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Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali – Settembre 2025

L’Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali è un aggiornamento periodico sulla situazione della sofferenza psicologica in Italia e nel mondo

Di Giovanni Maria Ruggiero, Sara Palmieri, Giovanni Mansueto

Pubblicato il 22 Set. 2025

L’Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali

L’Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali è un aggiornamento periodico sulla situazione della sofferenza psicologica in Italia e nel mondo. Quali sono i disturbi più diffusi e più gravi e più in crescita, quali segmenti della popolazione sono più colpiti, quali sono le ragioni della loro diffusione e come arginarli con quali cure farmacologiche, psicoterapeutiche e assistenziali.

L’Osservatorio sarà pubblicato su State of Mind dal marzo 2025, uscirà mensilmente e sarà composto consultando i motori di ricerca più rigorosi e avanzati che raccolgono le informazioni pubblicate su riviste scientifiche e su bollettini sanitari affidabili. Il responsabile della composizione dell’Osservatorio è Giovanni Maria Ruggiero con la collaborazione di Sara Palmieri e Giovanni Mansueto.

 

Osservatorio dei Disturbi Emotivi e Mentali – Settembre 2025

Questo numero dell’Osservatorio è dedicato all’European Association for Behavioural and Cognitive Therapies (EABCT)  che si è svolto a Glasgow nel settembre 2025, un evento che ha riunito oltre mille professionisti della salute mentale da tutto il mondo. Le giornate di lavoro hanno offerto un quadro ricco e complesso dell’evoluzione della psicoterapia cognitiva, tra innovazioni digitali, approcci transdiagnostici, nuove evidenze sull’esercizio fisico come trattamento e prospettive di personalizzazione delle cure

Glasgow 2025: la psicoterapia cognitiva tra rivoluzione digitale e ritorno alle origini

Immaginate di poter dialogare con le voci che sentite nella vostra testa attraverso un avatar digitale, o di curare l’ansia con un programma di corsa strutturato come una prescrizione medica. Non sono scenari di fantascienza, ma alcune delle innovazioni presentate al Congresso Europeo di Terapie Cognitive che Glasgow ha ospitato dal 3 al 6 settembre. Si trattava della riunione annuale dei membri dell’European Association for Behavioural and Cognitive Therapies (EABCT) dove sono convenuti oltre mille professionisti della salute mentale per tracciare la rotta della psicoterapia del ventunesimo secolo.

La rivoluzione digitale procede a rilento

Contrariamente alle aspettative, le tecnologie digitali hanno occupato spazi marginali nel programma congressuale. Mentre il mondo si riempie di app e chatbot terapeutici basati sull’intelligenza artificiale, a Glasgow è emerso chiaramente che l’innovazione tecnologica in psicoterapia sta avvenendo soprattutto nelle aziende private, mentre la ricerca accademica fatica a tenere il passo.

L’eccezione significativa è rappresentata da Limbic, realtà britannica che ha presentato il suo chatbot certificato come dispositivo medico e già operativo nel sistema sanitario inglese. Il loro “Limbic Access” fa screening iniziali, suggerisce percorsi terapeutici e si integra con i sistemi gestionali ospedalieri, espandendosi ora negli Stati Uniti e in Australia.

Azucena Garcia-Palacios dell’Universitat Jaume I in Spagna ha mostrato come le soluzioni digitali possano democratizzare l’accesso alla salute mentale attraverso sistemi che fanno screening, suggeriscono percorsi terapeutici e si integrano con i servizi sanitari esistenti.

Tuttavia, accanto ai successi emergono questioni etiche irrisolte: chi è responsabile se un algoritmo sbaglia una diagnosi? Come si garantisce la privacy dei dati più intimi? L’intelligenza artificiale sta entrando nella psicoterapia con prudenza, come supporto al terapeuta umano piuttosto che come sostituto, mantenendo la psicoterapia come incontro fondamentalmente umano.

Il paradigma transdiagnostico: addio protocolli rigidi

Il trend più significativo emerso è il movimento verso terapie “transdiagnostiche” – interventi che funzionano attraverso diversi disturbi mentali piuttosto che essere specifici per una singola condizione. Roz Shafran del University College London Great Ormond Street Institute of Child Health ha parlato di “rompere i confini” tra le categorie diagnostiche, sviluppando approcci che si adattano alla persona piuttosto che alla sua etichetta clinica.

È come passare dall’abito confezionato al sarto: invece di protocolli fissi per depressione, ansia o disturbi alimentari, i terapeuti imparano a combinare “mattoni” flessibili in base alle caratteristiche uniche di ogni persona. Un approccio più artigianale e personalizzato che riorganizza le conoscenze esistenti in modo più intelligente.

