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La cognizione sociale nei disturbi dell’umore – Parte I: le basi neurali della cognizione sociale nel Disturbo Bipolare

Le difficoltà dei pazienti con disturbo bipolare nel riconoscere le emozioni altrui ha origine da un complesso substrato neurale.

Di Filippo Turchi, Stefania Righini

Pubblicato il 10 Giu. 2019

Aggiornato il 10 Apr. 2020 10:40

Studi di neuroimaging su pazienti con disturbo bipolare e campioni di controllo durante l’elaborazione delle emozioni facciali evidenziano, nel campione clinico, un’attivazione complessiva anomala in numerose aree cerebrali implicate nel riconoscimento delle emozioni, abilità alla base della cognizione sociale e implicata in molte delle difficoltà dei pazienti bipolari nell’interazione sociale.

La cognizione sociale nei disturbi dell’umore – Le basi neurali della cognizione sociale nel Disturbo Bipolare (Nr. 1)

 

Il Disturbo Bipolare è caratterizzato da una fasica oscillazione del tono dell’umore che si può fissare nella fase depressiva o in quella ipo/maniacale, ma anche da instabilità timica, maggiore intensità e labilità affettiva, alterazioni della psicomotricità e del sistema neurovegetativo, nonché da difficoltà nel funzionamento a livello sociale ed interpersonale.

È un disturbo molto più diffuso (prevalenza lifetime di circa il 3%) di quello che sembra e spesso ha una difficile e tardiva identificazione diagnostica e di trattamento. Solo recentemente l’attenzione della ricerca si sta concentrando su più domini eziopatogenetici, ed in particolare sul ruolo giocato dalla comprensione emotiva che sembra di rilevante importanza.

Cognizione Sociale e Psicopatologia

Vi è ormai ampia letteratura che evidenzia come le difficoltà a livello interpersonale possano essere ricondotte ad una compromissione nel dominio della cognizione sociale, un complesso costrutto multidimensionale (Couture et al, 2006). La capacità di riconoscere le emozioni attraverso il volto dell’altro è infatti di fondamentale importanza nella dimensione interpersonale e difficoltà in questo senso sono state riscontrate in letteratura per quanto riguarda diverse psicopatologie: Disturbo Bipolare, Depressione, Disturbi d’ansia, Schizofrenia, Autismo, Disturbo borderline di personalità (Fusar-Poli et al., 2009).

Il substrato neurale sottostante tale capacità comprende l’interazione fra aree visive, limbiche, temporali, temporo-parietali, prefrontali, subcorticali e cervelletto, e la capacità di trasformare la percezione emotiva in comportamenti e stati affettivi riguarda il saper valutare ed identificare l’emozione, produrre uno stato affettivo in risposta a questo stimolo, regolare lo stesso ed il comportamento correlato. Alcuni recenti modelli ipotizzano la regolazione emotiva come frutto di una complessa interazione tra processi bottom-up, soprattutto limbico-subcorticali, di valutazione dello stimolo emotivo, e processi top-down, di controllo cognitivo a carico delle regioni corticali prefrontali dorsali e mediali (vds. Turchi et al. 2016).

Disturbo Bipolare e Cognizione Sociale

La ricerca di neuroimmagine che riguarda il confronto fra pazienti bipolari e campioni di controllo durante l’elaborazione delle emozioni facciali evidenzia, nel campione clinico, una complessiva e differenziata anomala attivazione nelle regioni sottocorticali, soprattutto limbiche e nel giro frontale inferiore, insieme ad una ridotta attivazione nella regione ventrale della corteccia prefrontale, deputata al controllo cognitivo, nel giro frontale e bilaterale, nell’insula destra, nel giro fusiforme destro e nel giro occipitale bilaterale, cuneo e precuneo, evidenziando la presenza di un deficit di controllo corticale sulle strutture limbiche, le quali appaiono invece iperattivate durante le interazioni sociali, e che sembrano essere il substrato neurobiologico sotteso alla compromissione nel riconoscimento delle emozioni.

L’aspetto più recente e interessante è che tale alterazione è presente non solo durante le fasi di malattia, dato che in qualche misura poteva essere atteso anche se non scontato, ma anche durante le fasi di eutimia (Turchi et al., 2016; Cusi et al.2012), in cui diremmo che il paziente è “guarito”, spostando l’interesse anche sul funzionamento e sui sintomi residui in questo tipo di disturbi.

