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Attualità in Psichiatria in tema di Disturbo Bipolare – Report dal convegno – Firenze, 31 Ottobre 2014

Nel convegno di Firenze sull’ attualità in tema disturbi bipolari, una parte è stata dedicata alla psichiatria e alla difficoltà di una giusta diagnosi.

Di Redazione

Pubblicato il 21 Nov. 2014

Aggiornato il 21 Feb. 2024 17:53

Massimiliano Rossi – Scuola Cognitiva Firenze

Il 31 ottobre si è svolto a Firenze un convegno riguardante l’attualità in tema disturbi bipolari patrocinato dall’Università degli Studi di Firenze. Il convegno si è articolato in due parti, una sul versante psichiatrico ed una sul versante psicoterapico.

La prima parte del convegno è stata dedicata ad un excursus storico del disturbo bipolare nel quale a partire ad Areteo di Cappadocia nel I secolo a.C. e passando per i lavori di Farlet e Baillarger di metà ‘800 si arriva alle geniali intuizioni di Emil Kraepelin di fine ‘800 il quale riunisce i disturbi affetti nella malattia maniaco-depressiva distinguendola dall’ altrettanto ormai famosa per quanto semanticamente desueta dementia praecox. La cornice storica si completa con i lavori di Meyer con l’introduzione del disturbo maniaco-depressivo nella prima versione del DSM e di Leonhard, Angst e Perris che tra gli anni ’60 e ‘70 per primi effettuano una suddivisione in bipolare di tipo I e II.

In maniera molto critica e talvolta anche provocatoria, il prof. Faravelli mostra come nei decenni a seguire le sottoclassificazioni del disturbo bipolare siano andate moltiplicandosi (disturbo ciclotimico, disturbo bipolare NAS, disturbo dell’umore indotto da sostanze) non solo da un punto di vista prettamente nosografico. Anche da una prospettiva più fenomenologica infatti troviamo sottoclassificazioni specifiche (delirius, delusional congruent o non congruent mood, nonpsichotic mania, hypomania, ciclotimia, etc.) e di come a tutt’oggi risulti molto difficile riuscire a fare diagnosi di Disturbo Bipolare soprattutto con i nuovi criteri del DSM V all’interno del quale i criteri a e b per Episodi Maniacali siano facilmente sovrapponibili con numerose altre patologie tanto da rendere labile il confine della mania da altre psicopatologie.

Ad oggi si sta sempre più rivalutando la definizione di depressione melanconica di Kreapeliana memoria, che se nel tempo è stata confinata ad una sottoclassificazione del più generico spettro delle sindromi depressive , sembra più che mai attuale l’intuizione di Kreapelin che individuava in questo tipo di depressione quell’aspetto così specifico del disturbo bipolare differenziandosi per esempio dalle depressioni caratteriologiche o nevrotiche.

Altro aspetto che rende difficile fare diagnosi sono i cosiddetti Bipolari mascherati ovvero tutti quei casi che rappresentano il 50% dei casi di esordio in cui non sono presenti aspetti maniacali o ipomaniacali; in contrapposizione e sicuramente non d’aiuto ritornano ad essere i criteri del DSM V nel quale i pattern bipolari DMI (con una depressione ad aprire l’oscillazione) siano trattati come depressione senza far diagnosi di disturbo bipolare.

Infine, relativamente ai farmaci, è stato discusso se e quanto gli stabilizzanti dell’umore siano realmente utili tanto da essere identificati come il trattamento psicofarmacologico d’eccellenza o se dipende piuttosto dalla gravità degli episodi al fine di poter garantire ai nostri pazienti la miglior qualità di vita (riporto volentieri un esempio critico del Dott. Galassi che pone questa domanda ad una paziente 26enne ben compensata: Preferisci ingrassare e non fare sesso ma non aver sbalzi d’umore o preferisci fare la tua vita e quando hai qualche picco ci vediamo e sistemiamo farmacologicamente di volta in volta?).

Altre critiche al DSM V arrivano dalla Dott.ssa Carmassi del gruppo di Pisa riguardo alla distinzione tra spettro bipolare e lo spettro autistico mostrando come nel nuovo manuale non esista più una vera suddivisione tra alcuni specifici disturbi quali la sindrome di Asperger che viene inclusa nei disturbi dello spettro autistico.

Il prof. Pallanti ha invece portato al convegno l’utilizzo della stimolazione magnetica transcranica (TMS) nei casi di depressione moderatamente resistente; si tratta di una metodologia innovativa riconosciuta dalla food and drug administration ed è possibile studiare il funzionamento dei circuiti e delle connessioni neuronali all’interno del cervello, provocando uno squilibrio piuttosto ridotto e transitorio a differenza dell’elettroshock classicamente usato nei casi di depressione resistente.

La TMS, per mezzo di campi magnetici, agisce sul cervello in modo non invasivo, inducendo una corrente a livello del tessuto neuronale e causando una depolarizzazione. Lo staging rappresenta invece una metodica di intervento che prende in considerazione non solo e non tanto le fasi acute ma valuta attentamente gli interventi da eseguire sia nelle fasi prodromiche che in quelle successive alla fase acuta.

 

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