Anche il simposio di Paul Salkovskis (University of Oxford) ha affrontato la questione centrale del congresso: come bilanciare approcci specifici per disturbo e transdiagnostici nella CBT. Con Rivka Ginat Frolich, Jonathan Huppert (Hebrew University) e Sævar Már Gústavsson (Reykjavik University), è emersa una soluzione pragmatica: un approccio ibrido che combina tecniche specifiche (come l’esposizione introcettiva per il panico) con processi trasversali (regolazione emotiva). “La formulazione del caso individuale deve rimanere al centro”, ha sottolineato Salkovskis, rifiutando rigide categorie diagnostiche. Il simposio ha evidenziato due priorità: ripensare la formazione per sviluppare “intelligenza terapeutica adattiva” e affrontare l’adattamento culturale e l’ageismo – ricordando che la CBT funziona efficacemente anche negli anziani con demenza precoce.

L’esercizio fisico come medicina di precisione

Particolarmente promettente è l’emergere dell’esercizio fisico come “medicina transdiagnostica”. Nel symposium coordinato da Michele Schmitter del Depression Expertise Center presso Pro Persona Mental Health Care nei Paesi Bassi, i ricercatori hanno presentato evidenze convincenti.

Kevin Crombie dell’University of Alabama ha mostrato la relazione tra esercizio aerobico e decision-making nel PTSD, mentre Matthew Herring dell’University of Limerick ha presentato risultati sull’esercizio per il disturbo d’ansia generalizzato. Aylin Mehren dell’University Medical Center di Bonn ha esplorato l’esercizio come approccio non farmacologico per l’ADHD, e Janna Vrijsen dell’University Medical Center Nijmegen ha fornito una panoramica dell’esercizio come trattamento transdiagnostico.

Non si tratta del generico “fare sport fa bene”, ma di protocolli precisi che prescrivono il movimento con la stessa accuratezza di un farmaco: tipo di attività, intensità, durata, frequenza. Una medicina antica in confezione scientifica moderna.

Innovazioni cliniche: avatar e riscrittura dei ricordi

Tra le novità più affascinanti spicca l’Avatar Therapy per persone che sentono voci disturbanti. Il symposium coordinato da Clementine Edwards del King’s College London ha presentato i risultati del trial AVATAR2. Phillipa Garety ha illustrato i findings principali, mentre Oliver Owrid dell’University College London ha discusso il coinvolgimento delle persone con esperienza vissuta. Moya Clancy dell’University of Glasgow ha affrontato l’implementazione della terapia e Nikos Xanidis, sempre di Glasgow, ha presentato l’approccio relazionale e dialogico.

Altrettanto interessante è l’Imagery Rescripting. Fritz Renner dell’University of Freiburg ha coordinato un symposium mostrando gli effetti aggiuntivi per la depressione maggiore. Georgie Paulik-White di Perth (Murdoch University e Curtin University) ha presentato l’efficacia per persone che sentono voci, mentre Sophie Rameckers dell’University of Amsterdam ha esplorato l’intensità ottimale del trattamento. Regina Steil della Goethe-Universität Frankfurt ha mostrato risultati su un trial per il PTSD nei rifugiati.

La formazione si digitalizza (intelligentemente)

La tecnologia trova applicazioni più mature nella formazione. Diverse università europee sperimentano con successo la “flipped classroom”: teoria online, pratica in presenza. Gli studenti studiano sui dispositivi e utilizzano il tempo in aula per esercitarsi sotto supervisione.

Una startup londinese ha presentato CBT Trainer, app che simula pazienti virtuali per l’addestramento degli studenti, con conversazioni realistiche seguite da feedback automatizzato. Stanno inoltre nascendo strumenti per misurare oggettivamente le competenze terapeutiche.

Nel symposium sulle competenze terapeutiche coordinato da Jasmin Ghalib dell’University of Potsdam, Sven Alfonsson del Karolinska Institutet ha presentato la valutazione della Cognitive Therapy Scale Revised-4, mentre Jana Bommer della Trier University ha esplorato le prospettive dei terapeuti sulle competenze essenziali. Truls Ryum della Norwegian University of Science and Technology ha analizzato il ruolo della guided discovery, e Vickie Presley della Coventry University ha mostrato come i terapeuti sintetizzano sviluppo personale e professionale durante la formazione CBT.

Storie globali di resilienza e innovazione

Il congresso ha raccontato storie toccanti di innovazione dal mondo. Dixon Chibanda del Friendship Bench Zimbabwe ha presentato il progetto “Friendship Bench” – panchine dell’amicizia dove “mille nonne” offrono supporto psicologico nelle loro comunità, dimostrando che l’innovazione in salute mentale non è sempre tecnologica ma può nascere dalla saggezza tradizionale.