Per quanto riguarda la fase depressiva gli studi mostrano un’iperattivazione delle strutture limbiche a stimoli emotivi espressi dai volti ed una minor attivazione delle principali aree sottese alle funzioni cognitive superiori di controllo emotivo, in senso mood congruent rispetto al tono dell’umore, la quale costituisce il substrato neurale della maggior risonanza emotiva osservata nelle fasi di malattia. Risultati sostanzialmente confermati anche da studi che hanno usato paradigmi comportamentali i quali evidenziano compromissioni, sempre nel campione clinico, nel riconoscere emozioni congrue con il tono dell’umore, le quali si riflettono in una tendenza ad interpretare volti emotivamente neutri come tristi e volti che esprimono felicità come arrabbiati, nonché in una maggior difficoltà nel riconoscere la gioia, la quale aumenta con l’aumentare della gravità dei sintomi depressivi.

Congruentemente agli studi sulla fase depressiva, anche quelli sulla fase maniacale mostrano anomalie funzionali nell’attivazione delle regioni neurali coinvolte nel riconoscimento delle emozioni e nella patofisiologia dei disturbi dell’umore durante task di elaborazione delle emozioni a valenza negativa, come tristezza e paura, con iperattivazione dell’attività subcorticale e limbica nelle regioni coinvolte nell’elaborazione emotiva ed ipoattivazione delle regioni corticali prefrontali che si occupano del loro controllo. In linea, da un punto di vista comportamentale, i pazienti bipolari in fase maniacale mostrano difficoltà nel riconoscimento delle espressioni facciali di disgusto, paura e tristezza, in quest’ultimo caso correlata alla gravità dei sintomi maniacali.

Tale meccanismo “mood congruity effect” è da tempo considerato un meccanismo di amplificazione e di mantenimento degli episodi di malattia nel Disturbo Bipolare: un paziente in fase depressiva tenderà ad identificare meglio ed entrerà maggiormente in risonanza emotiva con l’emozione di tristezza, la quale andrà verso l’intensificazione e non sarà adeguatamente modulata dai controlli cognitivi top-down, a causa dei deficit di attivazione corticale e di connettività cortico-limbica sopra esposti. A tal proposito Phillips et al. (2014) postulano come la disregolazione dell’amigdala in risposta alle emozioni espresse dai volti, in particolare felici, possa essere l’espressione di una distorsione attentiva nell’elaborare stimoli a valenza positiva che potrebbe influire nel viraggio ipo/maniacale.

Dal momento che complessivamente la letteratura sottolinea una deficitaria capacità di inibizione delle strutture corticali su quelle limbiche, iperresponsive, deputate all’elaborazione delle emozioni facciali, questa potrebbe giocare un ruolo nell’instabilità emotiva caratteristica del disturbo, costituire un potenziale biomarcatore di tratto della patologia anche in considerazione che tali caratteristiche sono presenti anche in fase eutimica e non risultano presenti nei pazienti con Depressione Maggiore. Un’ulteriore e importante prova è che le stesse alterazioni si ritrovano nei campioni costituiti da parenti sani di primo grado di pazienti bipolari (per una revisione della letteratura vds. Turchi et al., 2016 e Cusi et al., 2012) e sembrano sottendere al deficit nelle funzioni metacognitive (Semerari et al, 2003; Carcione et al, 2010) osservato.

In conclusione

In considerazione della concordanza della letteratura e del fatto che da un punto di vista dell’intervento psicoterapeutico tale aspetto non è stato ancora adeguatamente attenzionato, a differenza di altri disturbi comunque cronici, risulterebbe estremamente utile sviluppare un dibattito ed estendere i lavori di ricerca scientifica anche a questo aspetto, soprattutto in considerazione del fatto che la psicoterapia cognitivo-comportamentale ed il trattamento psicofarmacologico esercitano effetti diversi sui circuiti neurali coinvolti nel riconoscimento delle emozioni, così come approfondire il ruolo di altre variabili della cognizione sociale.

Nello specifico, potrebbe risultare utile e stimolante per il nostro lavoro inserire nel trattamento psicologico del Disturbo Bipolare elementi e tecniche che considerino questi aspetti e studiarne l’impatto sulle fasi di malattia, sulla riduzione della sintomatologia residua e, in futuro, sulla prevenzione delle ricadute, senza tralasciare il miglioramento della qualità di vita grazie al lavoro sulle abilità sottostanti ad un adeguato funzionamento sociale.

 

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