi per la cura globale di persone, Franco Angeli, Milano.

 

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