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Fattori psicologici e scelte alimentari: cosa ci spinge a scegliere cosa, quando e quanto mangiare?

Studi recenti hanno dimostrato che alcuni fattori psicologici ricoprono un ruolo centrale nel determinare le scelte alimentari

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Martina Gori, Giulia Onida

Pubblicato il 19 Nov. 2025

Le scelte alimentari: un intreccio tra psicologia e cultura

Le scelte alimentari rappresentano un fenomeno complesso, influenzato da una molteplicità di fattori psicologici, culturali ed economici. Se in passato la selezione degli alimenti era guidata principalmente dalla disponibilità di risorse e dalla necessità di sopravvivenza, oggi le preferenze alimentari sono modellate da aspetti individuali, come il gusto, la convenienza e la percezione della salute. L’industrializzazione e la globalizzazione hanno ampliato l’accesso a un’ampia varietà di prodotti alimentari, determinando cambiamenti significativi nei comportamenti alimentari. Tuttavia, queste trasformazioni hanno portato con sé anche sfide: i motivi alla base delle scelte alimentari non sempre corrispondono alle esigenze nutrizionali del nostro organismo, e ciò può facilitare la diffusione di abitudini alimentari poco salutari, spesso associate a fattori psicologici e sociali (Babicz-Zielińska, 2006; Sharma & Nagar, 2020). Comprendere il ruolo della psicologia nelle scelte alimentari diventa quindi cruciale per promuovere comportamenti alimentari più consapevoli e salutari.

Fattori psicologici e scelte alimentari

Le scelte alimentari non sono guidate esclusivamente da necessità fisiologiche, ma sono influenzate da una complessa interazione di fattori psicologici, sociali ed economici. Numerosi studi hanno dimostrato come i sintomi depressivi possano incidere sulla qualità della dieta e sulla preferenza per alimenti ad alta densità energetica. Ad esempio, Grossniklaus et al. (2010) hanno evidenziato che negli adulti lavoratori in sovrappeso la presenza di sintomi depressivi è associata a un incremento del consumo di cibi e bevande poco nutrienti e ad alto contenuto calorico, indipendentemente da fattori demografici ed economici; ad esempio, tali soggetti assumono maggiormente grassi saturi e in modo inferiore verdura, frutta, proteine, fibre, latticini a basso contenuto di grassi, contrariamente a quanto raccomandato (Grossniklaus et al., 2010). I sintomi depressivi sono associati ad un aumento dell’appetito, ad un’eccessiva assunzione di cibo e alcol, alla preferenza per cibi ricchi di grassi e carboidrati e ad un  indice di massa corporea più elevato nelle donne (Benton, 2002; Strine et al., 2008). Una grave depressione può rendere difficile, agli individui che ne soffrono, seguire delle raccomandazioni dietetiche (Ciechanowski et al., 2003). Inoltre, lo stress derivante da uno stile di vita frenetico e dalle  elevate richieste ambientali (Grossniklaus et al., 2010), può precipitare o esacerbare i sintomi depressivi, facilitando comportamenti alimentari non salutari (Bale, 2006).

Oltre alla depressione, anche altri aspetti psicologici, come le motivazioni personali, le emozioni e gli atteggiamenti nei confronti del cibo, svolgono un ruolo significativo.

Relativamente alle emozioni, Babicz-Zielińska (2006) ha analizzato come il cibo venga spesso scelto non solo per il suo valore nutrizionale, ma anche per la sua capacità di fornire conforto emotivo in risposta a stress, ansia o stati d’animo negativi. Le emozioni a valenza negativa possono portare alcune persone ad avere meno appetito e ad assumere una minore quantità di cibo, mentre altri soggetti tendono ad avere un maggiore appetito e a mangiare di più; questa relazione tra stato emotivo e appetito si osserva soprattutto nelle donne  (Babicz-Zielińska, 2006). La rabbia, la paura e la tristezza sono connesse al mangiare nel tentativo di distrarsi, rilassarsi o sentirsi meglio (Macht & Simons, 2000); l’ansia e la noia sono associate al consumo di cibi non salutari e la noia può essere legata anche ad un aumento dell’assunzione di cibo (Babicz-Zielińska, 2006). Le persone tendono a scegliere di mangiare i dolci in caso di rabbia, dolore, noia e stress, ma anche in caso di vissuti positivi come gioia e sentimenti di amore (Babicz-Zielińska, 2006). In caso di sentimenti positivi come la fiducia in se stessi, la scelta ricade su cibi sani (Babicz-Zielińska, 2006).

