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La cognizione sociale nei disturbi dell’umore – Parte III: la prosodia nella Depressione Maggiore e nel Disturbo Bipolare

Nei disturbi dell'umore sembra essere presente una compromissione della capacità che permette il riconoscimento emotivo attraverso la prosodia

Di Stefania Righini, Filippo Turchi

Pubblicato il 10 Apr. 2020

Per quanto attiene i Disturbi dell’umore, la letteratura scientifica internazionale evidenzia come pazienti con Depressione Maggiore mostrino una compromissione nel riconoscimento delle emozioni veicolate attraverso la prosodia, mentre per quanto riguarda il Disturbo Bipolare la letteratura riporta risultati sostanzialmente simili sia per quanto riguarda l’elaborazione emotiva veicolata attraverso l’espressione dei volti che per quanto riguarda la capacità di riconoscimento emotivo attraverso la prosodia.

La cognizione sociale nei disturbi dell’umore – La prosodia nella Depressione Maggiore e nel Disturbo Bipolare (Nr. 3)

 

Come noto, una corretta interpretazione dei segnali dell’altro, in questo caso a contenuto emotivo, è fondamentale per il buon funzionamento nelle interazioni sociali. Sotto il profilo acustico i segnali rilevanti da un punto di vista della cognizione sociale possono essere espressi verbalmente, in modalità semantica, o non verbalmente, in modalità prosodica, i quali sono generalmente percepiti come fonte di informazioni maggiormente affidabile circa i sentimenti dell’altro (Jacob et al., 2013a, 2013b, Koch et al, 2018). Nei nostri setting di psicoterapia tale capacità può essere valutata attraverso la storia e l’osservazione clinica comportamentale dei nostri pazienti, quali la capacità, durante il colloquio, di veicolare emozioni per mezzo dell’espressione facciale, la gestualità, la voce, il linguaggio corporeo, le risposte emozionali durante le interazioni, sia a colloquio con noi che nelle dinamiche familiari (Blundo, 2011).

Da un punto di vista neuroanatomico la prosodia si esprime in un circuito neurale situato prevalentemente nell’emisfero destro, in particolare nella regione temporale superiore, nel lobo e nelle regioni posteriori del solco temporale, rispettivamente per quanto riguarda la percezione e l’astrazione dell’informazione uditiva ed il processo di rappresentazione di significato di quanto udito. La valutazione del contenuto emotivo della prosodia sembra invece mediata dalla corteccia frontale inferiore bilaterale (Wildgruber et al., 2004; 2005; 2006; Ross, 1981; Buchanan et al., 2000; Kotz et al., 2003; Mitchell et al., 2003).

La letteratura propone un modello secondo il quale lesioni dell’emisfero destro, in corrispondenza delle zone sinistre responsabili delle classiche afasie, possano determinare disturbi nella prosodia a valenza emotiva. Nello specifico si evidenzia come una lesione nella regione temporo-parietale destra possa esprimersi in un’aprosodia nella funzione recettiva, mentre una lesione nella regione dell’opercolo frontale, nella corteccia e nella sostanza bianca, possano produrre un’alterazione della prosodia nella sua funzione espressiva (Ross, 2000).

Per quanto attiene i Disturbi dell’umore, la letteratura scientifica internazionale evidenzia come pazienti con Depressione Maggiore mostrino maggior compromissione, rispetto al campione di controllo di soggetti sani, nel riconoscimento delle emozioni veicolate attraverso la prosodia (Wildgruber et al, 2004; Uekermann et al., 2008).

Così come già approfondito per quanto riguarda l’elaborazione delle emozioni facciali (Parte I e Parte II di questa rubrica; per una review completa vds Cusi et al. 2012, Turchi et al., 2017), anche in questo caso si evidenzia una distorta interpretazione delle emozioni neutre, come ad esempio la sorpresa, valutate piuttosto come emozioni a valenza negativa (Naranjo  et al., 2011; Kan et al., 2004) nonché compromissioni nella capacità di identificazione delle emozioni, sia a valenza negativa che positiva, attraverso il tono della voce (Wildgruber et al., 2006; Ross, 1981). Si riscontrano, infatti, in questi pazienti, una tendenza a sottovalutare le informazioni emozionali a valenza positiva (Schlipf et al., 2013) nonché una compromissione nell’elaborazione della tristezza ed un’alterazione nel riconoscimento di emozioni a valenza negativa, sempre espresse attraverso il canale prosodico (Pang et al. 2014; Peron et al., 2011). Tali compromissioni non sembrano essere in correlazione con la gravità della sintomatologia depressiva e sono state quindi proposte come possibile alterazione di tratto, caratteristico del disturbo (Schlipf et al, 2013; Pang et al., 2014).

