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Il Bonobo e l’Ateo, in cerca di umanità tra i primati – Antropologia, Etologia, Psicologia

Il Bonobo e l'ateo (2013 - Recensione): Siamo biologicamente “programmati” per essere empatici, il nostro cervello prova piacere quando siamo altruisti...

Di Valentina Davi

Pubblicato il 05 Feb. 2014

Aggiornato il 12 Gen. 2024 18:59

 

Il Bonobo e l’ateo, in cerca di umanità tra i primati

Frans de Waal (2013)

Raffaello Cortina Editore

 

Il Bonobo e l'ateo, in cerca di umanità tra i primati

Dio non ha inventato la morale… chiedetelo alle scimmie bonobo.

Qual è la vera natura dell’Uomo? Nasciamo buoni ma in grado di compiere il male oppure siamo intrinsecamente cattivi ma in grado di fare del bene?

Fino al decennio scorso la visione dominante in letteratura è stata quella proposta dal mastino di Darwin, T.H. Huxley: siamo fondamentalmente egoisti e la vera bontà o non esiste o è un passo falso nel percorso dell’evoluzione.

A tal proposito è emblematica l’affermazione del biologo americano Michael Ghiselin (1974): “Se scalfisci la pelle di un altruista ne vedrai uscire il sangue di un ipocrita”.  Da questo punto di vista la morale è solo una patina che ricopre la nostra vera, bieca natura; la morale, che con le sue leggi ci permette di stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato, proverrebbe quindi dall’alto, in particolare dalla religione (ma potremmo dire anche dalla scienza o dalla società), che ci insegna ad essere persone morali.

Frans De Waal, etologo e primatologo di fama internazionale, nel suo nuovo libro Il bonobo e l’ateo sostiene esattamente l’opposto: la morale proviene dall’interno, è innata ed ha una sua giustificazione evolutiva. 

L’autore parte dal presupposto che la nostra natura di animali sociali (il desiderio di appartenenza ad un gruppo, di andare d’accordo, di amare ed essere amati) ci predispone a comportarci verso gli altri in modo da rimanere in buoni rapporti, e descrive all’interno del suo testo studi che nell’ultimo decennio hanno portato “prove crescenti di empatia innata, di altruismo e di cooperazione nella specie umana e negli altri animali”. (A tal proposito il libro fornisce una ricchissima bibliografia sulle numerose ricerche condotte sull’argomento.)

Le tendenze morali manifestate dagli animali possono insegnarci molto sull’origine della moralità umana. “La morale è un sistema di regole concernente i due aspetti dell’aiutare o almeno del non danneggiare i nostri simili. Si preoccupa del benessere degli altri e antepone la comunità all’individuo. Non nega l’interesse individuale, ma lo ridimensiona a vantaggio di una società fondata sulla cooperazione”. Essa si basa su due grandi pilastri: l’empatia (compassion) e la reciprocità (fairness), entrambi osservabili nel mondo animale, in particolare tra i mammiferi e in maniera spiccata tra i primati a noi più vicini.

Per quanto riguarda l’empatia, che è alla base dei comportamenti altruistici, De Waal distingue tre livelli: la capacità di immedesimarsi nello stato emotivo altrui (contagio emozionale), di provare interesse per gli altri (consolazione) e di adottarne il punto di vista (aiuto orientato).

Poche specie, afferma l’autore, mostrano tutti e tre gli stati, ma il primo è tipico dei mammiferi, particolarmente sensibili alle emozioni altrui. Tra gli studi presentati, esemplificativo quello sui ratti che, di fronte a due contenitori, uno contenente cioccolato e uno contenente un compagno intrappolato terrorizzato, spesso si occupavano prima di liberare il compagno (Inbal Ben-Ami Bartal et Al., 2011).

La reciprocità, invece, riguarda il senso di giustizia relativo alla distribuzione delle risorse, e si distingue in equità di primo livello (protestiamo quando riceviamo meno degli altri) e di secondo livello (proponiamo una distribuzione equa delle risorse). L’essere umano condivide con le scimmie antropomorfe entrambi i livelli e il primo livello con le altre scimmie e i cani.

Se volete farvi quattro risate guardate l’esilarante video del celebre esperimento condotto da De Waal sulle scimmie cappuccino: due scimmie devono consegnare allo sperimentatore un sassolino e in cambio come premio ricevono la prima un pezzo di cetriolo, che mangia con gusto, e la seconda un chicco d’uva; la prima scimmia si accorge che l’altra ha ricevuto un cibo più prelibato, consegna un altro sassolino allo sperimentatore e quando riceve ancora un cetriolo, ecco la sua reazione:

Empatia e reciprocità, assieme al timore di ricevere una punizione e di perdere la propria reputazione in caso di messa in atto di “comportamenti cattivi”, sono i presupposti per vivere serenamente all’interno di un gruppo sociale e preservare il benessere della comunità.

De Waal osserva come però con lo sviluppo di gruppi sociali sempre più grandi (paesi, città, nazioni…) le regole di reciprocità e di reputazione si siano indebolite in quanto il controllo “faccia a faccia”, “uno a uno”, l’uno dell’altro è diventato sempre più difficile; da qui la necessità di una supervisione che garantisse un alto livello di cooperazione, e quindi lo sviluppo delle grandi religioni morali.

Ma “gli ingredienti principali di una società morale non richiedono la religione, dal momento che provengono dall’interno”; le grandi religioni hanno pertanto avuto il merito non di inventare, ma di sostenere una morale che era già dentro di noi e che in realtà è frutto dell’evoluzione naturale.

In conclusione, siamo biologicamente “programmati” per essere empatici, il nostro cervello prova piacere quando siamo altruisti (e ciò ci spinge a reiterare tale comportamento) e sin da piccolini ci arrabbiamo di fronte all’ingiustizia della non equità. Non saremo di certo universalmente buoni, ma indubbiamente siamo inclini ad esserlo… il che non è poco!

LEGGI:

EMPATIA – MONDO ANIMALE

SOCIETA’ & ANTROPOLOGIA – ETICA & MORALE

 

 

Video consigliati

De Waal, F. – La moralità nel comportamento animale (Sub Ita) :

 

BIBLIOGRAFIA:

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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