Il bordo, scomodo, insicuro, tremante, non esplora tutte le dimensioni dello spazio ed è in balia delle pulsioni, infarcito di emozioni incontrollate.
Il bordo delimita,
il bordo confina,
il bordo si abita.
Ma perché tracciare queste linee? Perché abitare un confine? Al di qua e al di là, cosa e chi esistono? Quale sarebbe il lato giusto verso cui orientarsi? Cosa frena dall’andare oltre o tornare indietro?
Neri esplora il bordo tramite due storie metaforiche dispiegate in forma di racconti. Quel bordo che non è solo una metafora, per quanto siano potenti una metafora spaziale o l’uso delle metafore nella metafora, quel bordo che è la vita di tante persone a cui non è concesso di superarlo.
Il bordo, scomodo, insicuro, tremante, non esplora tutte le dimensioni dello spazio ed è in balia delle pulsioni, infarcito di emozioni incontrollate, nell’impossibilità di rispecchiarsi in chi è al di qua o al di là di esso. I buoni e i cattivi, la luce e l’ombra, sono tutti separati da una linea, non esiste la terra di mezzo, come la diga non permette al fiume di immettersi in mare. E la norma non concede di abitare un non-luogo. I normali sono tutti da una parte o dall’altra, a giudicare l’imputato che vive sul filo, a imbastire un salvifico tiro alla fune. Il rischio è lo svuotamento.
Al di fuori dell’aula di tribunale, l’incontro profondamente sincero con l’altro, diventa la spinta verso il bordo-vissuto. Il transito diventa terra.
Gli eroi non sono quelli che superano i confini? E come chiamare allora chi ci rimane incastrato?