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Paranoia

La paranoia è un pensiero persistente e irrazionale, definito da sospetti e diffidenza eccessiva verso le altre persone

Sezione a cura di Anna Boccaccio

Aggiornato il 25 nov. 2024

Che cos’è la paranoia?

La paranoia è un pensiero di tipo irrazionale e persistente, caratterizzato da eccessiva diffidenza o sospetto verso le persone. L’individuo paranoico è convinto di essere trattato ingiustamente, che qualcuno stia cercando di danneggiarlo, infastidirlo in modo deliberato o che vi sia una cospirazione contro di lui (Freeman & Loe, 2023). Può includere la sensazione di essere osservati, seguiti, spiati o ascoltati.

Sintomi della paranoia

Le manifestazioni della paranoia possono variare in base alla sua intensità e possono includere:

  • difficoltà nel fidarsi degli altri
  • difficoltà nell’instaurare e mantenere relazioni sociali
  • eccessiva sospettosità verso gli altri
  • considerare il mondo una fonte di costante minaccia
  • idee persecutorie
  • comportamenti difensivi o ostili (scappare o aggredire qualcuno)
  • difficoltà nel ricevere critiche
  • attribuire significati offensivi alle parole degli altri
  • difficoltà nel perdonare gli altri
  • essere convinti che si parli male di sè
  • credere in teorie complottistiche infondate.

Breve storia del termine

Paranoia deriva dal greco “para”, oltre, irregolare e “noos”, mente. 

Per i Greci e l’antica Roma, il termine paranoia è stato utilizzato classicamente per indicare la manifestazione di una malattia mentale (Tondo et al., 2018). Molti secoli più tardi, il saggista inglese Robert Burton introdusse nel 1621 il concetto di paranoia con un significato più moderno. Con Johann Heinroth la sindrome paranoide entra nel 1818 nella nosologia psichiatrica come disturbo del pensiero con percezioni inalterate, sino ad arrivare alla psichiatria francese e tedesca del XIX secolo. 

A Kraepelin (1921) si deve la descrizione più precisa in un saggio specifico basato sulla sua esperienza clinica. Nelle classificazioni psichiatriche moderne la sindrome è scomparsa e inglobata nel disturbo delirante e nel disturbo paranoide.

Eziopatogenesi della paranoia

Nella popolazione generale, la paranoia può essere comunemente sperimentata con diversi livelli di frequenza e intensità, variando da lievi preoccupazioni sulle intenzioni degli altri a convinzioni talmente rigide e immodificabili, da essere classificate come sintomo psichiatrico, il delirio paranoico (Freeman, 2016). La paranoia può manifestarsi come sintomo invalidante in un ampio spettro di disturbi mentali, tra cui (APA, 2013):

Le cause della paranoia sono ancora incerte, ma gli studi attualmente disponibili evidenziano il ruolo di possibili fattori di rischio:

  • genetica, alcuni geni sembrano influenzare lo sviluppo dell’ideazione paranoide, ad esempio una variante genetica nota come SNP rs850807 (Crespi et al., 2018);
  • neurochimica cerebrale, alterazioni della trasmissione dopaminergica sembrano essere legate alla paranoia (Nour et al., 2018);
  • esperienze traumatiche, come avversità e abusi precoci, possono distorcere ricordi, pensieri ed emozioni, aumentando il rischio di ideazione paranoide e di psicosi (Stanton et al., 2020);
  • stress, le evidenze suggeriscono che la paranoia è più comune in persone che sperimentano stress acuto o protratto nel tempo (Veling et al., 2016) 
  • fattori socio-ambientali, come vivere in contesti a bassa coesione sociale (Freeman et al., 2011);
  • deprivazione di sonno, la perdita di sonno può indurre cambiamenti temporanei dell’umore e della cognizione, ed è associata a un metabolismo cerebrale ridotto nella corteccia prefrontale, simile a quello osservabile in alcuni disturbi psichiatrici. Tuttavia, non è chiaro in quale misura la privazione di sonno possa essere associata all’insorgenza di sintomi clinici di psicopatologia in individui sani e normali (Kahn-Greene et al., 2007);
  • bullismo e altre forme di reiterata vittimizzazione costituiscono esperienze avversive con conseguenze a medio e lungo termine. Alcuni studi hanno evidenziato una relazione tra bullismo ed esordio di fenomeni psicotici individuali, come allucinazioni e ideazione persecutoria (Catone et al., 2015).

Alcuni stati paranoici possono essere causati da un’ampia gamma di disturbi della funzione cerebrale: psicosi conseguenti all’epilessia, lesioni cerebrali, demenze ed effetti collaterali dovuti all’uso di sostanze per scopo ricreativo (Raihani & Bell, 2019).

Teoria cognitiva della paranoia e meccanismi di mantenimento

Un filone di ricerca ha messo a fuoco la paranoia come un insieme di cognizioni di minaccia imprecise, ipotizzando che si basi su sentimenti di vulnerabilità e paura (Freeman & Loe, 2023). Tali sentimenti includono paure di rifiuto connesse all’ansia sociale e convinzioni negative su se stesso, che portano l’individuo a sperimentare un senso di inferiorità. Immagini o ricordi negativi e un senso generale di minore controllo sugli eventi possono alimentare ulteriormente il sentirsi vulnerabili ed “esposti” a minacce esterne (Mirowsky & Ross, 1983; Schulze et al., 2013).

