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Meat Paradox: dissonanza cognitiva alla base del carnismo

Il Meat Paradox è una forma di dissonanza cognitiva che descrive il disagio di una contraddizione tra convinzioni e comportamenti riguardo al consumo di carne

Di Taslima Grossi

Pubblicato il 23 Mar. 2023

La comprensione del Meat Paradox potrà essere fondamentale per produrre degli interventi volti a ridurre il consumo di carne e i suoi effetti dannosi.

La dissonanza cognitiva

 La dissonanza cognitiva è definita come il disagio derivante dalla contraddizione tra i valori e il comportamento di una persona (Festinger, 1957). Essa è innescata da qualsiasi stimolo trigger che renda saliente la contraddittorietà tra un comportamento e un determinato valore, come per esempio il consumo di carne in relazione al desiderio di non voler nuocere agli animali (Fointiat, 2011; Juvan & Dolnicar, 2014). Le persone riducono la dissonanza tramite la messa in atto di varie strategie, tra cui l’evitamento di fattori scatenanti (Liang, 2016) o banalizzando/sminuendo le conseguenze dannose del proprio comportamento (Voisin et al., 2013).

Secondo Festinger (1957) queste strategie si dividono in tre tipi:

  • Cambiare i valori;
  • Cambiare il comportamento, ovvero impegnarsi moralmente;
  • Oscurare la contraddizione tra comportamento e valori, ovvero mettere in atto strategie di disimpegno morale.

Il 75% degli americani non riduce il proprio consumo di carne, il che potrebbe suggerire l’utilizzo della Strategia Tre (McCarthy & Dekoster, 2020). In effetti, la letteratura attuale (Rothgerber, 2020) suggerisce che le persone di solito utilizzano strategie di disimpegno (Strategia Tre) per ridurre la dissonanza. Ad esempio, le persone negano che gli animali “da cibo” siano in grado di provare dolore (Bratanova et al., 2011), rendendo innocuo il consumo di carne e permettendo moralmente di continuare a consumarla.

Il Meat Paradox

Il Meat Paradox (MP), ovvero il “paradosso della carne”, è un fenomeno che riguarda molti individui che desiderano evitare di fare del male agli animali ma continuano comunque a consumare carne (Loughnan et al., 2014). Il Meat Paradox può essere definito come una forma di dissonanza cognitiva, che descrive il disagio derivante da una contraddizione tra le proprie convinzioni e i propri comportamenti (Loughnan et al., 2014).

Il consumo di carne ha numerosi effetti dannosi, poiché non solo implica violenze sugli animali ma anche danni ambientali, tra cui le emissioni di gas a effetto serra (Godfray et al., 2018) e l’inquinamento delle acque (Mekonnen & Hoekstra, 2012). Se le diete a base prevalentemente vegetale diventassero comuni, le emissioni di gas a effetto serra previste potrebbero ridursi del 52% (Springmann et al., 2018), ma essendo il consumo globale di carne ancora largamente diffuso, la comprensione del Meat Paradox è fondamentale per produrre degli interventi volti a ridurre il consumo di carne e i suoi effetti dannosi.

La dissonanza cognitiva legata al consumo di carne

A fronte di queste gravi conseguenze, la letteratura sul Meat Paradox è sorprendentemente scarsa. Rothgerber (2020) ha teorizzato diverse ipotesi riguardo alla dissonanza cognitiva legata alla carne, offrendo i primi spunti teorici su come i consumatori di carne prevengano e riducano la dissonanza. L’autore sostiene che il Meat Paradox sia suscitato da fattori scatenanti come, ad esempio, il ricordo della carne proveniente da animali e quindi l’associazione diretta tra la carne e l’animale in sé; le persone utilizzerebbero dunque delle strategie per bloccare i fattori scatenanti a priori, ancor prima di sperimentare la dissonanza o, a posteriori, per ridurre la dissonanza il più possibile nel caso in cui i fattori scatenanti siano inevitabili.

Uno studio di Gradidge et al. (2021) ha esplorato la letteratura riguardante il Meat Paradox evidenziando diversi aspetti interessanti.

 Diversi articoli scientifici considerati dalle autrici supportano l’ipotesi della dissonanza cognitiva: per esempio, concettualizzare gli animali comunemente considerati fonte di cibo, come incapaci di provare dolore è risultata una strategia diretta (negazione) nella gestione della dissonanza. Nello specifico, per quanto riguarda i triggers, diversi articoli hanno evidenziato come a scatenare dissonanza fossero espliciti ricordi o immagini legati sempre alla sfera del dolore o alla reminiscenza della figura animale in sé. Infatti, grande fonte di dissonanza risulta essere il fatto che, nel momento in cui si acquista della carne, per esempio al supermercato, essa è già stata impacchettata e tagliata, così da non ricordare più in maniera immediata una parte del corpo animale.

In ultimo, diversi articoli che indagavano le differenze di genere, hanno evidenziato l’utilizzo di strategie dirette nei maschi: infatti, la produzione di carne convenzionale può suscitare una dissonanza più forte a causa di un maggiore investimento comportamentale, suscitando così strategie più forti e dirette (ad esempio, la giustificazione morale) nei maschi ma non nelle femmine, le quali invece tendono ad attuare strategie più indirette; questo fattore potrebbe essere dovuto al fatto che gli uomini tendenzialmente consumano più carne delle donne.

 

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