In linea anche un recentissimo studio che, per la prima volta, ha preso in esame la valutazione esplicita di contenuti emozionali espressi attraverso il canale della prosodia sia a livello neurale che comportamentale, il quale conclude per una distorta attribuzione, nei pazienti con Depressione maggiore confrontati con il campione di controllo di soggetti sani, a carico delle emozioni prosodiche a valenza positiva. Lo studio mostra inoltre un’aumentata attivazione dell’amigdala, bilateralmente, nell’elaborazione dell’informazione emozionale prosodica, probabilmente associata alle compromesse strategie di regolazione emotiva nei soggetti con Depressione Maggiore, già ampiamente note in letteratura. Secondo gli autori la maggior attivazione dell’amigdala, in questo senso, potrebbe essere interpretata come meccanismo di tentata compensazione rispetto alla distorsione nell’elaborazione di stimoli a contenuto emotivo, allo scopo di favorirne una percezione più accurata. Al tempo stesso, però, l’alterata percezione delle emozioni a valenza positiva, caratteristica dell’Episodio Depressivo Maggiore (Cusi et al, 2012 ; Turchi et al. 2016; 2017), contribuisce a mantenere in atto la sintomatologia depressiva, ostacolando di fatto il tentativo di recupero (Koch et al., 2018).

Per quanto riguarda il Disturbo Bipolare la letteratura riporta risultati sostanzialmente simili, sia per quanto riguarda l’elaborazione emotiva veicolata attraverso l’espressione dei volti (Cusi et al. 2012, Turchi et al., 2016) che per quanto riguarda la capacità di riconoscimento emotivo attraverso la prosodia (Murphy & Cutting, 1990; Bozikas et al. 2007). Di eventuali specifiche differenze da un punto di vista neurofunzionale ci occuperemo invece nella prossima parte della rubrica.

I soggetti con Disturbo Bipolare in questo caso, così come quelli con diagnosi di Schizofrenia, confrontati con i controlli sani, mostrano una minor attivazione dell’amigdala, del giro temporale superiore bilaterale, dell’uncino dell’ippocampo e del giro frontale inferiore destro, durante l’ascolto passivo di intonazione vocale veicolante un contenuto chiaramente emozionale, nonché un aumento di attivazione neurofunzionale nel giro temporale superiore sinistro durante l’elaborazione di stimolo prosodico emozionale non filtrato. Il fatto che non si riscontri un’attivazione nelle aree dell’emisfero destro, prefrontali e temporali, essenziali per la funzione di riconoscimento della prosodia a contenuto emotivo, fa pensare ad una compromissione, a livello neurale, nella capacità di elaborazione di tale stimolo (Mitchell et al., 2004).

Ad oggi non sono disponibili studi che riguardino l’influenza dello stato di umore, del trattamento di farmacoterapia, dell’età e della storia di malattia sulla risposta neurale nell’elaborare stimoli prosodici a contenuto emozionale per cui la materia meriterebbe ulteriori approfondimenti.

Dal nostro punto di vista la comprensione di tali aspetti risulterebbe molto importante poiché un buon funzionamento globale del paziente, ivi compresa la dimensione sociale, aspetto fondamentale che riguarda la vita di ciascuno di noi sotto il profilo sia affettivo che professionale, risulta direttamente collegato alla qualità di vita percepita ed alla probabilità di ricadere in un nuovo episodio dell’umore. Iniziare a prendere in considerazione le abilità di Social Cognition (Couture, Penn e Roberts, 2006), comprese quelle veicolate dalla prosodia, potrebbe risultare quindi molto utile nel lavoro di psicoterapia con persone affette da Disturbi dell’umore, per cercare di valutare e migliorare il funzionamento globale della persona e, in questo modo, prevenire il più possibile la ricaduta che, a sua volta, come noto, porta a maggiori compromissioni sotto diversi profili. E’ infatti ormai necessario, vista la complessità psicopatologica di questi disturbi, effettuare una valutazione ed una progettazione dell’intervento, evidence based, che non prescinda dal percorso epigenetico della persona.

 

La cognizione sociale nei disturbi dell’umore:

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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