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De Chirico: le fasi pittoriche e l’influenza dell’aura emicranica

De Chirico è un pittore che ha attraversato ben 3 diverse fasi pittoriche influenzate in parte dalla sua malattia, ossia l'aura emicranica.

Di Ursula Valmori

Pubblicato il 11 Nov. 2016

Le scelte estetiche di De Chirico, durante l’intero arco dell’attività artistica, non furono libere, ma determinate da una malattia che il pittore non sapeva di avere; in altre parole il fattore estetico dechirichiano va analizzato tenendo conto di una base neurologica: l’artista, infatti, soffriva di aura emicranica, una malattia che non gli fu mai diagnosticata. L’aura emicranica si manifesta con algie gastriche e dolori addominali, visioni ed allucinazioni.

 

Giorgio De Chirico: la biografia e le fasi pittoriche

Giorgio De Chirico (1888-1978), uno dei principali esponenti della corrente artistica della pittura metafisica, era un uomo dal carattere difficile: era sovente malinconico e scontroso, inoltre era oltremodo egocentrico e talmente vanitoso da considerarsi il più grande pittore di tutti i tempi e firmare molte delle sue opere come “Pictor Optimus”.

L’opera pittorica di De Chirico si svolge nell’arco di circa settant’anni, a partire dal 1909 e fino quasi alla sua morte ed attraversa diverse fasi, che vengono scandite da alcuni eventi della vita del pittore: dalla relazione con la madre e il fratello Savinio, dall’incontro con le opere di Nietzsche e Schopenhauer, dalle relazioni sentimentali con Raissa ed Isabella.

Il ciclo pittorico della Metafisica (1909-1918) è ritenuto universalmente quello migliore quanto ad espressione artistica e può considerarsi il prodotto finale dell’ elaborazione del lutto paterno, della collaborazione invidiosa con il fratello Alberto e della lettura di Nietzsche.

La seconda fase pittorica di De Chirico – definita “neoclassica”- ha inizio intorno al 1920: appartengono a questo periodo, per esempio, il “ciclo dei Gladiatori” (1926-1929), che è la manifestazione artistica della conflittualità con il fratello Savinio, anch’egli pittore e i “Mobili nella Valle”(1926-1929), che richiamano gli stressanti spostamenti di residenza decisi dalla madre per inseguire il successo musicale del figlio Alberto.

Giorgio De Chirico era ossessionato dai traslochi, dal continuo spostarsi e quindi dalla mancanza di una casa come punto di riferimento solido e sicuro ed era ossessionato anche dal ricordo infantile di mobili e materassi portati all’esterno delle abitazioni, nella piazza, a causa di una serie di terremoti che sconvolsero la Grecia, mentre Giorgio viveva, da bambino, in quella terra con la famiglia.

Ecco come lui stesso ricorda quegli episodi: [blockquote style=”1″]Gli abitanti del quartiere, compresi noi, portavano i materassi fuori, in piazza, per dormire all’aperto. Anche in quell’occasione il cuoco Nicola si prodigò in mille modi; portava fuori materassi, valigie e perfino alcuni mobili e la mattina riportava tutto in casa; inoltre si occupava di me e di mio fratello come una vera bambinaia[/blockquote] (Memorie della mia vita, 1945).

La terza fase pittorica di De Chirico, infine, (il cosiddetto periodo neometafisico) ha inizio nel secondo dopoguerra e durerà fin quasi alla morte dell’artista ed è un vero e proprio ritorno alla tradizione. In questo periodo, infatti, il pittore si rende conto che la critica ed il pubblico apprezzano maggiormente le sue opere iniziali e che sono proprio queste ad essere maggiormente valutate da un punto di vista economico. In questo periodo De Chirico, oltre a riprodurre moltissime versioni delle primissime opere, comincia a falsificare la data di produzione degli ultimi dipinti: retrodata, cioè, l’opera con la speranza che ottenga una maggiore valutazione economica, ma anche per prendersi gioco di quei critici d’arte che, a suo avviso, non erano in grado di apprezzare i suoi ultimi lavori.

