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Depressione o Bipolarismo? Precauzioni per una diagnosi accurata di disturbo bipolare e trattamenti specifici

Quando il clinico si accinge a diagnosticare un episodio depressivo maggiore, dovrà prestare attenzione e verificare che non si tratti di disturbo bipolare

Di Eleonora Galletti

Pubblicato il 21 Dic. 2020

Aggiornato il 21 Feb. 2024 17:50

Diagnosticare un disturbo depressivo può non essere così semplice perché sembra che tra il 50% e l’80% delle volte il disturbo bipolare inizia proprio con un episodio depressivo. A rendere ardua la distinzione tra le due patologie è quindi una variabile che delinea il decorso del disturbo bipolare: l’intervallo tra il primo episodio depressivo e la mania/ipomania.

 

Il disturbo bipolare è caratterizzato da alternanza di stati d’umore eccessivamente alti, mania / ipomania, e patologicamente bassi, depressione (American Psychiatric Association [APA], 2013). Questa alternanza di stati determina nello specifico tre tipi di disturbi: disturbo bipolare di tipo I, la cui diagnosi è possibile con la presenza di almeno un episodio maniacale, disturbo bipolare di tipo 2, caratterizzato da almeno un episodio di depressione maggiore (recente o passato) e almeno un episodio ipomaniacale (recente o passato), e disturbo ciclotimico, caratterizzato dall’alternanza di episodi di depressione e ipomaniacali di lieve intensità ma con elevata frequenza (APA, 2013).

Poiché queste classificazioni di disturbi sottintendono la presenza di episodi depressivi e, nello specifico, alcuni studi dimostrano che tra il 50% e l’80% delle volte il disturbo bipolare inizia proprio con un episodio depressivo (Duffy et al., 2007, Mesman et al., 2013, Axelson et al., 2015), è importante non confondere la diagnosi di disturbo bipolare con quella di depressione maggiore o unipolare. Pertanto, quando il clinico si accingerà a diagnosticare un episodio depressivo maggiore, presterà attenzione nel verificare che non si stia invece trattando di disturbo bipolare. Come illustrato nell’articolo di O’Donovan e Alda, una parte delle persone a cui è diagnosticata la depressione unipolare potrebbe in realtà soffrire di depressione di tipo bipolare, e questo è dovuto a diversi motivi:

  • spesso il disturbo bipolare ha inizio con sintomi depressivi e la prima ipomania / mania può non comparire fino ad anni dopo;
  • alcune forme di depressione sono plausibilmente varianti del disturbo bipolare;
  • ci si può non essere accorti di precedenti episodi ipomaniacali/maniacali. (O’Donovan &Alda, 2020).

A rendere ardua la distinzione tra le due patologie è quindi una variabile che delinea il decorso del disturbo bipolare: l’intervallo tra il primo episodio depressivo e la mania/ipomania. Berk e colleghi hanno riportato una media di 7,6 ± 8,7 anni, e Cha et al. di 5,6 ± 6,1 anni (Berk et al., 2007, Cha et al., 2009). In entrambi i casi l’intervallo non è solo lungo, ma anche molto variabile tra gli individui, e ciò potrebbe causare il mancato riconoscimento degli episodi maniacali/ ipomaniacali associati al disturbo che possono verificarsi anni dopo il primo episodio depressivo.

La diagnosi di disturbo bipolare è resa ancora più complessa dal fatto che non tutte le persone affette da depressione bipolare sviluppano necessariamente un episodio maniacale. In questi casi, una storia familiare in cui compare il disturbo può indicare che l’episodio depressivo è compreso in una più ampia diagnosi bipolare. Blacker e Tsuang hanno stimato che circa i due terzi dei parenti unipolari di probandi bipolari in realtà presentava una depressione bipolare, coerentemente con la storia familiare (Blacker & Tsuang, 1993). Nelle linee guida non sono presenti criteri definitivi o biomarcatori per identificare l’episodio depressivo che precede la mania/ipomania all’esordio, pertanto è possibile confonderlo con una depressione unipolare fino a quando non si convertirà presentando l’episodio maniacale (O’Donovan &Alda, 2020). L’obiettivo del clinico è quindi quello di identificare al meglio il probabile disturbo bipolare sin dall’esordio, prestando particolare attenzione alle famiglie ad alto rischio di insorgenza. Infatti, il predittore più robusto per questa patologia è una storia familiare di disturbo bipolare, specialmente nei giovani ad esordio precoce (O’Donovan &Alda, 2020). Altri preziosi predittori sono recidiva e prima età di insorgenza dei sintomi depressivi, nonché sintomi ipo/maniacali subsindromici e labilità dell’umore (Vieta et al., 2018). Lo studio di singoli membri della famiglia con interviste strutturate resta il metodo più accurato per la ricerca; in alternativa si possono utilizzare questionari come il Family History Research Diagnostic Criteria (FH-RDC) (Andreasen et al., 1977).

Non esistono ancora trattamenti specifici per i casi in cui il paziente ha sintomi depressivi e storia familiare di disturbo bipolare. È consigliabile per il clinico avere una buona conoscenza delle linee guida unipolari e bipolari per tutte le età e modificare il percorso terapeutico-farmacologico in base alla risposta al trattamento (O’Donovan & Alda, 2020). Un approccio alla depressione potenzialmente risolutivo in gioventù potrebbe essere quello di non assegnare alcuna polarità (unipolare o bipolare) fino a quando non si saranno verificati diversi episodi, anche se questa modalità non renderebbe giustizia a coloro che si convertiranno in ritardo o non si convertiranno affatto (O’Donovan & Alda, 2020).

Nel complesso le misure che risultano maggiormente efficaci per il trattamento di questo disturbo sono psicofarmaci e psicoterapia. Eseguire una diagnosi errata può comportare anche una scelta di farmaci non corretta, e spesso dannosa: gli antidepressivi sono fortemente indicati per il trattamento farmacologico della depressione, ma controindicati per il disturbo bipolare. Una reazione opposta agli antidepressivi può rivelare la vera natura bipolare della patologia nel paziente (O’Donovan & Alda, 2020).

Per quanto riguarda invece il percorso psicoterapeutico, le linee guida indicano le psicoterapie cognitivo-comportamentali ed interpersonali come maggiormente indicate. La psicoterapia familiare può essere un’ulteriore alternativa nei casi di disturbo bipolare ad esordio precoce (APA, 2013).

Nel campo delle tecniche di neuroimaging, la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva ha evidenze sia nella depressione unipolare che in quella bipolare (Rachid et al., 2017). Dal punto di vista genetico, sono disponibili grandi set di dati per analizzare le differenze genetiche tra i due tipi di disturbi; un esempio ne è la recente analisi su larga scala di Coleman e colleghi (Coleman et al., n.d.). Resta da verificare quanto sarà pratico un simile approccio.

In conclusione, le caratteristiche salienti utili nella differenziazione tra i due disturbi includono: esordio precoce, storia familiare di disturbo bipolare, ma anche risposta avversa agli antidepressivi. Si spera che in futuro le tecnologie di laboratorio o di imaging cerebrale possano contribuire ulteriormente a una diagnosi più accurata, facilitando i trattamenti farmacologici e psicoterapeutici.

 

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