di Marina Morgese
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Violenza Domestica & Pregiudizi: La donna che uccide il suo abusante, se carina e curata, avrà più probabilità di essere giudicata colpevole.
Gli episodi di violenza domestica oggigiorno sono purtroppo molto frequenti, questi portano spesso numerose donne a subire in silenzio i maltrattamenti dei compagni e a tacere dinnanzi alle umiliazioni. Vi sono tuttavia donne che reagiscono alla violenza, alle volte con reazioni estreme, fino ad uccidere i propri compagni violenti.
La colpevolezza di queste donne rimane dubbia: possono essere condannate per omicidio o assolte per legittima difesa? Esiste una caratteristica che le rende, agli occhi della giuria, più accusabili?
In realtà una risposta positiva a quest’ultima domanda ci viene data da un recente studio condotto presso l’Università di Granada. Tale ricerca nasce dopo l’analisi di varie indagini di polizia, dalle quali è emerso che, nei reati di violenza domestica, se la donna che uccide il suo abusante è più indipendente e curata fisicamente, avrà più probabilità di essere giudicata colpevole, piuttosto che di essere assolta per legittima difesa.
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Il campione utilizzato ai fini dello studio è composto da 169 agenti di polizia (153 uomini e 16 donne) delle Forze di sicurezza dello Stato spagnolo. I partecipanti scelti provengono da diverse città della Spagna. Ai fini della ricerca sono stati inventati due diversi racconti di azioni legali. In entrambi i racconti però l’imputato è una donna accusata di aver ucciso il marito e la sua difesa legale punta sull’aver subito una storia prolungata di violenza domestica, e quindi l’uccisione del compagno è avvenuta per legittima difesa. In metà delle storie però l’imputata è giovane, poco attraente e molto fragile, ha figli ed è economicamente dipendente dal suo partner. Nelle altre storie la donna è senza figli, lavora come consulente finanziario, è stata sposata per 10 anni e durante il processo viene descritta come ben vestita e tranquilla nelle sue interazioni con il giudice e gli avvocati. I ricercatori hanno chiesto ai soggetti di assumere il ruolo della giuria e di rispondere a una serie di domande relative alla percezione di credibilità, alla responsabilità e al controllo sulla situazione delle donne descritte.
È stata, inoltre, indagata l’ideologia sessista dei partecipanti.
Dalla ricerca è emerso che una delle variabili con il maggiore effetto sulla percezione della criminalità della donna è la sua vicinanza allo stereotipo della donna maltrattata (fragile, fisicamente malconcia, economicamente dipendente). I risultati hanno dimostrato infatti che quando si descrive un non-prototipo di donna maltrattata (e dunque più indipendente e fisicamente più curata), questa è considerata più capace di gestire la situazione.
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Un’altra variabile legata alla sentenza della giuria sul caso sembra essere il livello di ideologia sessista dei partecipanti. A questo proposito, chi ha raggiunto punteggi più alti di sessismo ha percepito l’imputata come più capace di controllare la situazione.
A detta dei ricercatori, quando una donna è percepita in grado di controllare la situazione, questa è vista automaticamente anche in grado di controllare le sue reazioni verso l’abusante e, dunque, di non ucciderlo. Le donne meno conformi al prototipo di donna maltrattata, avrebbero dunque, da un punto di vista giuridico, un più elevato grado di colpa nel processo.
Gli autori concludono lo studio con un utile suggerimento, che sarebbe bene riportare: “Nonostante i suoi possibili limiti, questo studio sottolinea la necessità di aumentare la formazione per le forze dell’ordine sulla gestione dei casi di violenza domestica. Il loro lavoro è infatti fondamentale ai fini del processo e, come abbiamo visto, tale lavoro può essere condizionato da variabili esterne, come l’aspetto fisico o altre convinzioni stereotipate su chi subisce violenza domestica “.
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BIBLIOGRAFIA:
- Herrera, A., Valor-Segura, I., Expósito F. (2012) Is miss sympathy a credible defendant alleging intimate partner violence in a trial for murder? The European journal of psychology applied to legal context, 4 (2),179-196.