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Highly Processed Food Withdrawal Scale: misurare la sindrome da astinenza da cibi altamente processati

Schulte et al. hanno elaborato la Highly Processed Food Withdrawal Scale per misurare i sintomi dell'eliminazione dalla dieta di cibi altamente processati

Di Daniele Saccenti

Pubblicato il 22 Mag. 2023

Coloro che riducono drasticamente il consumo di cibi altamente processati, altrimenti noti come cibo spazzatura o junk food, dopo un periodo prolungato di assunzione lamentano una vasta gamma di sintomi fisici e psicologici assimilabile a una mera crisi di astinenza.

Abstract

 Evidenze scientifiche dimostrano che gli alimenti altamente processati (noti come cibo spazzatura o junk food in inglese) sono estremamente efficaci nell’attivare i nostri sistemi di ricompensa e che possono persino essere in grado di innescare processi psicopatologici di dipendenza. Ne è la prova il fatto che coloro i quali riducono drasticamente il consumo di junk food dopo un periodo prolungato di assunzione degli stessi lamentano una serie di sintomi fisici e psicologici comparabili a una mera sindrome da astinenza. Schulte et al. (2018) sostengono che quando un individuo interrompe il consumo di cibi altamente processati faccia esperienza dei sintomi tipici di una crisi di astinenza da nicotina o da marijuana. Questi sintomi possono essere misurati in maniera puntuale attraverso il Highly Processed Food Withdrawal Scale (ProWS), un nuovo strumento potenzialmente impiegabile sia in ambito clinico che di ricerca.

Il fenomeno della junk food addiction

I cibi altamente processati, a cui ci si riferisce comunemente parlando di “cibo spazzatura” (junk food in inglese), contengono per definizione alti livelli di grassi, di sale e di carboidrati raffinati, ovvero farina bianca e zucchero. Nonostante si tratti di vivande che possono produrre conseguenze fortemente negative sulla salute dell’individuo, soprattutto se assunte in maniera smodata e continuativa, esse costituiscono un prodotto che domina il mercato alimentare grazie all’elevata accessibilità, sia in termini economici che logistici, e alla notevole pubblicizzazione che le caratterizza. Ricerche scientifiche dimostrano che il junk food sia molto efficace nell’attivare i nostri sistemi di ricompensa e che possa persino innescare processi di dipendenza caratterizzati dall’assunzione compulsiva di questi alimenti (Ahmed et al., 2013; Davis, 2013; Small & DiFeliceantonio, 2019): una sorta di junk food addiction.

La sindrome da astinenza da junk food

Ciò che sorprende maggiormente è l’evidenza che coloro i quali riducono drasticamente il consumo di cibi altamente processati dopo un periodo prolungato di assunzione lamentano una vasta gamma di sintomi fisici e psicologici assimilabile a una mera crisi di astinenza. Per esempio, rimuovendo il saccarosio dalla dieta di ratti che erano soliti cibarsene in maniera incontrollata, si osserva una diminuzione della temperatura corporea e un aumento del battito dei denti, dell’ansia, e dell’irritabilità/aggressività (Galic et al., 2002; Avena et al., 2008). È stato suggerito che questa sindrome da astinenza potesse derivare da modificazioni a carico del sistema degli oppioidi endogeni (Avena et al., 2008), ovvero un insieme di proteine sintetizzate nel cervello e implicate nella regolazione del dolore, dello stress e dei ritmi sonno-veglia, nonché nella dipendenza da sostanze come alcool, nicotina, oppiacei e cannabinoidi.

Risultati analoghi sono stati ottenuti anche negli esseri umani. Schulte e colleghi (2018) sostengono che quando un individuo interrompe il consumo di junk food faccia esperienza di sintomi tipici di una crisi di astinenza da nicotina o da marijuana, quali nausea, mal di testa, ansia, irritabilità, deflessione dell’umore, faticabilità e craving, ovvero un’esperienza soggettiva di intenso desiderio nei confronti di un oggetto o di un’attività al fine di ottenerne gli effetti desiderati. Sintomi la cui intensità raggiunge un picco tra i due e i cinque giorni successivi alla riorganizzazione del regime alimentare.

