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Una dieta sostenibile è possibile?

Una dieta sostenibile contribuisce alla sicurezza alimentare e nutrizionale e ad una vita sana per le generazioni presenti e future

Di Claudia Rossi

Pubblicato il 04 Dic. 2023

L’impatto ambientale della dieta

Il cambiamento climatico è ormai un’emergenza innegabile: negli ultimi decenni, infatti, la comunità scientifica ha avuto modo di accertare, con l’ausilio di sempre più accurati modelli matematici, come il Pianeta stia subendo un surriscaldamento progressivo ed estremamente preoccupante per l’equilibrio degli ecosistemi e la sopravvivenza delle specie tutte.

I fenomeni meteorologici sempre più estremi, l’innalzamento del livello dei mari e altre modifiche del clima (quali alluvioni e siccità), dell’ambiente e degli ecosistemi, hanno reso chiaro che la situazione è così allarmante che la lotta al cambiamento climatico e la tutela della vita marina e terrestre sono state inserite tra gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 sottoscritta nel 2015 dai governi dei Paesi membri dell’ONU.

È ormai accertato che l’aumento della temperatura globale sia correlata alle attività umane e, in particolare, a tutte quelle che comportano la produzione e il rilascio nell’atmosfera di gas serra (l’anidride carbonica globale è aumentata di oltre il 50% tra il 1990 e il 2012).

È facile identificare alcune di queste attività, prima fra tutte l’utilizzo di mezzi di trasporto “tradizionali” che utilizzano carburanti fossili, ma, secondo alcune stime, il 30% delle emissioni globali di gas serra sarebbe causato dalla produzione alimentare. Inoltre, alla produzione di alimenti va aggiunto il contributo dei processi che intervengono lungo tutta la filiera alimentare: l’imballaggio, il confezionamento, il trasporto del cibo, la sua conservazione e cottura, lo spreco alimentare e, infine, lo smaltimento degli scarti. 

Con l’aumento della popolazione e la modifica radicale dei modelli alimentari, la produzione alimentare ha dovuto necessariamente mutare verso un sistema di stampo intensivo e industriale e questo ha portato ad uno sfruttamento delle risorse naturali insostenibile: infatti, il consumo di tali risorse da parte della popolazione mondiale ha superato la capacità degli ecosistemi di rigenerarle, portando il bilancio del pianeta ad essere in negativo. L’ormai famoso Earth overshoot day, con cui ogni anno si stima la data in cui l’uomo ha consumato tutte le risorse che la Terra è in grado di fornire, è caduto nel 2023 il 2 agosto, testimoniando come l’umanità avrebbe bisogno di 1,7 pianeti per proseguire con questo livello di consumo.

Data la gravità della situazione climatica e l’importante ruolo che i sistemi alimentari hanno nel determinare il cambiamento climatico, appare logico e necessario fare alcune considerazioni riguardo all’impatto dei modelli alimentari sul Pianeta, al fine di trovare la dieta più sostenibile.

Cosa si intende con dieta a basso impatto ambientale?

Secondo la FAO (2010), si definiscono sostenibili: “diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale nonché a una vita sana per le generazioni presenti e future. Le diete sostenibili concorrono alla protezione e al rispetto della biodiversità e degli ecosistemi, sono accettabili culturalmente, economicamente eque e accessibili, adeguate, sicure e sane sotto il profilo nutrizionale e, contemporaneamente, ottimizzano le risorse naturali e umane”.

Per poter valutare quanto uno stile alimentare sia impattante a livello ambientale, si utilizza l’analisi dell’impronta ecologica, un parametro che tiene conto di tutta la filiera produttiva dei cibi che lo caratterizzano. Tale parametro è costituito da tre aspetti fondamentali:

  • Carbon footprint, ovvero emissioni di gas serra e climalteranti;
  • Ecological footprint, ovvero superficie di terra o di mare necessarie per fornire le risorse e assorbire le emissioni di gas climalteranti;
  • Water footprint, ovvero consumo di risorse idriche.

Dunque, per poter essere il più sostenibile possibile, la dieta dovrebbe essere costituita da alimenti che, per essere prodotti, distribuiti e consumati, richiedano il minor utilizzo possibile di suolo (o mare), la minor richiesta di acqua e la minor emissione di CO2.
Inoltre, dovrà essere accessibile a tutti, adattandosi ai diversi contesti socio-culturali, così da prevenire forme di malnutrizione (sia per difetto che per eccesso) e le spese sanitarie correlate alla diffusione delle malattie croniche non trasmissibili così diffuse e così spesso correlate proprio ad un’alimentazione poco corretta.

Le caratteristiche di una dieta sostenibile

Ma che caratteristiche deve avere la dieta sostenibile?

