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U.S.A.: La rivincita della psicoterapia online?

L’arrivo della pandemia ha portato le istituzioni a confrontarsi con la necessità di effettuare la psicoterapia online, prima poco utilizzata

Di Valentina Davi

Pubblicato il 02 Lug. 2020

In tempi di pandemia la parola d’ordine è online: se puoi fare qualcosa a distanza, falla a distanza! Smart working, spesa online, videolezioni, ginnastica, sessioni di laurea, corsi, convegni, eventi… un’infinità di attività ha traslocato sul web. Tra queste anche la psicoterapia.

 

Durante la fase di lockdown le sedute online hanno preso il posto di quelle in presenza fisica (“lontani, ma vicini”), regalando agli addetti ai lavori accesi dibattiti e spunti di riflessione su opportunità, vantaggi, svantaggi, efficacia di tale modalità. Sebbene la psicoterapia online non sia certo una novità, sembra però essere considerata una supplente della psicoterapia in presenza, più che una sua vera e propria alternativa.

A tal proposito è interessante gettare uno sguardo oltreoceano e leggere l’articolo di Olga Khazan pubblicato sul The Atlantic sul perché negli USA la psicoterapia online non abbia mai preso veramente piede. Un sondaggio americano del 2018 ha rilevato infatti che meno della metà dei terapeuti eroga prestazioni psicologiche in teleterapia e di questi la maggior parte predilige il telefono o l’email rispetto alla modalità di videochiamata. Come mai? Principalmente per due motivi.

In primo luogo, non sempre è previsto un rimborso da parte delle assicurazioni per la terapia a distanza oppure, se previsto, il rimborso è minore rispetto a quello per una terapia in presenza; pertanto ai terapeuti che lavorano in convenzione con le assicurazioni spesso la psicoterapia online non è economicamente conveniente.

In secondo luogo, la psicoterapia online implica l’utilizzo di strumenti o piattaforme come Zoom o Skype, vulnerabili dal punto di vista di sicurezza e privacy; il rischio è alto: infrangere l’Health Insurance Portability and Accountability Act (HIPAA), la legge federale che regola e tutela la riservatezza delle informazioni sanitarie.

L’arrivo della pandemia, e il conseguente lockdown, ha però sparigliato le carte in tavola, costringendo non solo i terapeuti, ma soprattutto le istituzioni a confrontarsi con la necessità di un cambiamento rapido, immediato, non più procrastinabile, per non lasciare migliaia di pazienti senza sostegno psicologico. Pertanto il Centers for Medicare & Medicaid Services (CMS), l’agenzia federale che sovrintende i programmi di assistenza sanitaria Medicare e Medicaid finanziati dal governo americano, ha rassicurato che, alla luce dell’emergenza Covid-19, avrebbe considerato e rimborsato le sedute di teleterapia al pari di quelle in presenza; a ruota, importanti compagnie assicurative private ne hanno seguito l’esempio. Inoltre il Governo federale in una nota pubblicata a marzo ha dato il via libera alle prestazioni sanitarie erogate tramite l’utilizzo di strumenti popolari di videoconference gratuiti (es. FaceTime, Zoom, Skype…) anche se non soddisfano pienamente i requisiti previsti dalla HIPAA, senza il rischio di incorrere in sanzioni; resta proibito, comprensibilmente, l’utilizzo di app pubbliche come Facebook Live, Twitch, TikTok e simili.

Sebbene queste misure pare siano temporanee, la speranza è che anche al termine dell’emergenza sanitaria rimangano in essere, così da poter offrire ai pazienti, a parità di efficacia, maggiori opzioni tra cui scegliere la modalità di psicoterapia più adatta alle proprie esigenze ovunque si trovino.

 


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Valentina Davi
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