Relativamente alle motivazioni personali, esse dirigono il comportamento del consumatore in base alle proprie necessità e a ciò che è rilevante per lui (Babicz-Zielińska, 2006; Sharma & Nagar, 2020). La salute sembra essere una delle motivazioni più importanti: le persone sempre di più mostrano una preferenza per cibo biologico  o alimenti salutari, in quanto ricchi di vitamine e minerali, senza ingredienti artificiali o nocivi per la salute umana, con l’obiettivo di mantenere o migliorare il proprio stato di salute (Sharma & Nagar, 2020). Tuttavia, questa motivazione a mangiare cibo sano può portare alcuni individui a sviluppare l’ortoressia nervosa, una condizione patologica per cui si eliminano determinati alimenti dalla propria dieta perché considerati biologicamente non puri, ovvero contenenti pesticidi, erbicidi o sostanze artificiali (Catalina Zamora et al., 2005). Inoltre, Johnstone e Stephen (2020) hanno sottolineato come fattori come la facilità di preparazione e l’influenza ambientale possano determinare le scelte alimentari quotidiane. Ad esempio, in contesti alimentari poco salutari, dove vi è una vasta disponibilità di cibi ipercalorici e altamente processati, il mantenimento di un equilibrio energetico diventa più difficile, con conseguenze sulla regolazione dell’appetito e sul peso corporeo. Un altro fattore motivazionale è il controllo del peso corporeo, per cui gli individui sono più preoccupati e attenti al consumo di calorie e al mantenimento del proprio peso (Sharma & Nagar, 2020). Un’altra motivazione è l’attrattiva sensoriale dei prodotti alimentari: a volte un alimento non viene scelto perché viene percepito come sgradevole per una sua caratteristica sensoriale, e solitamente tale scelta si basa su precedenti esperienze (Sharma & Nagar, 2020). Secondo Razali et al. (2014), tra i giovani adulti, le scelte alimentari sono influenzate da variabili socio-economiche, pubblicità e dinamiche di gruppo, evidenziando la necessità di strategie educative per promuovere scelte alimentari più salutari. Infatti, la scelta alimentare è influenzata anche dal prezzo del cibo: il prezzo può diventare un ostacolo nell’acquisto per gli individui a basso reddito, i quali tendono di più a comprare prodotti alimentari ad alto contenuto energetico e basso contenuto nutrizionale, poiché meno costosi e in grado di saziare di più (Andrieu et al., 2006; Sharma & Nagar, 2020). La scelta di un cibo piuttosto che un altro può essere determinata anche da motivazioni etiche e ambientaliste: gli individui possono impegnarsi nel consumare alimenti che non danneggiano l’ambiente e la società, come il cibo biologico (Harper & Makatouni, 2002).

Per quanto riguarda gli atteggiamenti, il comportamento alimentare può essere influenzato dalla familiarità e dalla neofobia alimentare, ovvero la tendenza a evitare cibi nuovi o sconosciuti, un atteggiamento particolarmente evidente nei bambini e nelle persone con una bassa esposizione a diverse tipologie di alimenti (Razali et al., 2014). La neofobia è, in realtà, presente in tutti gli animali, una risposta che nasce dal pericolo di assunzione di alimenti tossici e che li porta a preferire i cibi familiari e ad approcciarsi ai cibi nuovi con estrema cautela (Babicz-Zielińska, 2006). La neofobia tende a diminuire con l’aumento del grado di istruzione e di urbanizzazione (Tuorila et al., 2001). Inoltre, le persone sono sempre più interessate a consumare cibo biologico ed ecologico in quanto lo considerano sano, sostenibile per l’ambiente, di sapore migliore e più nutriente rispetto al cibo convenzionale (Saba & Messina,2003).

Questi elementi dimostrano come la psicologia giochi un ruolo centrale nel comportamento alimentare e suggeriscono che interventi mirati possano favorire un rapporto più consapevole con il cibo e un miglioramento della salute complessiva.