Parallelamente, le convinzioni positive su se stessi possono essere deboli e incapaci di contrastare il senso di vulnerabilità vissuto. In questo circolo vizioso, la paura di subire un danno viene elaborata e mantenuta da un processo di ruminazione mentale sulle proprie preoccupazioni (Freeman et al., 2023; Freeman & Garety, 1999), mentre sensazioni e percezioni interne insolite, come sintomi di ansia inspiegabili, dissociazione e allucinazioni, provocano nell’individuo spiegazioni spaventose e minacciose (Černis et al., 2021). Una persona può reagire alle paure con azioni protettive, comportamenti di ricerca di sicurezza che bloccano temporaneamente le paure, ma impediscono allo stesso tempo di cercare nel contesto prove razionali a conferma e disconferma delle proprie spiegazioni (Freeman et al., 2001). I comportamenti protettivi possono includere l’evitamento, ma anche strategie più sottili utilizzate in situazioni di minaccia percepita (ad esempio, vigilanza, mantenere un basso profilo, allontanarsi il più rapidamente possibile da un luogo particolare). 

La deprivazione di sonno tipica delle psicosi può esacerbare la maggior parte di questi processi, come le convinzioni negative su se stessi e le esperienze anomale (Reeve et al., 2018).

Trattamento della paranoia

Rilevare la presenza di un’ideazione paranoide può rivelarsi complesso, in quanto chi ne è affetto potrebbe non riconoscere di avere un problema o diffidare di medici e strutture ospedaliere per il timore di essere danneggiato. Una valutazione specialistica, condotta attraverso colloqui, questionari e raccolta anamnestica, consente di individuare la presenza di paranoia.

Il trattamento della paranoia può variare in base alla presenza di ulteriori sintomi associati e alla natura del disturbo di cui la paranoia è espressione. Generalmente, si adotta un approccio combinato che integri terapia farmacologica antipsicotica e psicoterapia. La psicoterapia cognitivo comportamentale rappresenta il gold standard per molti disturbi mentali e considera le paranoie come tentativi degli individui di spiegare le loro esperienze e dare un senso ai loro vissuti. Allo stesso modo, l’ansia e i comportamenti protettivi rappresentano, in una prospettiva cognitivo comportamentale, il tentativo del paziente di rispondere all’anticipazione di un pericolo incombente (Freeman & Garety, 2006). Stabilire una solida alleanza terapeutica rappresenta un fattore predittivo dell’aderenza del paziente alla terapia farmacologica e permette al paziente stesso di sentirsi ascoltato e non sfidato nelle sue convinzioni (ibidem). 

Compito del terapeuta sarà sviluppare una lettura e una formulazione personalizzata del caso, che tenga conto dei pensieri paranoici del paziente e del disagio a essi associato, da offrire poi in terapia. Lo scopo è creare un’esperienza normalizzante per la persona ma al contempo alternativa rispetto alla sua lettura paranoica degli eventi.

Bibliografia

  • Burton, R. (1621). The Anatomy of melancholy.
  • Catone G, Marwaha S, Kuipers E, Lennox B. (2015). Bullying victimisation and risk of psychotic phenomena: analyses of British national survey data. Lancet Psychiatry.;2:618–624. 
  • Černis E, Evans R, Ehlers A, et al. (2021). Dissociation in relation to other mental health conditions: an exploration using network analysis. J Psychiatr Res;136:460–7. 
  • Crespi B, Read S, Salminen I, Hurd P. A genetic locus for paranoia. Biol Lett. 2018 Jan;14(1):20170694. 
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  • Nour MM, Dahoun T, Schwartenbeck P, Adams RA, FitzGerald THB, Coello C, Wall MB, Dolan RJ, Howes OD. (2018). Dopaminergic basis for signaling belief updates, but not surprise, and the link to paranoia. Proc Natl Acad Sci U S A. 2018 Oct 23;115(43):E10167-E10176. 
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  • Reeve S, Emsley R, Sheaves B, et al. (2018). Disrupting sleep: the effects of sleep loss on psychotic experiences tested in an experimental study with mediation analysis. Schizophr Bull;44:662–71. 
  • Schulze K, Freeman D, Green C, et al.. (2013). Intrusive mental imagery in patients with persecutory delusions. Behav Res Ther;51:7–14. 
  • Stanton KJ, Denietolis B, Goodwin BJ, Dvir Y. (2020). Childhood Trauma and Psychosis: An Updated Review. Child Adolesc Psychiatr Clin N Am.;29(1):115-129. 
  • Tondo L, Vaccotto PA, Vázquez GH. (2018 ). Un breve recorrido histórico acerca del concepto de paranoia [A brief historical approach about the concept of paranoia]. Vertex.;29(137):72-77. 
  • Veling, W., Pot-Kolder, R., Counotte, J., van Os, J., van der Gaag, M. (2016). Environmental Social Stress, Paranoia and Psychosis Liability: A Virtual Reality Study, Schizophrenia Bulletin, Volume 42, Issue 6, Pages 1363–1371. 

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