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Distimia – Disturbo Distimico

Nella diagnosi di distimia, disturbo depressivo persistente, è importante considerare persistenza e continuità temporale dei sintomi somatici e psicologici

La persona affetta da distimia o disturbo distimico perde interesse per le normali attività quotidiane, si sente spesso scoraggiata e senza speranze, a livello lavorativo vi sono cali di produttività ed efficienza, e in generale è presente una bassa autostima e una sensazione di inadeguatezza.

Disturbo distimico o disturbo depressivo persistente i sintomi e il trattamento

Definizione di Distimia (Disturbo Depressivo Persistente)

Rispetto alla vasta diffusione del termine depressione, la parola distimia è molto meno conosciuta, anche se clinicamente risulta essere ampiamente presente all’interno del quadro dei disturbi dell’umore. Infatti la distima è un disturbo dell’umore, e può essere definita anche disturbo distimico; anzi, per essere più precisi, l’attuale DMS-5 ha sostituito il termine di Disturbo Distimico con quello di Disturbo Depressivo Persistente: l’aggettivo persistente sta ad indicare una caratteristica tipica della distimia, che presenta una evoluzione temporale dei sintomi maggiormente prolungata, continua e persistente nel tempo. In tal senso, nell’ultima edizione del DSM-5 questa nuova categoria diagnostica include sia il disturbo cronico depressivo maggiore che il precedente disturbo distimico. D’altro canto i sintomi dello spettro depressivo possono essere generalmente più lievi e meno acuti rispetto a quelli di una depressione maggiore, anche se vi possono essere casi di eguale gravità sintomatologica anche nella distimia. Generalmente la persona che ne è affetta e chi si relaziona con lei arrivano a confondere la sintomatologia distimica con i tratti della personalità della persona, proprio in funzione della persistenza nel tempo di tali sintomi. Questo atteggiamento non facilita dunque la richiesta di aiuto per una consultazione diagnostica e terapeutica in tempi precoci.

I sintomi della Distimia (Disturbo Depressivo Persistente)

Per soddisfare i criteri diagnostici della distimia (o Disturbo Depressivo Persistente) è importante fare riferimento alla persistenza e continuità temporale dei sintomi. Come nel caso di altri disturbi dell’umore, i sintomi sono di natura sia somatica che psicologica. Il quadro complessivo di tali sintomi e delle alterazioni del tono dell’umore comporta una compromissione del funzionamento sociale e lavorativo della persona. In particolare l’umore deflesso è presente quasi ogni giorno per almeno 2 anni. Inoltre sono presenti in concomitanza all’umore depresso almeno 2 dei seguenti sintomi: scarso appetito o iperfagia, insonnia o ipersonnia, astenia, bassa autostima, difficoltà di concentrazione o nel prendere decisioni, sentimenti di disperazione. In questo caso non vi sono pensieri di morte, ma nella persona prevalgono sensazioni di debolezza e inefficacia, pensieri negativi su se stessi e sul proprio futuro, bassa autostima, difficoltà nel provare piacere e nell’affrontare le difficoltà nella propria quotidianità. Va sottolineato che per fare disagnosi di disturbo depressivo persistente (o appunto Disturbo distimico) la sintomatologia sopra descritta non deve essere la conseguenza dell’assunzione di sostanze o di farmaci, oppure non deve essere legata ad altre condizioni mediche.

Come si manifesta la Distimia (Disturbo Depressivo Persistente)

La persona affetta da distimia perde interesse per le normali attività quotidiane, si sente spesso scoraggiata e senza speranze, a livello lavorativo vi sono cali di produttività ed efficienza, e in generale è presente una bassa autostima e una sensazione di inadeguatezza. Può essere faticoso e difficile provare emozioni positive, sono frequenti le lamentele e una visione negativa delle situazioni. Le persone con distimia danno spesso l’idea di essere eccessivamente critiche verso gli altri e verso se stesse.

Come nel caso di altri disturbi depressivi anche nella distimia sono presenti un umore deflesso e/o una diminuzione di interesse e/o piacere per le attività quotidiane (tra cui anche diminuzione del desiderio sessuale). Generalmente insorgono emozioni di tristezza, apprensione, rabbia, apatia. La persona si sente emotivamente labile (può esserci facilità al pianto), emergono pensieri di autosvalutazione e colpa, pessimismo, pensieri negativi e calo di autostima. Con la deflessione del tono dell’umore variano anche i livelli di energia fisica, faticabilità, la qualità del sonno e dell’appetito. Nella quotidianità la persona può percepire maggiore faticabilità e sensazione di stanchezza, cali di motivazione, difficoltà nella concentrazione e indecisione nell’affrontare le proprie incombenze o semplici azioni.

