L’ADHD come disturbo del neurosviluppo
L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo che ostacola il normale coordinamento di funzioni esecutive, controllo degli impulsi e attenzione, con un importante riflesso nella concentrazione, nella regolazione emotiva e nel comportamento (Barkeley, 1999). Anche la produzione dei neurotrasmettitori ne risulta influenzata, generando in particolare un deficit dopaminergico dagli effetti indubbiamente disfunzionali.
Il ruolo dello sport come agonista della dopamina
Studi recenti hanno evidenziato il ruolo primario svolto dalla dopamina nel controllo inibitorio che le aree frontali (motoria e premotoria) esercitano sul nucleo striato, impedendo stati di disregolazione emotiva e comportamentale (Castellanos, Lee, Sharp, 2002).
Nei soggetti con ADHD gli insufficienti livelli di dopamina sono integrabili mediante la soluzione farmacologica, che determina una riduzione del deficit e un parziale decremento del disagio. Ma non si tratta di una soluzione ottimale, soprattutto per gli effetti collaterali provocati dai farmaci e per lo stadio precoce nel quale gli stessi vengono prescritti (si tratta molto spesso di soggetti in età evolutiva).
Si è pertanto sempre più propensi ad integrare le terapia riabilitative attraverso strumenti che consentano di accrescere la produzione dopaminergica pur senza l’assunzione di farmaci: ad esempio lo svolgimento di una sana attività fisica aerobica, considerata in grado di aumentare i livelli di produzione di dopamina e di compensare, attraverso la stessa, le anomalie neurocerebrali collegate al disturbo (Best, 2010).
I risultati sono effettivi. Studi recenti hanno riscontrato, nei soggetti con ADHD, un innalzamento dei livelli di dopamina dopo una passeggiata effettuata in luoghi non urbani, da cui è derivata una sostanziale riduzione della disattenzione e del disagio emotivo ( Best, 2010).
Per quale motivo lo sport aiuta i soggetti con ADHD?
L’incremento delle funzioni catecolaminergiche ottenuto con l’attività fisica contribuisce a generare una riduzione dell’impulsività e dell’iperattività, un più elevato livello di attenzione e una migliore prestazione in alcuni compiti di funzione esecutiva (Chan, Jang e Ho, 2022; Sibbick, Boat, Sarkar, Groom e Cooper, 2022). La pratica di un’attività sportiva incrementa inoltre il senso di autoregolazione, pianificazione e organizzazione.
Alcune ricerche hanno dimostrato che un regolare esercizio fisico è in grado di incrementare la capacità di controllo motorio e regolazione emotiva, migliorando il livello dell’umore, del pensiero positivo e della gestione dello stress (Mandolesi, 2021; Choi et al., 2015); questo determina anche un più abile padroneggiamento delle emozioni negative spesso esperite dai soggetti ADHD a causa di uno svantaggioso confronto coi pari e di un contesto sociale non sempre inclusivo (Kiluk, Weden, e Culotta, 2009).
Avvertire una sorta di equilibrio psicofisico dopo il compimento di un’attività fisica incrementa il livello di autoefficacia e di capacità organizzativa, da cui il consolidarsi di autostima, fiducia nel Sé e nelle risorse individuali ( Ahmed, 2011; Cerrillo Urbina, 2021. In particolare, molti soggetti coinvolti dal disturbo evidenziano come lo svolgimento di una regolare attività fisica, li renda più lucidi e performanti anche nello studio, consentendo loro di raggiungere stati di concentrazione altrimenti impensabili (Ahmed, 2011). All’esercizio fisico vengono inoltre associati un miglioramento nella conduzione del sonno che, nel quadro clinico ADHD, è caratterizzato da un ritardo nell’addormentamento e nel risveglio spesso di difficile gestione (delayad sleep phase syndrome) (Waijszilber, Santiseban e Gruber, 2018).
L’importanza dell’attività sportiva
Sono sempre più numerosi i soggetti ADHD che dichiarano di aver trovato nella regolare pratica sportiva un fattore di beneficio psicofisico stabile e continuativo. Ed è proprio questo aspetto a rendere lo sport un’ancora di salvezza per molti individui che, malgrado la presenza del disturbo, sono riusciti ad intraprendere una vera e propria carriera agonistica.