Agnieszka Popiel della SWPS University in Polonia ha affrontato la sfida complessa di fornire supporto psicologico durante crisi umanitarie in corso: come si fa terapia quando le bombe cadono ancora? Come si tratta il trauma quando il pericolo persiste?

La rete europea si rafforza

Una novità significativa è stata la formazione di un consorzio informale di servizi di psicoterapia europei. Nel symposium coordinato da Gabriele Caselli della Sigmund Freud University in Italia, David M Clark dell’University of Oxford ha presentato gli sviluppi nell’NHS Talking Therapies inglese. Robert Smith del Prompt Mental Health Care norvegese ha mostrato l’efficacia della versione norvegese dell’IAPT, mentre Jonathan Huppert della Hebrew University of Jerusalem ha condiviso le lezioni apprese dall’aumento dell’accesso ai trattamenti psicologici in Israele.

L’interesse verso modelli privati organizzati secondo standard elevati suggerisce un futuro con maggiore integrazione tra pubblico e privato, standard comuni e scambio di best practices.

Neuroscienze e meccanismi di cambiamento

Le neuroscienze forniscono nuovi strumenti per comprendere come funzionano gli interventi psicoterapeutici. Michelle Craske dell’University of California, Los Angeles, ha presentato come targettizzare i processi di minaccia e ricompensa nel trattamento di ansia e depressione.

Nel symposium sui meccanismi di cambiamento coordinato da Edward Watkins dell’University of Exeter, Katie Wood ha valutato strategie per ridurre il pensiero ripetitivo negativo, mentre Frances Meeten del King’s College London ha condotto uno studio di replicazione sulla modificazione dei bias attentivi. Henrietta Roberts dell’University of Exeter ha esplorato i meccanismi nella psicoterapia cognitivo-comportamentale focalizzata sulla ruminazione, e Julie Ji dell’University of Plymouth ha investigato il ruolo dello stile del self-talk.

Popolazioni specifiche e adattamenti culturali

Il congresso ha dedicato ampio spazio agli adattamenti per popolazioni specifiche. Nusrat Husain dell’University of Manchester ha parlato dell’adattamento culturale delle terapie psicologiche per le comunità di minoranze etniche.

Per le persone autistiche, Ann Ozsivadjian del King’s College London ha coordinato un symposium sulle prospettive degli utenti. Alex Wilson del Newcastle upon Tyne Hospitals NHS Foundation Trust ha esplorato l’esperienza degli adulti autistici con la CBT per l’ansia sociale, mentre Jiedi Lei dell’University of Oxford ha studiato l’accesso alla DBT per giovani autistici.

Ken Laidlaw dell’University of Exeter ha affrontato l’adattamento della CBT across la durata della vita con una prospettiva matura.

Le sfide irrisolte

Il congresso ha evidenziato tensioni irrisolte: la frammentazione della ricerca su popolazioni sempre più specifiche senza quadro teorico unificante; le questioni etiche delle tecnologie digitali; il problema dell’accesso equo mentre si sviluppano terapie sempre più sofisticate.

Come garantire che i progressi arrivino a chi ne ha più bisogno? Come mantenere l’aspetto umano della terapia in un mondo digitalizzato? Come adattare interventi occidentali a culture diverse? Come distinguere tra progressi reali e mode passeggere in un campo in rapida evoluzione?

Verso un futuro personalizzato

Il congresso ha restituito l’immagine di una disciplina in fermento che cerca di bilanciare tradizione e innovazione. Rory O’Connor dell’University of Glasgow ha affrontato la comprensione del rischio suicidario, mentre David Mataix-Cols del Karolinska Institute ha esplorato se la prevenzione del disturbo ossessivo-compulsivo possa diventare realtà.

Jessica Schleider della Northwestern University ha presentato gli interventi a sessione singola come “moonshot” per la salute mentale giovanile, dimostrando come approcci ultra-brevi possano essere efficaci.

L’aspetto più promettente è l’attenzione crescente alla personalizzazione: riconoscere che ogni persona è unica e merita un approccio su misura. Il vero cambiamento sembra essere nell’approccio – più flessibile, personalizzato, attento alle differenze individuali e culturali. Non una terapia standardizzata per tutti, ma una cassetta degli attrezzi ricca che permette di costruire interventi su misura.

In un mondo che spesso ci tratta come numeri o categorie, la psicoterapia sta andando nella direzione opposta: verso interventi sempre più umani e individualizzati, integrando il meglio della scienza moderna con la saggezza antica dell’ascolto e della comprensione reciproca.

Nel tardo pomeriggio del 6 settembre, mentre i delegati tornavano alle loro case, Glasgow li salutava con un raggio di sole non scontato in quei luoghi – buon auspicio per una disciplina che impara a navigare tra le certezze del passato e le promesse del futuro, senza perdere di vista l’obiettivo centrale: aiutare le persone a stare meglio.

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