La Highly Processed Food Withdrawal Scale

Questi risultati sono stati ottenuti grazie all’impiego di un nuovo strumento di misura sviluppato dai medesimi ricercatori a partire da due questionari comunemente utilizzati nella valutazione della gravità dei sintomi che si manifestano in seguito all’interruzione del consumo di nicotina e di marijuana, ossia la Wisconsin Smoking Withdrawal Scale e la Cannabis Withdrawal Scale. Al nuovo questionario è stato assegnato il nome di Highly Processed Food Withdrawal Scale (ProWS) ed è stato poi somministrato a 231 adulti che riportavano di essersi imposti di cessare il consumo di “cibo spazzatura” entro i dodici mesi precedenti l’indagine.

La versione definitiva della Highly Processed Food Withdrawal Scale comprende 29 item, sotto forma di affermazioni, che vengono valutati su una scala Likert a cinque punti che spazia da 0 (fortemente in disaccordo) a 4 (fortemente d’accordo). Le affermazioni riportate nel questionario indagano una serie di sintomi che riguardando, per esempio, il desiderio di cibo, la qualità del sonno, il tono dell’umore e le capacità cognitive dell’individuo. Durante la compilazione del questionario, viene chiesto al soggetto di riportare la propria esperienza sintomatica facendo riferimento alle ultime ventiquattro ore. I punteggi dei singoli item vengono poi sommati per ottenere un unico punteggio totale che riflette in maniera comprensiva la gravità dei sintomi correlati all’astinenza da junk food.

 La scoperta di Schulte e colleghi (2018) costituisce una prova preliminare circa la plausibilità di una sindrome da astinenza dovuta al taglio del consumo di junk food. Quest’ultima presenterebbe peraltro delle caratteristiche comuni a quella prodotta dalla riduzione dell’assunzione di sostanze d’abuso (come alcol, nicotina e oppiacei). Essendo la presenza di sintomi di astinenza un criterio centrale nella diagnosi delle dipendenze da sostanze, questi esiti avvalorano l’ipotesi che il consumo disergolato e prolungato di “cibo spazzatura” possa tramutarsi in una vera e propria dipendenza patologica.

Implicazioni per la clinica e la ricerca

Sul piano clinico, superare la crisi d’astinenza potrebbe rappresentare una sfida nelle prime settimane di trattamento, nonché contribuire ai tassi di abbandono che si registrano durante questo lasso di tempo. Uno spunto per la ricerca futura può essere invece quello di studiare se la presenza di sintomi di astinenza, valutati tramite la Highly Processed Food Withdrawal Scale, possa associarsi ai tassi di aderenza al trattamento, in particolare nei primi cinque giorni dall’interruzione del consumo, ossia quando l’astinenza è più intensa. In tal caso, l’aderenza al trattamento potrebbe essere migliorata fornendo al paziente una psicoeducazione che definisca le sue aspettative in merito ai possibili sintomi di astinenza accostata all’apprendimento di una gamma di strategie comportamentali che gli consentano di gestire in maniera adattiva questa esperienza.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Ahmed, S. H., Guillem, K., & Vandaele, Y. (2013). Sugar addiction: pushing the drug-sugar analogy to the limit. Current opinion in clinical nutrition and metabolic care, 16(4), 434–439.
  • Avena, N. M., Bocarsly, M. E., Rada, P., Kim, A., & Hoebel, B. G. (2008). After daily bingeing on a sucrose solution, food deprivation induces anxiety and accumbens dopamine/acetylcholine imbalance. Physiology & behavior, 94(3), 309–315.
  • Avena, N. M., Rada, P., & Hoebel, B. G. (2008). Evidence for sugar addiction: behavioral and neurochemical effects of intermittent, excessive sugar intake. Neuroscience and biobehavioral reviews, 32(1), 20–39.
  • Davis, C. (2013). Compulsive Overeating as an Addictive Behavior: Overlap Between Food Addiction and Binge Eating Disorder. Current Obesity Reports, 2, 171–178.
  • Galic, M. A., & Persinger, M. A. (2002). Voluminous sucrose consumption in female rats: increased "nippiness" during periods of sucrose removal and possible oestrus periodicity. Psychological reports, 90(1), 58–60.
  • Schulte, E. M., Smeal, J. K., Lewis, J., Gearhardt, A. N. (2018). Development of the Highly Processed Food Withdrawal Scale. Appetite, 131, 148-154.
  • Small, D. M., & DiFeliceantonio, A. G. (2019). Processed foods and food reward. Science (New York, N.Y.), 363(6425), 346–347.
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