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Caregivers di persone con demenza e mindfulness

Gli interventi basati sulla mindfulness si sono dimostrati utili per supportare i familiari e i caregivers di persone con demenza.

Di Maria Gazzotti

Pubblicato il 29 Nov. 2019

Aggiornato il 17 Feb. 2020 15:42

Le demenze portano a una progressiva e inesorabile riduzione dell’autonomia, che rende necessario l’intervento del caregiver, un compito stressante e ricco di sfide. Rendere più sostenibile il caregiving giornaliero può portare molti benefici nel lungo periodo. Gli interventi basati sulla mindfulness si sono dimostrati utili per supportare i familiari di persone con demenza.

Maria Gazzotti – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Milano

 

 Con l’avanzare dell’età il nostro organismo subisce profondi cambiamenti e, oltre ai mutamenti tipici dell’invecchiamento sano, che comprende comunque un declino delle abilità cognitive, aumenta esponenzialmente l’incidenza delle patologie dementigene. Il termine demenza indica una malattia cronica degenerativa ad esordio insidioso con un progressivo peggioramento cognitivo; é caratterizzata da deficit che coinvolgono la sfera cognitiva, emotiva, comportamentale e funzionale, con una progressiva perdita dell’autonomia che porta a dipendere dagli altri.

L’invecchiamento della popolazione é uno dei cambiamenti della società odierna che spicca maggiormente e che porta con sé un aumento di tutte le patologie croniche legate all’età, comprese le demenze, fattore che ha reso il decadimento cognitivo un problema di salute pubblica di rilevanza sempre maggiore, al punto che nel 2012 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’ADI (Alzheimer’s Disease International) hanno definito questa patologia una priorità mondiale di salute pubblica.

Le demenze colpiscono ad oggi circa 47 milioni di persone nel mondo e il numero è in aumento (Liu et al., 2017). Secondo alcune proiezioni, i casi di demenza potrebbero aumentare drasticamente nei prossimi 30 anni nei paesi occidentali, con 7.7 milioni di nuovi casi all’anno (1 ogni 4 secondi). Considerando nello specifico la situazione italiana, si stima che il numero di persone con demenza superi il milione e che siano circa 3 milioni le persone coinvolte nell’assistenza dei loro cari (Ministero della Salute).

Come detto sopra, uno degli aspetti caratteristici delle patologie dementigene é la progressiva ed inesorabile riduzione dell’autonomia, che rende necessario l’intervento di una persona, spesso un familiare, come un figlio o il coniuge, che possa assistere il malato, un compito stressante e ricco di sfide dal momento che spesso i caregivers si trovano a dover bilanciare tra le richieste del caregiving e quelle legate alla propria vita personale, sociale e lavorativa. È comprensibile come i caregivers possano trovarsi a sperimentare emozioni negative, tristezza, preoccupazione, sconforto, rabbia, senso di impotenza, con difficoltà a comprendere e ad accettare la malattia o comunque ad adattarsi ai cambiamenti della persona cara e della relazione. I figli si trovano ad affrontare un complesso capovolgimento dei ruoli, nel quale diventa il figlio colui che si prende cura del genitore, in modo nettamente più accentuato nei casi di demenza rispetto a quelli di invecchiamento non patologico; nel caso in cui il caregiver sia il coniuge si ha un altrettanto profondo sconvolgimento della relazione, nella quale uno dei due coniugi deve ora accudire l’altro, spesso fronteggiando contemporaneamente i cambiamenti della propria vita che, come detto sopra, sopraggiungono anche nei casi di invecchiamento non patologico.

Prendersi cura di un familiare affetto da malattie croniche ha generalmente effetti negativi come stress cronico, isolamento sociale, riduzione della salute fisica, difficoltà emotive, maggiore uso di farmaci, maggiori rischi di ansia e depressione, alti costi finanziari e personali, compromissione della salute e del benessere (Whitebird et al., 2012; Oken et al., 2010). È noto poi come prolungati alti livelli di stress predispongano proprio allo sviluppo di patologie psicologiche e fisiche (Liu et al., 2017;  Kor et al., 2019). Il burden legato a questo ruolo impatta sul benessere e sulla qualità della vita del caregiver con conseguenze anche nella gestione pratica della situazione, aumentando le probabilità di istituzionalizzazione del paziente. Rendere più sostenibile il caregiving giornaliero nel lungo periodo, riducendo lo stress e migliorando la salute mentale dei caregivers, può contribuire a ritardare l’istituzionalizzazione riducendo così anche i costi per la società (Liu et al., 2017; Kor et al., 2019).

Si ipotizza che il numero di caregivers di persone con demenza triplicherà nei prossimi anni arrivando a 131.5 milioni nel 2050 (Kor et al., 2019) e, proprio perché un numero sempre maggiore di famiglie si trova ad avere un familiare con decadimento cognitivo, e per le difficoltà che questo compito implica, sta diventando sempre più importante concentrarsi sulla condizione dei caregivers e su come sia possibile migliorarla (Whitebird et al., 2012; Oken et al., 2010).

Diversi studi si sono quindi occupati della ricerca di metodi che potessero mitigare gli effetti negativi di tale condizione, partendo dall’idea che rendere le persone maggiormente in grado di gestire lo stress cronico che si trovano ad affrontare giornalmente, possa portare benefici a lungo termine.

