Alti e bassi emotivi, possibile instabilità scolastica, sociale e lavorativa, esordio insidioso e andamento persistente. Il disturbo ciclotimico è stato classificato nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali a partire dal 1980, ma sistematicamente sottostimato in campo diagnostico clinico e di ricerca. Gli studi evidenziano che possa trattarsi della forma attualmente più diffusa di disturbo bipolare in particolare tra i giovani, con una prognosi che varia dalla remissione all’escalation sintomatologica (Van Meter et al., 2012).
I sintomi del disturbo ciclotimico
Il disturbo ciclotimico è caratterizzato dall’alternanza di periodi con sintomi depressivi e sintomi ipomaniacali, per almeno 2 anni negli adulti e 1 anno in bambini e adolescenti (APA, 2014). Durante tale arco temporale, i sintomi devono essere presenti per almeno la metà del tempo, e l’individuo non può essere privo di sintomi per più di 2 mesi consecutivi.
I sintomi depressivi più comuni possono riguardare:
- umore depresso, con sentimenti di tristezza, vuoto, autosvalutazione, sensi di colpa o lamentosità e irritabilità
- calo di interesse o piacere per le attività normalmente svolte
- perdita o incremento di peso, con calo o aumento dell’appetito
- insonnia o ipersonnia
- maggiore faticabilità o mancanza di energie
- ridotte capacità di concentrazione o decisione
- pensieri di morte o ideazione suicidaria.
Nel periodo ipomaniacale, invece, la persona può presentare:
- umore elevato, euforico, irritabile in modo anomalo e persistente
- minor bisogno di dormire
- maggiore loquacità o rapida successione di pensieri e idee
- aumento del coinvolgimento in attività sociali, scolastiche, lavorative e sessuali
- incremento di attività potenzialmente pericolose (come acquisti incontrollati, investimenti economici sconsiderati e comportamenti sessuali a rischio).
I sintomi depressivi e ipomaniacali non si traducono in un episodio depressivo maggiore e in un episodio ipomaniacale, a causa di caratteristiche quali numero, gravità, pervasività e durata dei sintomi stessi (APA, 2014), e non sono attribuibili a un altro disturbo psichiatrico (ad esempio, disturbo schizoaffettivo e disturbo delirante), agli effetti psicologici di una sostanza o ad altra condizione medica (ad esempio, ipertiroidismo).
In alcuni casi, l’andamento prolungato ed imprevedibile del disturbo può contribuire al successo negli affari, nella leadership, nella realizzazione e nella creatività artistica; tuttavia, più spesso si verificano gravi conseguenze nella sfera interpersonale e sociale. Le conseguenze più frequenti includono instabilità, in genere con una storia lavorativa e scolastica frammentata, cambi di residenza impulsivi e frequenti, ripetute rotture romantiche o coniugali e un abuso episodico di alcol e droghe.
Esordio e andamento del disturbo ciclotimico
Il termine ciclotimia (dal greco, kyklos, ciclo e timo, umore) fu coniato alla fine dell’800 da due psichiatri tedeschi: Ewald Hecker (1877) e Karl Kahlbaum (Goodwin, Jamison, 2007) per descrivere l’intera gamma dei sintomi del disturbo bipolare.
La complessità del disturbo ne rende difficile l’identificazione nella pratica clinica ancora oggi. Nel DSM-5 è incluso nella categoria dei disturbi bipolari dell’umore, ma il disturbo ciclotimico può risultare, per certi versi, analogo ai disturbi della personalità poiché il suo esordio è precoce e il suo decorso è cronico e pervasivo.
Si manifesta tipicamente nell’adolescenza o prima età adulta, attraverso un’elevata reattività temperamentale, e quindi risposte rapide e intense a novità e stimoli ambientali, e una disregolazione emotiva, ovvero un’incapacità di elaborare efficacemente le emozioni, percependole come eccessive o appiattite.
In effetti, la ciclotimia viene spesso fraintesa con i disturbi della personalità del gruppo B, e a causa della sovrapposizione di alcuni criteri diagnostici (come l’instabilità affettiva, la marcata reattività dell’umore, il coinvolgimento in attività potenzialmente pericolose e/o impulsive, sentimenti di vuoto) può essere facilmente diagnosticata in modo erroneo (Perugi et al., 2015).
Una percentuale compresa tra il 15 e il 50% degli individui con disturbo ciclotimico rischia di sviluppare in seguito un disturbo bipolare di tipo I o II.
Comune al momento della diagnosi in modo analogo tra maschi e femmine, sono queste ultime a richiedere più frequentemente il trattamento (APA, 2014).
Alcuni fattori genetici sono risultati implicati nella genesi del disturbo: tra questi vi è una familiarità di primo grado con persone affette da disturbo depressivo maggiore e disturbo bipolare I e II (Van Meter et al., 2012).
Anche i fattori ambientali svolgono un ruolo importante nello sviluppo dei disturbi bipolari. Eventi di vita negativi e stili cognitivi negativi, contraddistinti da convinzioni pessimistiche sul futuro, su di sé e sugli altri, sono associati ad una maggiore incidenza di disregolazione affettiva e instabilità emotiva (Howland, Thase, 1993).
Prognosi e trattamento del disturbo ciclotimico
Il trattamento della ciclotimia si basa sulla gestione dei fattori di rischio, sul riconoscimento dei primi sintomi e sull’implementazione di interventi appropriati, tra cui la psicoeducazione, la psicoterapia e il supporto farmacologico. Obiettivo primario di tali terapie dovrebbe essere la pervasiva instabilità emotiva sottostante al disturbo. Psicoeducazione e psicoterapia sono fondamentali e sottolineano la necessità di imparare a convivere con gli estremi del proprio umore, sviluppando al contempo modelli di comportamento e di pensiero più adattivi rispetto agli obiettivi individuali e maggiore aderenza alle cure farmacologiche.
La prognosi della ciclotimia è variabile. Nonostante i suoi sintomi portino a difficoltà croniche personali, interpersonali e professionali, la prognosi può modificarsi in base a fattori di personalità, supporto familiare ricevuto e all’avvio precoce di una terapia farmacologica e di una psicoterapia. Fortunatamente, la letteratura suggerisce che con un adeguato supporto e risorse sufficienti le persone affette da ciclotimia possono condurre una vita appagante con squilibri minimi (Perugi et al., 2015).
I gruppi di supporto, infine, possono rappresentare per i pazienti un contesto sicuro in cui condividere esperienze e sentimenti comuni.
Bibliografia
- American Psychiatric Association (2014). Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta Edizione. Raffaello Cortina Editore, Milano.
- Goodwin, F.K., Jamison, K.R. (2007). Manic Depressive Illness. Bipolar Disorders and Recurrent Depression. Oxford University Press, New York.
- Hecker, E. (1877). Zur klinischen Diagnostik und Prognostik der psychischen Krankheiten . Allgemeine Zeitschrift für Psychiatrie, 33, 602-620 .
- Howland, R.H., Thase, M.E. (1993). A comprehensive review of cyclothymic disorder. J Nerv Ment Dis. Aug;181(8):485-93.
- Perugi, G., Hantouche, E., Vannucchi, G., Pinto, O. (2015). Cyclothymia reloaded: A reappraisal of the most misconceived affective disorder. J Affect Disord. Sep 01;183:119-33.
- Van Meter, A. R., Youngstrom, E. A., Findling, R. L. (2012). Cyclothymic disorder: A critical review. Clinical Psychology Review, 32(4), 229–243.