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Le implicazioni psicologiche del morbo di Crohn

Nel morbo di Crohn l’impossibilità controllare le funzioni intestinali porta a rivedere le attività quotidiane con una compromissione della qualità di vita

Di Luana Marrocco

Pubblicato il 10 Set. 2020

Aggiornato il 11 Set. 2020 13:55

Le principali aree di vita della persona con morbo di Crohn risultano condizionate dall’andamento dei sintomi della malattia: il lavoro, le relazioni affettive e le attività a cui dedicarsi nel tempo libero..

 

Abstract: Il morbo di Crohn è una malattia infiammatoria cronica dell’intestino che colpisce prevalentemente i giovani tra i 18 e i 30 anni. Negli ultimi decenni si è registrato un aumento significativo dei casi diagnosticati. I sintomi tipici di questa patologia possono essere molto invalidanti e compromettono in maniera decisiva la qualità della vita dei pazienti, determinando una serie di implicazioni psicologhe da non sottovalutare.

Il morbo di Crohn è una delle principali malattie infiammatorie che interessano l’intestino. Si tratta di un disturbo cronico per il quale non è stata ancora individuata una terapia adeguata e risolutiva. I sintomi con cui si manifesta sono molteplici. I più comuni sono i dolori addominali di tipo colico, le scariche diarroiche, la perdita di peso, la formazione di fistole e nei casi più avanzati possono verificarsi complicanze gravi come gli episodi di occlusione e subocclusione intestinale (S. Fanti, E. Lopci, N. Monetti, 2006). Le coliche addominali possono presentarsi in ogni momento della giornata, anche se gli esordi notturni sono quelli più diffusi e anche quelli più difficili da gestire. Nonostante l’alimentazione giochi un ruolo fondamentale nella gestione sintomatologica di questa patologia cronica, il rispetto dei più rigorosi piani alimentari non è sufficiente per prevenire le fasi più critiche del morbo di Crohn. I dolori lancinanti provocati dall’infiammazione, sono spesso legati a delle ostruzioni che vengono a formarsi nel tratto digerente (B. Nardo, 2009). Tali ostruzioni ostacolano un normale svuotamento intestinale, producendo in tal modo una condizione di alvo irregolare in cui si alternano periodi di stipsi a periodi di continue ed estenuanti scariche diarroiche.

Nella maggior parte dei casi si arriva alla diagnosi con molti anni di ritardo, poiché il morbo di Crohn ha molte caratteristiche in comune con altri disturbi intestinali più lievi, come la sindrome del colon irritabile. Tuttavia c’è una differenza significativa tra queste due condizioni, in quanto la prima rientra nell’ambito delle malattie organiche ed infiammatorie, mentre la seconda può essere classificata come una sindrome funzionale caratterizzata da una serie di irregolarità riguardanti le funzioni intestinali (A. Montano, S. Vitali, 2018). Il morbo di Crohn è un disturbo importante e spesso grave. Non sono poche le situazioni in cui risultano necessarie operazioni chirurgiche di asportazione di segmenti intestinali fortemente infiammati (S. Fanti, E. Lopci, N. Monetti, 2006). Pertanto è fondamentale intervenire in tempi rapidi per formulare una diagnosi accurata, evitando sia il rischio di confondere la malattia con altri disturbi di minore rilevanza, sia quello di una possibile progressione patologica. Difatti, una delle difficoltà che si palesa al momento della diagnosi, è la constatazione di un livello avanzato dell’infiammazione, condizione che può verificarsi proprio a causa di un ritardo o di un inadeguato iter diagnostico (A. Luna, R. Ribes, P. R. Ros, 2008).

L’insieme di tutti questi fattori caratterizzanti il morbo di Crohn si accompagna ad importanti implicazioni psicologiche da non trascurare. L’impossibilità di esercitare un controllo sulle proprie funzioni intestinali, porta il paziente a rivedere e riformulare tutte le sue attività di vita quotidiana, pianificandole sulla base dei suoi sintomi. Si può, dunque, evidenziare una forte compromissione della qualità della vita. Ogni programma ideato dal paziente affetto dal morbo di Crohn, diventa un impegno da confermare ‘last minute’ perché c’è il rischio di rimandare ogni piano programmato a causa di una colica improvvisa o per via di un inatteso accesso al pronto soccorso. Le principali aree di vita del paziente risultano condizionate dall’andamento dei sintomi della malattia. Il lavoro, le relazioni affettive e le attività a cui dedicarsi nel tempo libero sono tutte dimensioni che non possono essere gestite in maniera ordinata e serena, perché su ognuna di esse incombe l’ossessione dei possibili attacchi da parte del morbo di Crohn. Un semplice pranzo fuori con gli amici o con i colleghi di lavoro diventa motivo di irrequietezza, per il timore di sviluppare sintomi critici dopo l’assunzione di pasti consumati fuori casa. Quindi, nella maggior parte dei casi il paziente rinuncia anche ad occasioni di socialità per evitare che la sua malattia possa prendere il sopravvento. L’isolamento sociale che ne consegue produce nel paziente un senso di inadeguatezza e anche un forte senso di colpa derivante dal continuo rifiuto che egli è obbligato a manifestare verso gli impegni sociali, per poter meglio fronteggiare i sintomi della sua indomabile patologia.