 Sono stati svolti numerosi interventi psicosociali, come il fornire informazioni, supporto sociale e skills training che hanno però portato a risultati non del tutto soddisfacenti nel ridurre il distress dei caregivers. Infatti, nonostante i caregivers possano diventare sempre più competenti e sviluppare sempre maggiori abilità utili a prendersi cura della persona cara, permarrà comunque il burden e ci saranno inevitabilmente momenti nei quali si sentiranno sopraffatti; è proprio qui che entra in gioco la mindfulness (Liu et al., 2017).

La mindfulness trae origine dal buddhismo e può essere definita come un particolare tipo di attenzione focalizzata sul momento presente, di consapevolezza non giudicante e di accettazione dell’esperienza (Whitebird et al., 2012). Gli elementi caratteristici della mindfulness sono la consapevolezza, che consente di affrontare con flessibilità e padronanza i pensieri e le emozioni negative, e l’accettazione non giudicante del momento presente. Il trattamento di mindfulness consiste nel ridurre lo stress, nell’imparare a gestire le emozioni attraverso la consapevolezza, nell’accettare la propria esperienza così com’è (Whitebird et al.,2012) ed è associata al benessere psicologico;  proprio le sue caratteristiche sopra descritte sono considerate degli antidoti potenzialmente efficaci contro svariate forme di stress psicologico, come ruminazione, ansia, preoccupazione, paura e rabbia (Keng, Smoski & Robins, 2011).

Negli studi presi in considerazione sono stati conservati interventi basati sulla mindfulness la Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), la Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) e l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), con buone evidenze del fatto che possano essere utilizzati come interventi supportivi standard per i familiari di persone con demenza (Liu et al., 2017; Kor et al., 2019).

I trattamenti basati sulla mindfulness possono aiutare i caregivers a sviluppare un atteggiamento di caregiving accettante e non giudicante, a rispondere a stimoli esterni, come ad esempio i problemi comportamentali, in modo meno reattivo e impulsivo, a sviluppare una maggiore pazienza nel gestire le diverse situazioni, a favorire un aumento dell’accettazione delle problematiche, prerequisito fondamentale per l’adattamento ai cambiamenti continui a cui inevitabilmente la diade caregiver-paziente va incontro (van Boxel et al., 2019). Aiuta inoltre ad essere consapevoli delle proprie reazioni inutili, dei pattern di pensiero automatico e a distaccarsi da questo pilota automatico per potersi relazionare in modo meno faticoso e più efficace (Liu et al., 2017).

É rappresentativo il vissuto di una una caregiver che ha riportato come, assumendo un atteggiamento più mindful, riusciva ad evitare di discutere con la madre che le chiedeva ripetutamente le stesse cose, sviluppando così una relazione più armoniosa e meno stressante (Kor et al., 2019).

Gli interventi basati sulla mindfulness rivolti a questo tipo di caregivers sono stati strutturati generalmente con incontri di gruppo a cadenza settimanale o bisettimanale per un totale che si aggira attorno agli 8 incontri, della durata di 90-120 minuti ciascuno, spesso con lo svolgimento di esercizi anche a casa; alcuni esempi di esercizi svolti sono quelli di consapevolezza del respiro, delle sensazioni corporee e dell’esperienza cognitiva ed emotiva (Kor et al., 2019; Oken et al., 2010).

I familiari di persone affette da demenza tendono a pensare ripetutamente al passato e al futuro e questa tecnica può aiutarli a rispondere agli stimoli interni ed esterni in modo meno impulsivo, più riflessivo e consapevole, aumentando le abilità di coping, portando a concentrarsi sull’esperienza presente nel qui ed ora con un’accettazione non giudicante e riducendo pensieri ripetitivi e ruminanti, con un effetto su preoccupazione, ruminazione, depressione, ansia e stress associati (Whitebird et al., 2012).

Prove crescenti mostrano che i programmi basati sulla mindfulness sono associati ad una riduzione di molteplici dimensioni psicologiche negative, come stress percepito, sintomi depressivi, aumento della qualità di vita, mentre minori sono le prove a sostegno di un effetto significativo sul burden e sull’ansia (Liu et al., 2017).

Il training mindfulness é breve, efficace, con costi relativamente contenuti e può essere una soluzione alternativa o aggiuntiva agli interventi convenzionali per i caregivers. Questo tipo di training é inoltre risultato ben accetto ai caregivers, infatti circa il 70% tende a completare tutte le sessioni previste dimostrando buona adesione al trattamento (Liu et al., 2017).

Gli effetti a lungo termine dei trattamenti basati sulla mindfulness non sono ancora stati stabiliti con certezza e saranno necessari studi futuri su larga scala e condotti rigorosamente per confermare i risultati ed approfondire gli effetti specifici su ansia e burden.

Per concludere, gli studi condotti fino ad ora hanno portato a risultati promettenti che indicano questo tipo di trattamenti come buoni interventi per i caregivers di persone con demenza, dotati inoltre del grande vantaggio di basarsi su esercizi e tecniche che, una volta imparati, possono essere utilizzati per gestire lo stress e le sfide del caregiving quotidianamente.

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