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Esplorando la food addiction: quando il cibo diventa una dipendenza

Il termine food addiction indica la dipendenza da alimenti ad alto contenuto calorico, ricchi di zuccheri e grassi

Di Fiamma Fenili

Pubblicato il 27 Nov. 2023

Cosa si intende per food addiction?

La prima comparsa in letteratura del concetto di food addiction risale al 1890, in riferimento al consumo di cioccolata, ma il termine è stato ufficialmente coniato da Theron Randolph, un ricercatore americano, che lo ha utilizzato per descrivere il consumo di alimenti come il caffè, il latte e le patate, considerandolo analogo alla dipendenza pura (Randolph, 1956).

Attraverso il concetto di food addiction, si cerca di fornire una spiegazione ai modelli di comportamento, spesso osservati nell’ambito clinico, che sono associati alla ricerca ossessiva di alimenti ad alto contenuto calorico, ricchi di zuccheri e grassi. Questi comportamenti si caratterizzano per la comparsa di un elevato desiderio di questi cibi e la perdita di controllo durante il loro consumo. Va sottolineato che questo tipo di dipendenza non è classificata nel DSM 5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).

Come funziona la food addiction

La food addiction, ovvero la dipendenza da certi cibi è un concetto che fa riferimento al fatto che alimenti altamente processati, ricchi di grassi, zuccheri, carboidrati raffinati e sale (noti come cibo spazzatura o junk food in inglese), possiedano caratteristiche che potrebbero attivare il meccanismo della dipendenza, soprattutto in individui biologicamente più vulnerabili. 

Coloro che diminuiscono drasticamente il consumo di cibi altamente processati, dopo un periodo prolungato di assunzione, avvertono una vasta gamma di sintomi fisici e psicologici paragonabile ad una crisi di astinenza.

L’individuo, quindi, sperimenta dei sintomi tipici di una crisi di astinenza da nicotina o da marijuana, come nausea, mal di testa, ansia, irritabilità, deflessione dell’umore, faticabilità e craving, ovvero un’esperienza di intenso desiderio nei confronti di un oggetto o attività al fine di ottenerne gli effetti desiderati. L’intensità di questi sintomi raggiunge il suo massimo tra i due e i cinque giorni successivi alla modificazione dell’alimentazione. 

Queste tipologie di alimenti possono produrre conseguenze gravi sulla salute dell’individuo, soprattutto se assunti con frequenza elevata. In aggiunta a questo va considerato che costituiscono un prodotto che sovrasta il mercato alimentare grazie all’elevata accessibilità in termini economici, e alla intensa pubblicizzazione che ne viene fatta. Tutto questo porta a un problema di dipendenza sempre più diffuso nella popolazione (Saccenti, 2023). 

Da cosa dipende il desiderio di alcuni cibi

Il desiderio di un cibo dipende da vari fattori, ad esempio quelli biologici, genetici, epigenetici (predisposizioni individuali o patologie), ambientali (stress, inquinamento, circostanze che limitano l’attività fisica) e sociali. Esso dipende però anche dall’educazione alimentare, quindi come mangiamo, con quale velocità consumiamo il pasto, quali cibi siamo stati educati a scegliere (educazione gustativa). 

La voglia di certi alimenti, e quindi il desiderio, si può intendere come una risposta condizionata, ovvero un comportamento che è stato appreso nel tempo e che emerge quando segnali interni o esterni, come gli stati d’animo o gli eventi sono stati precedentemente associati all’assunzione di determinati comportamenti alimentari.

Difatti, fenomeni di fame, sete e sazietà non sono solo innati ma vengono appresi tramite l’esperienza durante lo sviluppo individuale (Lombardo, 2020).

Cosa avviene a livello cerebrale con la food addiction?

Nei processi che regolano l’assunzione del cibo e la gratificazione derivante da esso, ha un ruolo fondamentale il sistema dopaminergico mesolimbico e l’ipotalamo. 

Nello specifico, nel controllo dell’assunzione di cibo sono implicati due meccanismi ipotalamici: l’ipotalamo laterale, che è un regolatore della fame, e l’ipotalamo mediale, che è un regolatore della sazietà.

La dopamina è dunque un neurotrasmettitore essenziale quando si parla di “dipendenza” e una sua maggiore concentrazione all’interno dell’organismo favorisce la probabilità di assuefazione, essendo centrale nei meccanismi di apprendimento e nella regolazione del comportamento.

Diversi studi condotti sugli animali hanno confermato che sono presenti alterazioni dei sistemi dopaminergici in condizioni di eccessiva assunzione di cibi, soprattutto quelli ricchi di zuccheri. Gli animali studiati presentavano comportamenti simili alla dipendenza da sostanze e una forte incontrollabilità verso il cibo, oltre che modificazioni alle aree cerebrali indicate (Belloli, 2021).

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