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L’effetto placebo per risanare un cuore spezzato

Un recente studio ha indagato l'impatto del placebo sul dolore emotivo derivante da un rifiuto nell’ambito di una relazione di coppia.

Di Irene Camilla Sicari

Pubblicato il 22 Mag. 2017

Aggiornato il 03 Lug. 2019 12:31

Sentite il cuore infranto a causa di una recente rottura? Il solo credere di star agendo per aiutare se stessi a superare l’evento,  può influenzare regioni del cervello associate alla regolazione emotiva e diminuire la percezione del dolore.

 

Questa è la scoperta di un recente studio della University of Colorado Boulder che ha misurato l’impatto di ordine neurologico e comportamentale che l’effetto placebo ha avuto su un gruppo di partecipanti volontari che avevano vissuto recentemente la rottura di una storia d’amore.

La rottura con un partner è una delle esperienze emotivamente più negative che una persona possa vivere e può essere un trigger importante per sviluppare problemi psicologici.

Queste sono le parole riportate dal primo autore dell’articolo Leonie Koban, divenuto ricercatore associato a seguito di un periodo di dottorato.

Egli ha notato che un tale dolore sociale è associato ad un rischio 20 volte maggiore di sviluppare un vissuto depressivo nell’ anno successivo all’accaduto.

Nel nostro studio, abbiamo trovato che un placebo può avere effetti abbastanza forti sulla riduzione dell’intensità del dolore sociale.

Da decenni, la ricerca ha dimostrato che i trattamenti con placebo, quindi senza alcun principio attivo, possano ridurre in misura significativa il dolore, la malattia di Parkinson e altri disturbi fisici.

Il nuovo studio, pubblicato a marzo nel Journal of Neuroscience, è il primo a misurare l’impatto del placebo sul dolore emotivo derivante da un rifiuto nell’ambito di una relazione  di coppia.

I ricercatori hanno reclutato 40 volontari che avevano esperito, indesideratamente, la fine di una relazione d’amore negli ultimi sei mesi.

Si è chiesto di portare all’interno di un setting laboratoriale per imaging cerebrale una foto degli ex e una foto di un buon amico dello stesso genere.

I partecipanti venivano posti all’interno di una macchina per la risonanza magnetica funzionale (fMRI),venivano loro mostrate le immagini dei loro ex partner e si chiedeva di ricordare il momento della rottura. Poi sono state mostrate le immagini riferite agli amici.

Sono stati anche sottoposti ad uno stimolo che induceva dolore fisico (uno stimolo caldo sull’avambraccio sinistro).

Poiché questi stimoli sono stati ripetuti alternativamente, ai soggetti veniva chiesta una valutazione circa le loro sensazioni su una scala da 1 (molto male) a 5 (molto buono). Nel frattempo, attraverso la risonanza magnetica funzionale (fMRI) si registrava l’attività cerebrale.

Sebbene non identiche, le regioni che si attivano durante il dolore fisico erano simili a quelle attivate per il dolore emotivo.

Questa scoperta ci suggerisce un messaggio importante da recapitare ai cuori spezzati, come detto  dall’autore principale Tor Wager, professore di psicologia e neuroscienze alla CU Boulder:

Sappiate che il vostro dolore è reale, neuro-chimicamente reale.

Conclusa la fase di registrazione dell’attività cerebrale, ai soggetti è stato somministrato uno spray nasale. Alla metà dei soggetti è stato riferito che si trattava di un “potente analgesico efficace nel ridurre il dolore emotivo”. All’altra metà si diceva che fosse una semplice soluzione salina.

L’attività nella corteccia prefrontale dorsolaterale – un’area coinvolta nella modulazione delle emozioni – si è dimostrato essere aumentata notevolmente. Al contrario , le aree cerebrali associate al tema del rifiuto presentavano una diminuita attivazione.

In particolare, a seguito del placebo, nel momento in cui i partecipanti dicevano di sentirsi meglio, effettivamente si registrava un’aumentata attività in una zona del “midbrain” chiamata sostanza grigia periacquedottale (PAG). La PAG svolge un ruolo fondamentale nel modulare i livelli di sostanze chimiche cerebrali, come gli oppiacei, e neurotrasmettitori del buon umore, come la dopamina.

Anche se lo studio non ha esaminato specificamente se il placebo abbia indotto il rilascio di tali sostanze chimiche, gli autori sospettano sia proprio questo processo ad essere attivato.

La prospettiva attuale dimostra che avere aspettative positive influenza l’attività nella corteccia prefrontale, che a sua volta influenza i sistemi del midbrain  generando risposte neurochimiche con il rilascio di oppiacei o dopamina – ha dichiarato Wager.

Precedenti studi hanno dimostrato che l’effetto placebo da solo non solo allevia la depressione, ma può effettivamente far funzionare meglio gli antidepressivi.

Fare qualcosa per se stessi ed  impegnarsi in qualcosa che dona speranza può avere un impatto effettivo nella vita di un soggetto – ha dichiarato Wager. – In alcuni casi, il principio attivo del farmaco può essere meno importante di quanto noi abbiamo pensato.

Gli autori hanno affermato che questo recente studio non solo aiuta a capire meglio come il dolore emotivo venga elaborato a livello cerebrale, ma può anche suggerire modalità con cui le persone possano utilizzare il potere e la forza delle aspettative a proprio vantaggio.

Dice Koban:

Ciò che sta diventando sempre più chiaro è che le aspettative e le previsioni hanno una forte influenza sulle esperienze di base, su come ci sentiamo e su  ciò che percepiamo.

Per concludere, se sei stato lasciato di recente:

Fare qualcosa che tu credi possa aiutarti a sentirti meglio, probabilmente ti farà sentire meglio.

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