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Covid-19: i disturbi del sonno durante i periodi critici della pandemia

La pandemia da Covid-19 ha portato a numerose modificazioni nella vita quotidiana, soprattutto a causa del lockdown, quali sono stati gli effetti sul sonno?

Di Marianna Lucibello

Pubblicato il 11 Apr. 2023

Diversi studi hanno indagato gli effetti della pandemia a livello del sonno, soffermandosi sull’insorgenza di disturbi nel sonno in soggetti con e senza pregresse difficoltà in questa sfera.

 

 Un terzo della vita umana viene trascorso dormendo, il sonno è perciò fondamentale per la nostra salute, ma anche per l’acquisizione di conoscenze, per lo sviluppo di idee e per il consolidamento della memoria (IRCSS HUMANITAS, 2016). Il tempo di riposo necessario per un individuo varia a seconda dell’età e dello stato di salute: i bambini e gli adolescenti hanno bisogno di circa 9-10 ore di riposo, mentre gli adulti di 7-8. A breve termine, la deprivazione può portare a conseguenze lievi, come un aumento dell’irritabilità, difficoltà di apprendimento, difficoltà nel prendere decisioni e di problem solving; mentre a lungo termine può causare ipertensione, obesità, diabete, ictus e infarto (Alhola & Polo-Kantola, 2007). La deprivazione prolungata è anche un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi come ansia e depressione, e invecchiamento precoce del sistema nervoso (Healthline, 2020).

Cambiamenti nelle abitudini del sonno tra il 2020 e il 2021

La pandemia causata dal Covid-19 ha portato a numerose modificazioni nella vita quotidiana, specialmente a causa del lockdown e ha avuto un forte impatto sulla salute degli individui. Una delle aree maggiormente colpite è quella del sonno. A tal proposito, nel 2020 Jahrami e colleghi hanno condotto una revisione sistematica della letteratura per valutare l’impatto e la prevalenza dei disturbi del sonno tra tre categorie di persone: popolazione generale, pazienti affetti dal Covid-19 e operatori sanitari.

Gli autori hanno esaminato 44 studi, coinvolgenti in tutto 54231 partecipanti distribuiti in 13 Paesi (Australia, Bahrain, Canada, Cina, Francia, Germania, Grecia, India, Iraq, Italia, Messico, Spagna e Stati Uniti).

I risultati hanno mostrato che i pazienti affetti da Covid-19 avevano le percentuali più alte di problemi del sonno (75%), mentre gli operatori sanitari e la popolazione generale avevano ottenuto rispettivamente il 36% e il 32%.

Tenendo conto di questi risultati, Sun e colleghi (2020) si sono concentrati sulle conseguenze della pandemia sui pattern del sonno tra gli infermieri: utilizzando un approccio fenomenologico, hanno condotto interviste faccia-a-faccia o telefoniche con 20 infermieri che lavoravano con pazienti affetti da Covid-19. I risultati hanno mostrato un aumento del 9% dell’affaticamento e della sonnolenza, in particolare tra gli operatori sanitari di genere femminile (Yifan et al., 2020).

Per quanto riguarda l’aumento dei disturbi del sonno in questo periodo specifico, Javaheri e Javaheri (2020), dopo aver osservato le tendenze emergenti relative alla salute del sonno dei loro pazienti, hanno ipotizzato una diffusione universale della problematica: hanno osservato una maggiore difficoltà ad addormentarsi e a rimanere addormentati tra i loro pazienti con o senza precedenti di insonnia.

Questi cambiamenti potrebbero essere ricondotti a una serie di ragioni, come l’aumento dei livelli di ansia, l’uso di caffeina, il consumo di alcol e l’esposizione alla luce blu causata dall’aumento del tempo trascorso sullo schermo. È stato osservato come il lockdown abbia provocato alterazioni nei ritmi circadiani, causando principalmente un ritardo dell’orario di coricamento; infatti, molti dei pazienti considerati da Javaheri e Javaheri nel loro studio (2020), hanno ritardato di due ore l’addormentamento (dalle 22 alla mezzanotte) e di una o due l’ora della sveglia (dalle 6-7 alle 8-9): questo fenomeno, che può sfociare in un vero e proprio disturbo, viene solitamente definito “sindrome della fase del sonno”.