Acquisire consapevolezza sull’alimentazione con la terapia cognitivo comportamentale

Molte persone hanno una scarsa consapevolezza delle proprie abitudini alimentari e addirittura un rapporto conflittuale con il cibo. A molti individui, ad esempio, capita di mangiare troppo e dopo sentirsi in colpa e provare vergogna. Il cibo dovrebbe semplicemente nutrire il nostro corpo e farci sentire bene, ma il nostro rapporto con esso può influenzare il nostro benessere. Secondo la psicologa Susan Albers – della Cleveland Clinic Health Essentials – è fondamentale comprendere cosa determina le nostre scelte alimentari, così che una maggiore consapevolezza possa aiutarci a migliorare il modo in cui ci rapportiamo con l’alimentazione. Cambiare abitudini alimentari radicate e disfunzionali, oltre al migliorare il rapporto col cibo, può portare vantaggi in termini di salute, facilità nei movimenti, maggiore energia e immagine corporea migliorata. Uno dei trattamenti di elezione per queste problematiche è la terapia cognitivo comportamentale: con essa, ad esempio, viene valutata la motivazione al cambiamento di pensieri e comportamenti legati all’alimentazione, viene insegnato l’automonitoraggio, che consente di diventare più consapevoli su ciò che ci spinge a mangiare in un dato momento e ad essere più attenti alla scelta e porzioni alimentari, oppure viene insegnato a sostituire il cibo, spesso usato per la gestione emotiva, con alternative più funzionali. La terapia cognitivo comportamentale sottolinea l’importanza dei pensieri: il modo in cui pensiamo al cibo può compromettere l’impegno a mangiare più sano e influenzare il peso corporeo. Un pensiero disfunzionale come “Ora che ho perso peso, posso tornare a mangiare quello che voglio” può essere sostituito con pensieri più funzionali come “Ho davvero fame o è solo una voglia? Aspetterò di vedere se questa sensazione passa”, i quali ci consentono di imparare a fare scelte alimentari più sane e consapevoli (Cleveland Clinic Health Essentials, 2024).

Riferimenti Bibliografici
  • Andrieu, E., Darmon, N., & Drewnowski, A. (2006). Low-cost diets: More energy, fewer nutrients. European Journal of Clinical Nutrition, 60(3), 434–436. 
  • Babicz-Zielińska, E. (2006). Role of psychological factors in food choice – A review. Polish Journal of Food and Nutrition Sciences, 15(1), 1-9.
  • Bale, T. L. (2006). Stress sensitivity and the development of affective disorders. Hormones and Behavior, 50(4), 529–533. 
  • Benton, D. (2002). Carbohydrate ingestion, blood glucose and mood. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 26(3), 293–308. 
  • Catalina Zamora, M. L., Bote Bonaechea, B., García Sánchez, F., & Ríos Rial, B. (2005). Orthorexia nervosa. A new eating behavior disorder?. Actas Españolas De Psiquiatría, 33(1), 66–68. 
  • Ciechanowski, P. S., Katon, W. J., Russo, J. E., & Hirsch, I. B. (2003). The relationship of depressive symptoms to symptom reporting, self-care and glucose control in diabetes. General Hospital Psychiatry, 25(4), 246–252. 
  • Cleveland Clinic Health Essentials. (2024). The Importance of Understanding Your Eating Habits
  • Grossniklaus, D. A., Dunbar, S. B., Tohill, B. C., Gary, R., Higgins, M. K., & Frediani, J. (2010). Psychological factors are important correlates of dietary pattern in overweight adults. The Journal of cardiovascular nursing, 25(6), 450–460. 
  • Harper, G. C., & Makatouni, A. (2002). Consumer perception of organic food production and farm animal welfare. British Food Journal, 104(3/4/5), 287–299. 
  • Johnstone, A. M., & Stephen, S. (2020). Energy balance: impact of physiology and psychology on food choice and eating behavior. In Elsevier eBooks (pp. 143–158). 
  • Razali, M. A., Zainol, N., Rezo, K. H., Tazijan, F., Ahmad, M., Rahim, S., & Nordin, N. (2014). Psychological factors affecting universities’ students food choice. SSRN Electronic Journal.
  • Saba, A., & Messina, F. (2003). Attitudes towards organic foods and risk/benefit perception associated with pesticides. Food Quality and Preference, 14(8), 637–645. 
  • Sharma, J., & Nagar, L. (2020). ANALYSIS OF PSYCHOLOGICAL FACTORS FOR FOOD CHOICE & EATING BEHAVIOUR- A REVIEW. International Journal of Research and Analytical Reviews, 7(2).
  • Strine, T. W., Mokdad, A. H., Dube, S. R., Balluz, L. S., Gonzalez, O., Berry, J. T., Manderscheid, R., & Kroenke, K. (2008). The association of depression and anxiety with obesity and unhealthy behaviors among community-dwelling US adults. General Hospital Psychiatry, 30(2), 127–137. 
  • Tuorila, H., Lähteenmäki, L., Pohjalainen, L., & Lotti, L. (2001). Food neophobia among the Finns and related responses to familiar and unfamiliar foods. Food Quality and Preference, 12(1), 29–37. 
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