Ancora una volta, è la Dieta Mediterranea la più indicata, grazie al suo ruolo ormai comprovato nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e altre patologie “dell’era moderna”, ma anche alla più recente analisi della sua adeguatezza in termini di impatto ecologico. 

Mettendo a confronto, infatti, la piramide alimentare mediterranea –che illustra i principi base della Dieta Mediterranea e la frequenza di consumo degli alimenti che la costituiscono– e la piramide ambientale che mostra l’impatto ambientale della produzione dei vari cibi appare evidente come i cibi più impattanti siano anche quelli meno rappresentati dalla dieta e viceversa.

Frutta, verdura, cereali e legumi sono in assoluto gli alimenti la cui produzione richiede un minor utilizzo di suolo, acqua e una minor emissione di CO2, ma sono anche cibi salutari, nutrizionalmente densi ed economici su cui basare la propria alimentazione quotidiana.

Al contrario, la carne, in particolare quella rossa (manzo, maiale) e lavorata, il pesce e i latticini sono prodotti che necessitano di molto più suolo, acqua ed energia per essere prodotti e possono, al contempo, costituire un rischio per la salute umana se consumati in grande quantità.

Per poter essere davvero utile nella lotta al cambiamento climatico, però, la modifica delle abitudini alimentari deve interessare tutte le popolazioni di tutto il Globo: per renderla più comprensibile e applicabile possibile, il gruppo di lavoro Eat Lancet ha ideato il piatto sano e sostenibile.

Come illustrato in questa infografica, circa metà del piatto ideale (rappresentativo sia dei pasti principali della giornata sia dell’alimentazione tutta) dovrebbe essere costituita da ortaggi, di cui solo un piccolo spicchio amidacei (come patate e castagne); la componente di carboidrati complessi è costituita principalmente da cereali integrali e quella proteica dai legumi, dalla frutta a guscio e dai loro derivati. Le fonti di proteine animali non sono escluse, ma dovrebbero essere meno preponderanti e costituite principalmente da latticini (meglio se freschi e magri), pesce (meglio pesce azzurro) e pollame, riducendo drasticamente il consumo di carne rossa e lavorata.

Per quanto riguarda le fonti di grassi, sono da privilegiare anche in questo caso quelle vegetali come l’olio extravergine di oliva.

Una piccola parte, infine, è rappresentata dagli zuccheri aggiunti che, seppur non sia necessario eliminare del tutto, vanno certamente contenuti. 

In ultima analisi, un’attenzione va data anche allo spreco alimentare: secondo alcune stime, nel mondo vengono sprecate più di un miliardo di tonnellate di cibo all’anno, quantità che basterebbe a coprire quattro volte il fabbisogno energetico degli 800 milioni di persone che soffrono la fame e che rende lo spreco stesso una delle cause di insicurezza alimentare. La maggior parte dello scarto deriva, purtroppo, dallo spreco domestico, pertanto, ancora una volta, sono chiamati tutti i singoli individui a fare la propria parte cambiando le proprie abitudini.

Consigli pratici per una dieta sostenibile

Alcuni consigli pratici possono essere:

  • Acquistare solo quanto realmente necessario, utilizzando una lista della spesa e pianificando i pasti della settimana;
  • Riporre gli alimenti con scadenza più vicina ben visibili nel frigorifero o in dispensa, in modo da notarli e consumarli prima che debbano essere buttati;
  • Riutilizzare gli avanzi in maniera creativa in cucina, o anche semplicemente come pranzo per il giorno successivo;
  • Congelare gli alimenti, meglio se già porzionati, in modo da aumentarne la shelf life;
  • Verificare se, al supermercato, vengono venduti alimenti prossimi alla scadenza a prezzo scontato: in questo modo si può risparmiare evitando al contempo lo spreco di cibo!
  • Ricordare che “da consumarsi preferibilmente entro” non significa che il cibo non sarà più sicuro oltre la data indicata, ma solo che potrebbe perdere alcune proprietà organolettiche. Solo la dicitura “da consumarsi entro” indica che è meglio non consumare l’alimento dopo la data di scadenza.  

Per riassumere, il nostro Pianeta è in pericolo e, con esso, anche la sicurezza di tutte le specie che lo abitano, compresa quella umana. Dal momento che larga parte di questo pericolo deriva proprio dalle nostre azioni, essere consapevoli di quale sia l’impatto del nostro stile di vita e cercare di migliorarlo è un passo fondamentale per garantire un futuro sicuro alle prossime generazioni.

Fortunatamente, anche un piccolo cambiamento, se operato da tutti, può fare la differenza… come una giornata completamente vegetale alla settimana o una minestra preparata con gli scarti delle verdure!

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