Inoltre, è stato osservato un aumento del sonnellino diurno e un aumento del consumo di alcol, che, oltre ai suoi effetti negativi comunemente noti, può anche causare il peggioramento dell’apnea ostruttiva del sonno, l’insonnia durante la seconda metà della notte e una diminuzione del sonno REM (Ebrahim et al., 2013).

 Come previsto da Javaheri e Javaheri, l’aumento dei disturbi del sonno si è diffuso ampiamente in molti Paesi. Durante le prime due settimane di isolamento (marzo 2020) Casagrande e colleghi (2020) hanno condotto un sondaggio online, in cui partecipanti hanno riportato una scarsa qualità del sonno nel 57% dei casi. Analogamente, Cellini e colleghi (2020) hanno osservato un aumento dei disturbi del sonno e dell’insonnia: hanno riferito che la qualità del sonno è stata alterata a causa dei cambiamenti nelle abitudini dovuti al confinamento in casa, in particolare se combinata con alti livelli di stress, sintomi ansiosi e depressivi. Anche Salfi e colleghi (2020) hanno sottolineato che la popolazione italiana ha mostrato disturbi del sonno evidenti dopo il lockdown per via degli alti livelli di stress.

Uno studio comparativo tra Italia e Belgio condotto da Cellini e colleghi (2021) ha indagato le conseguenze della pandemia sulle caratteristiche del sonno, in particolare sui tempi e sulla qualità soggettiva. Ai partecipanti è stato chiesto di fornire informazioni sulla qualità del sonno percepita e sulle modalità di addormentamento, durante e prima della pandemia attraverso un sondaggio online. Come per i pazienti di Javaheri e Javaheri (2020), i partecipanti hanno riferito un ritardo nei tempi di coricamento, un aumento del tempo trascorso a letto e una compromissione della qualità del sonno durante l’isolamento. I ricercatori hanno anche riferito che le donne, le persone con umore negativo e quelle fortemente stressate dalla pandemia sono apparse le categorie più vulnerabili, ma le due popolazioni differiscono nei sottogruppi. Infatti, la qualità e i tempi del sonno dei disoccupati italiani erano profondamente cambiati, mentre i disoccupati belga erano stati meno colpiti dalle restrizioni (Cellini et al., 2021).

Infine, Marelli e colleghi (2021) hanno condotto una ricerca su 400 soggetti, di cui 307 studenti universitari e 93 lavoratori dell’amministrazione universitaria. I risultati hanno mostrato che l’impatto del confinamento obbligatorio fosse più significativo negli studenti che nei lavoratori e che le femmine fossero la popolazione maggiormente colpita. I ricercatori hanno anche evidenziato un aumento nell’orario di coricamento, della latenza del sonno e del tempo trascorso in veglia, con un peggioramento generale della qualità del sonno. In particolare, i lavoratori hanno mostrato un aumento del mantenimento dell’insonnia, mentre gli studenti hanno registrato tassi più elevati di ritardo nel coricamento e di tempo trascorso svegli. In più, il 27,8% dei partecipanti ha mostrato sintomi depressivi e il 34% ha riportato alti livelli di ansia, soprattutto tra gli studenti.

Inoltre, Martínez-de-Quel e colleghi (2021) hanno raccolto dati da un campione di 693 partecipanti che hanno preso parte a un sondaggio online sulle loro esperienze durante il lockdown. In particolare, dovevano fornire informazioni sull’attività fisica, sulle abitudini alimentari, sulla qualità del sonno e sul benessere generale. Ai partecipanti è stato chiesto di compilare il sondaggio due volte, all’inizio del confinamento e alla fine: durante i 48 giorni di isolamento, le persone fisicamente attive hanno riportato un significativo peggioramento dell’attività fisica, della qualità del sonno e del benessere, mentre la routine delle persone fisicamente inattive non è cambiata in modo significativo (Martínez-de-Quel et al., 2021).

Conclusioni

In sintesi, come era accaduto durante il periodo della SARS nel 2003, questi studi hanno sottolineato il peggioramento della qualità del sonno in un numero considerevole di individui (ad esempio, un peggioramento o l’esordio dell’insonnia) e un aumento generale dei disturbi mentali, in particolare della depressione, dell’ansia e dei sintomi di stress. I risultati suggeriscono anche che gli operatori sanitari sono stati una delle categorie più colpite.

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