La stigmatizzazione interiorizzata dei disturbi mentali ha un impatto negativo sul funzionamento dei soggetti con tali diagnosi e sulla loro qualità di vita.
La stigmatizzazione che provano gli individui con una o più psicopatologie verso sé stessi, si riferisce all’interiorizzazione di percezioni sociali negative che, inserite in un contesto socio-culturale (Livingston & Boyd, 2010), portano gli individui con malattie mentali a provare sentimenti di autosvalutazione, depressione e mancanza di motivazione (Boyd et al., 2014). Inoltre, l’auto-stigmatizzazione risulta avere un impatto anche sul funzionamento sociale e lavorativo degli individui, essendo associata ad una diminuzione del reddito, ad una minor aderenza ai trattamenti psichiatrici e ad una maggiore gravità dei sintomi psicopatologici (Livingston & Boyd, 2010).
La stigmatizzazione del disturbo borderline di personalità
Il disturbo borderline di personalità, nonostante i numerosi studi evidence-based (National Collaborating Centre for Mental Health, 2009) a conferma della remissione sintomatologica dopo il trattamento, è ancora associato ad una forte stigmatizzazione, anche tra gli individui che svolgono professioni riguardanti la salute mentale. Infatti, gli episodi di rabbia intensa e la grande difficoltà nell’instaurare una relazione terapeutica con questi pazienti, possono portare i professionisti a provare sentimenti di frustrazione e di impotenza che favoriscono i giudizi ed i pregiudizi verso gli individui con questo disturbo (Bodner et al., 2015; Sansone & Sansone, 2013).
Anche a livello pubblico e familiare è presente una marcata stigmatizzazione; è frequente il giudizio dei familiari nei confronti dei parenti con diagnosi di disturbo borderline e in ambito lavorativo, infatti i dati suggeriscono che spesso gli individui con questo disturbo siano disoccupati (Sheehan et al., 2016).
Inoltre, nelle persone con questa diagnosi è evidente l’interiorizzazione della stigmatizzazione, che si riflette come giudizio verso il loro stesso comportamento o disagio; questo conseguentemente aumenta le visione negativa della personalità degli individui, influenzandone l’autostima, l’adesione al trattamento ed il funzionamento globale (Rüsch et al., 2006).
La stigmatizzazione del disturbo bipolare
Anche i pazienti con diagnosi di disturbo bipolare riferiscono spesso di sentirsi giudicati sul posto di lavoro e nella loro rete sociale; questo è stato associato principalmente ad una mancanza di conoscenza della malattia (Hawke et al., 2013). D’altra parte, solo recentemente a livello mediatico sono aumentati i film, le serie tv e le dichiarazioni da parte di personaggi pubblici che riportano la diagnosi, che sembrano essere associati anche ad un cambiamento culturale nei confronti della stigmatizzazione di questo disturbo. Infatti, attualmente, le persone con disturbo bipolare sono spesso descritte come artistiche e produttive ed alcuni studi suggeriscono addirittura la speranza da parte di alcune persone di ricevere questa diagnosi (Bonnington & Rose, 2014). Nonostante questo una revisione condotta nel 2013 (Ellison et al., 2013) ha rilevato una moderata auto-stigmatizzazione negli individui con diagnosi bipolare, associata ad un’alterazione dell’identità e ad un maggior senso di impotenza e di isolamento sociale.
La stigmatizzazione nel disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività
Gli individui con disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD), fin da bambini possono essere esposti a discriminazioni per via dei loro comportamenti impulsivi e delle difficoltà attentive (Fuermaier et al., 2012); il rifiuto sociale, assieme alle difficoltà scolastiche a cui possono andare incontro, possono impattare notevolmente sull’autostima e sullo stigma interiorizzato degli individui che soffrono di ADHD.
A livello clinico, per via del numero di sintomi simili (impulsività, cambiamento umorale repentino, disregolazione emotiva, comportamenti a rischio) è comune che le diagnosi di bipolarismo, disturbo borderline di personalità e ADHD vengano confuse dai professionisti. Uno studio che ha analizzato la diagnosi di 57 individui ha riportato che circa il 40% dei pazienti con disturbo borderline era stato erroneamente diagnosticato con disturbo bipolare (Carpiniello et al., 2011).
Lo studio
L’articolo di Quenneville et al. pubblicato nel 2019 (Quenneville et al., 2019) ha avuto come scopo quello di analizzare la stigmatizzazione interiorizzata di individui con disturbo bipolare, disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività e disturbo borderline di personalità.
Attraverso la valutazione di 244 pazienti, reclutati presso un centro di psichiatrico specializzato, lo studio ha osservato che i pazienti con diagnosi borderline di personalità sono risultati essere quelli con il livello di stigma interiorizzato maggiore; questo potrebbe essere dovuto dal fatto che gli individui con questo disturbo mostrano dei bias cognitivi nella valutazione delle espressioni facciali che li portano ad attribuire erroneamente emozioni negative ad espressioni facciali neutrali (Mitchell et al., 2014). Questo, in aggiunta alla visione sociale negativa attribuita al disturbo borderline di personalità, contribuisce all’auto-stigmatizzazione inducendo ipervigilanza per i segnali di rifiuto o di critica (Gunderson & Links, 2008).
Inoltre, i pazienti con diagnosi di bipolarismo, rispetto a quelli con ADHD, dallo studio (Quenneville et al., 2019) sembravano mostrare maggiori livelli di auto-stigmatizzazione nelle sottoscale di discriminazione percepita e ritiro scoiale, che a loro volta si sono visti essere collegati a maggior disoccupazione.
In una revisione sistematica (Latalova et al., 2014), l’imbarazzo nel cercare aiuto e l’auto-giudizio si sono dimostrati essere i due fattori maggiormente collegati ad una mancanza di ricerca di assistenza, mentre gli alti livelli di stigma interiorizzato sono stati associati al suicidio o al tentato suicido.
I risultati dello studio (Quenneville et al., 2019), a conferma dell’impatto negativo dell’auto-stigmatizzazione sul funzionamento globale degli individui con malattie mentali, hanno mostrato una relazione con minori livelli di qualità di vita. Inoltre, la discriminazione percepita si è vista essere associata a maggior disoccupazione e isolazione sociale per tutti e tre i disturbi.
Il gruppo di soggetti che ha riportato i minori livelli di auto-stigmatizzazione si è visto essere quello dei pazienti con ADHD; questo potrebbe essere dovuto dal fatto che a livello clinico e sociale l’ADHD risulta essere un disturbo del neurosviluppo ampiamente conosciuto da insegnanti, genitori e opinione pubblica ed esistono programmi di intervento efficienti per le persone con questa diagnosi (Quenneville et al., 2019).
Considerazioni conclusive
In conclusione, considerando che l’auto-stigmatizzazione contribuisce a differenti aspetti negativi quali l’adesione ai trattamenti (Livingston & Boyd, 2010), sarebbero necessari maggiori studi riguardo agli interventi mirati alla riduzione dello stigma verso loro stessi degli individui con psicopatologie.
I professionisti, inoltre, dovrebbero affrontare questa tematica con i pazienti e cercare di ricorrere alla psicoeducazione e sensibilizzare alla tematica anche i parenti e le equipe mediche per limitare i pregiudizi nei confronti di determinate psicopatologie.