Non c’è da stupirsi.
Lo sport offre un ambiente effettivamente ricco di stimoli in grado di rafforzare le funzioni esecutive, il sistema di ragionamento top down e il potenziamento delle funzioni corticali superiori; il tutto in maniera naturale e piacevole, che consente di sperimentare vissuti di ricompensa e gratificazione pur contenendoli all’interno di una cornice regolativa e disciplinante (Eime et al., 2013; Kulik, 2009).
La pratica di un’attività sportiva consente di entrare in uno stato di flow che, soprattutto durante la competizione, aiuta a rallentare la tensione e la pressione dell’arousal; in virtù di questo effetto si verifica un incremento della capacità di ragionamento e pensiero finalizzato, mentre un’implementazione delle risorse cognitive consente la rieducazione, il contenimento e persino un impiego più vantaggioso degli aspetti patologici (Eime et al., 2013; Cerrillo-Urbina, 2021).
In poche parole, caratteristiche del ADHD che nella vita quotidiana risultano ostative di un corretto funzionamento globale, in un contesto sportivo possono risultare proficue, in quanto favoriscano il raggiungimento del risultato o migliorano la qualità della prestazione ( Kulik, 2009; Parr, 2011; Schmidt, 2022). Tra questi:
- l’impulsività, che consente di prendere decisioni più rapide e reattive durante la prestazione;
- l’iperfocalizzazione, che permette di concentrarsi sul compito contingente, inibendo ogni stimolo distrattore;
- la difficoltà a mantenere la concentrazione che consente una prestazione più esaltante mettendo il soggetto sotto pressione. Si è infatti riscontrato come le prestazioni degli sportivi con ADHD siano più scadenti in contesti routinari, la cui ordinarietà non consente di raggiungere il livello di stimolazione e coinvolgimento necessari ad ottenere, con questi soggetti, perfomances di successo (Parr, 2011; Poysophon e Lao, 2018).
Quali sport praticare?
Vi sono alcune attività sportive le cui caratteristiche ben si conciliano con il quadro patologico dell’ADHD, contribuendo a smorzarne la disfunzionalità e a compensarne i deficit. Ad esempio gli sport di squadra, per il senso di responsabilità e la stimolazione sociale che infondono, gli sport in cui è possibile scaricare l’eccesso di attivazione e quelli che richiedono un livello elevato di regolazione dello stato di emotività e di capacità dell’attesa (Schmidt, 2022). Tra questi, come suggerito dalla review redatta da progetto AITA- onlus che si occupa del sostegno e della rieducazione per soggetti con disturbi del neurosviluppo- risultano particolarmente indicati i seguenti:
- il rugby, utile per incanalare l’energia aggressiva verso un contesto strutturato, potenziare l’orientamento spazio temporale e incrementare i livelli di interazione sociale attraverso comportamenti di correttezza e fairplay (Kang, 2011);
- le arti marziali, che potenziano competenze regolative quali tolleranza dell’attesa e della frustrazione, riflessione sugli agiti e rispetto dell’avversario (Hernandez-Reif, Field e Thimas, 2001);
- il nuoto, che aumenta la coordinazione motoria, l’autocontenimento e la regolazione emotiva: già 10 settimane di allenamenti in piscina contribuiscono alla diminuzione di comportamenti oppositivi e aggressivi, favorendo il controllo del sé (Pan, 2017);
- il basket, molto indicato per bambini in età scolare perché permette contribuisce all’apprendimento della coordinazione motoria, della pianificazione e della concentrazione focalizzata, necessarie per mettere a segno il canestro e ottenere il punto (O’ Connor, 2014);
- la ginnastica, i cui attrezzi, molto simili a quelli usati nelle sedute di psicomotricità, contribuiscono a ridurre il disturbo dell’elaborazione sensoriale, a potenziare la forza, l’equilibrio e la consapevolezza muscolare e a mantenere un elevato livello di concentrazione nell’esecuzione dei movimenti;
- l’equitazione, il cui vantaggio è legato alla possibilità di fare sport mentre ci si relaziona affettivamente con un altro essere vivente, del quale si imparano ad interpretare e a contenere le emozioni in una funzione sintonizzante; svolgere attività all’aperto può avere inoltre un effetto calmante e permette una migliore gestione del carico sensoriale (Pan et al., 2017).