 

L’influenza dell’aura emicranica sulle scelte estetiche di De Chirico

Le scelte estetiche di De Chirico, durante l’intero arco dell’attività artistica, non furono libere, ma determinate da una malattia che il pittore non sapeva di avere; in altre parole il fattore estetico dechirichiano va analizzato tenendo conto di una base neurologica: l’artista, infatti, soffriva di aura emicranica, una malattia che non gli fu mai diagnosticata. L’aura emicranica si manifesta con algie gastriche e dolori addominali, visioni ed allucinazioni.

Quella di cui soffriva De Chirico era un’emicrania aura particolare, che prende il nome di “Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie”, un disturbo neurologico che interessa la sfera percettiva, portando l’individuo a percepire in modo irreale le dimensioni di alcune parti del suo corpo e degli oggetti esterni: proprio come Alice nel romanzo di Lewis Carroll, ci si ritrova di fronte a stati di accrescimento o di riduzione del proprio corpo o di ciò che ci circonda, sicchè chi soffre di questo disturbo subisce una forte distorsione della realtà, con conseguente disorientamento e deformazione dei sensi. Così come fu descritta da Todd nel 1955, la AIWS (Alice in Wonderland Syndrome) denota una serie di disturbi parossistici dello schema corporeo (sintomi essenziali dell’AIWS), che possono essere correlati a fenomeni di depersonalizzazione, illusioni visive ed alterazioni nella percezione del tempo (sintomi accessori dell’AIWS).

Giorgio De Chrico non sapeva di essere affetto dalla “Sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie”, anche se, in “Memorie della mia vita, scrive di essere affetto da dolori addominali e crisi gastrointestinali e parla di “coliche saturnine”, facendo riferimento alla teoria rinascimentale secondo cui i geni nascono sotto il segno di Saturno. Inoltre, in un breve scritto dedicato a Carlo Carrà, De Chirico racconta l’esperienza della cefalea attraverso un “sogno lucido”: “Dormo. Porto l’elmo del palombaro. Il pulsare del mio cervello si spacca in tante bollicine sulla piattaforma laccata del mio settimo soffitto”.

I sintomi che influenzarono profondamente (anche se inconsapevolmente) l’arte di De Chirico furono le aure visive ed i disturbi di coscienza determinati da “deja vu” (già visto), “deja vecu” (già vissuto) e “jamais vu” (mai visto), ovvero un’alterazione dello stato di coscienza che conduce ad un’erronea percezione della realtà, come se l’individuo avesse già visto o vissuto una situazione per lui nuova o, viceversa, mai visto una situazione a lui nota. De Chirico, pur non conoscendo il significato clinico di tali fenomeni, percepì comunque la loro importanza nella genesi della propria arte e definì “rivelazioni” le alterazioni di coscienza e “febbri spirituali” le manifestazioni auratiche. L’artista, non essendo a conoscenza della propria malattia e non essendo neppure uomo di fede, attribuì a tali manifestazioni un carattere gioioso, creativo e raro e considerò i sintomi della malattia come sogni premonitori, attribuendosi delle facoltà superiori di chiaroveggenza, ciò anche in relazione all’influenza esercitata su di lui da Nietzsche e dall’idea di Übermensch, ovvero l’Oltreuomo (o Superuomo, in una traduzione più diffusa ma forse meno precisa ed efficace).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • De Chirico G. (1945). Memorie della mia vita. Bompiani Editore. Milano. 2008.
  • Nicola U. , Podoll K. (2003). L’aura di Giorgio De Chirico. Arte, emicrania e pittura metafisica. Mimesis Edizioni. Sesto San Giovanni, Milano.
  • Mori G. (2008). De Chirico metafisico. Giunti Editore. Firenze.
  • B. Livesley. The Alice in Wonderland Syndrom. Nurs. Times 1973.
  • Todd J. (1955). The syndrome of Alice in Wonderland, in Canadian Medical Association Jounal, vol. 73, n. 9. 1955, pp. 701-704
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