Per comprendere meglio il disagio psicologico derivante dalla malattia di Crohn, può essere utile riflettere su alcuni fattori culturali che connotano il nostro paese e da cui dipendono una serie di abitudini sociali che scandiscono la vita quotidiana. Uno di questi fattori è rappresentato senza dubbio dalla tradizione culinaria. Difatti, nello scenario culturale italiano, più che in altri paesi, il cibo è sempre stato uno dei principali motivi di aggregazione sociale. Non a caso, molte occasioni in cui coltivare la socialità vengono a formarsi intorno ad un tavolo apparecchiato e ricco di pietanze da gustare. Si tratta di una immagine che evoca nelle nostre menti delle esperienze prevalentemente piacevoli, associate alla buona cucina e alla buona compagnia. Purtroppo, per i pazienti affetti dal morbo di Crohn, immaginare una scena del genere non suscita di certo le stesse sensazioni di benessere. Non sono rari i racconti di pazienti che soffrono quotidianamente le conseguenze del digiuno, pur di evitare la comparsa dei sintomi più dolorosi che il morbo di Crohn provoca. Ciò accade perché le manifestazioni cliniche più rilevanti, purtroppo, tendono a verificarsi dopo la consumazione dei pasti, a prescindere dal tipo di cibo ingerito.

I vissuti di sofferenza legati all’idea di dover rinunciare alla buona cucina o alla buona compagnia, o (come accade più di frequente) a entrambe le cose, logorano col passare del tempo le dimensioni sociali ed affettive che contraddistinguono la qualità della vita dei pazienti, mettendo in crisi il benessere psico-fisico. In realtà, oltre alla sfera sociale e a quella riguardante l’alimentazione, ci sarebbero molte altre aree rispetto alle quali i pazienti con malattia di Crohn sono costretti a rinunciare o a partecipare in forma limitata. Dunque, la vita di rinunce che faticosamente affrontano i pazienti affetti da questo disturbo, in molti casi può sfociare in vere e proprie forme di disagio psicologico. I vissuti di ansia e l’umore depresso che derivano dai sintomi della patologia e dall’isolamento sociale che essa produce, non possono essere trascurati. I pazienti affetti dal morbo di Crohn, hanno il diritto di condurre una vita più serena e con minori limitazioni sociali e psicologiche. Pertanto, sarebbe opportuno seguire parallelamente al percorso di terapia medica e farmacologica, anche un percorso di sostegno psicologico in grado di fornire al paziente gli strumenti per gestire in maniera più efficace le difficili implicazioni che riguardano la sfera mentale e sociale. Inoltre, aderendo ad una visione bio-psico-sociale della salute e del benessere, un adeguato intervento psicologico può avere delle ripercussioni positive anche sulla gestione dei sintomi fisici tipici del morbo di Crohn. Dunque, per favorire una migliore qualità della vita dei pazienti, risulta indispensabile integrare le competenze mediche con quelle psicologiche, al fine di intervenire in maniera completa e precisa su ogni livello fisico e su ogni area psicosociale che la malattia intacca.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Fanti S., Lopci E. Monetti, N. (2006). Compendio di Diagnostica Medico Nucleare, Segrate: Società Editrice Esculapio.
  • Luna, A., Ribes, R., Ros, P. R. (2008). Imaging Diagnostico. 100 Casi dalla Pratica Clinica, Berlin: Springer.
  • Montano, A., Vitali S. (2018). La Sindrome del Colon Irritabile. Affrontare la Colite con la Terapia Cognitivo-Comportamentale. Trento: Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A.
  • Nardo, B. (2009). Metodologia Clinica e Sistemica Medico-Chirurgica. Lezioni di Chirurgia Generale, Segrate: Società Editrice Esculapio.
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