ADHD e sport: la dovuta attenzione
È necessaria tuttavia una certa prudenza. In un contesto patologico come quello descritto dall’ADHD, sviluppare una condotta di dipendenza (exercise addiction) può rivelarsi altamente probabile. Soprattutto considerati due fattori tipici del disturbo quali la delay adversion, che impone la ricerca di sensazioni di benessere salienti ed immediate, e la sensation seeking nota come la necessità di andare alla ricerca di stimoli sempre più nuovi ed eccitanti per sentirsi gratificati. L’attività sportiva deve essere praticata all’interno di un regolare training riabilitativo, nei modi e nei tempi dallo stesso stabiliti.
Sarà per questo necessario assumere una serie di condotte prudenziali perché lo sport non diventi fonte di pratiche indiscriminate e compulsive, da cui l’annullamento di ogni effetto terapeutico. Tra queste vediamo:
- Evitare l’organizzazione di allenamenti squilibrati o non adatti alla condizione psicofisica individuale;
- Iniziare con una tempistica piuttosto breve (ad esempio un quarto d’ora di allenamento) per poi accrescere la durata secondo le esigenze e le rispettive possibilità;
- Gestire i tempi senza strafare: 10 – 20 minuti di esercizi ad intensità medio alta sembrano già in grado di migliorare il controllo inibitorio, mentre 60 – 80 minuti di esercizio moderatamente intenso sono in grado di beneficiare l’attenzione selettiva;
- Prevedere, almeno all’inizio, la somministrazione di rinforzi intrinseci- simbolici o sociali- considerati in grado di aumentare la motivazione alla pratica sportiva;
- Prevenire il rischio di interruzioni e improvvisi abbandoni dell’attività, dovuti a fluttuazioni di impegno e interesse tipiche del disturbo;
- Inserire l’attività fisica in un contesto di terapia occupazionale che sia in grado di sfruttare gli spazi della giornata in una modalità più produttiva, evitando stati disforici e di noia;
- Fare attenzione al numero di attività praticate, non sempre standardizzabili. È stato ad esempio provato come, soggetti con ADHD che svolgono tre attività sportive regolari, presentino livelli di ansia e depressione inferiore a quelli che praticano un numero minore di sport, mentre per altri soggetti è opportuno dedicarsi ad un numero più ridotto di attività per evitare sovrastimolazioni sensoriali e cognitive (Valentini, Toniolo 2009; Kiluk, Weden, e Culotta, 2009).
- Organizzare un’attività sportiva in linea con le risorse psicoindividuali e ambientali, in modo da garantire il raggiungimento di risultati duraturi e uno stabile miglioramento della qualità della vita.
Lo sport come “stile di vita”
Lo sport consente di entrare in contatto con le proprie emozioni, anche profonde e intense, pur contenendone il flusso, e di incanalare l’attivazione in una direzione controllata evitando le disregolazioni.
Lo sport aiuta ad entrare in contatto con un contesto in cui la gratificazione e i suoi effetti vengono regolati all’interno di un cornice contenitiva che favorisce l’attenzione e la concentrazione, rendendo la regola non solo accettabile, ma fondamentale.
I benefici dell’attività sportiva costituiscono per questo un’occasione di scoperta ed inclusione attraverso cui è possibile limitare lo stereotipo dell’ADHD e dei suoi effetti. Se ne auspica dunque l’impiego all’interno di qualsiasi programma di riabilitazione ad hoc, non solo per gli importanti effetti terapeutici che ne conseguono a livello biologico – uno su tutti l’incremento di dopamina- ma soprattutto per implementare l’autostima, l’autocontrollo e la consapevolezza del Sé globale, orientando in una direzione di crescita le risorse psicofisiche individuali. Nel breve e nel lungo termine.