A livello cognitivo generalmente è presente una ricorrente ruminazione e/o rimuginio. La distimia, come la depressione maggiore, si caratterizza per l’assenza di episodi maniacali o ipomaniacali nella storia del paziente.
La persona con distimia, o disturbo depressivo ricorrente, può incorrere in comportamenti di evitamento nei diversi contesti sociali e lavorativi. In termini di funzionamento interpersonale e lavorativo, spesso la persona con distimia esperisce disagio e fatica nell’affrontare situazioni comuni della vita quotidiana. In tal senso, si innestano circoli viziosi tra evitamento e scarsa autostima che mantengono e peggiorano la sintomatologia distimica e le sue conseguenze.

Insorgenza e comorbilità della Distimia (Disturbo Depressivo Persistente)

Il disturbo può comparire sia nell’infanzia (in tal caso l’umore deflesso e l’irritabilità devono essere presenti per almeno un anno continuativo e consecutivo), che in adolescenza, nell’età adulta e in età senile. Si parla di esordio precoce se la distimia esordisce prima dei 21 anni, mentre se la patologia si presenta dopo i 21 anni l’esordio è definito tardivo. La prevalenza nel corso della vita del Disturbo distimico è approssimativamente del 6% e nelle donne vi è una maggiore probabilità rispetto agli uomini di insorgenza del disturbo distimico.

Essendo un disturbo non chiaramente visibile può accadere che non venga diagnosticato nè trattato, soprattutto nei casi in cui si ha poi una remissione spontanea e non si cronicizza negli anni successivi.

Come già citato nei paragrafi precedenti, spesso si confondono i sintomi della distimia come un insieme di atteggiamenti e comportamenti legati a tratti della personalità stabili pessimisti, negativi e cupi; in tal senso, non si coglie la necessità di chiedere il consulto di uno specialista per questi atteggiamenti e comportamenti che creano sofferenza alla persona. La distimia è un disturbo che crea molto disagio soggettivo, spesso sottovalutato, ma che oggi può essere efficacemente identificato, diagnosticato e trattato.

La distimia può essere presente in comorbilità con altri disturbi, tra cui i disturbi d’ansia, i disturbi di personalità, i disturbi alimentari e l’abuso di sostanze. In alcuni casi la distimia può precedere o seguire un episodio depressivo maggiore. Avere un disturbo distimico non riconosciuto e non trattato, aumenta la probabilità dell’insorgenza di ulteriori disturbi dell’umore, tra cui appunto la depressione maggiore.

Le cause della Distimia (Disturbo Depressivo Persistente)

Le cause della distimia, o disturbo depressivo persistente, sono complesse e devono riferirsi a un’eziopatogenesi multifattoriale in cui vi è una combinazione di fattori genetici, biologici, ambientali e psicologici, che possono costituire fattori di rischio e protettivi riguardo l’insorgenza e il mantenimento della patologia. Come nel caso di altri disturbi depressivi per quanto riguarda le cause biologiche, si pensa che non sia possibile stabilire una relazione diretta tra la qualità dell’umore e uno specifico neurotrasmettitore; tuttavia vari studi effettuati hanno confermato che eventi stressanti, soprattutto se prolungati, sono in grado di ridurre il tasso di alcuni neurotrasmettitori come la serotonina e la noradrenalina e di iperattivare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con conseguente aumento del cortisolo nel sangue, con conseguenze nella regolazione dell’umore.

Tra gli altri fattori che possono influenzare lo sviluppo di un quadro distimico-depressivo ci sono quelli ambientali-psicologici, che chiamano in causa il vissuto soggettivo di ciascuno e specifiche modalità di regolazione emotiva e di relazione con il mondo e con gli altri che apprendiamo fin dall’infanzia nel nostro contesto di vita. In particolare, sembra che alcune esperienze precoci negative possano facilitare lo sviluppo di una vulnerabilità alla depressione e sansazioni di mancanza di speranza verso il futuro. Tra i fattori causali, i fattori psicologici rivestono un ruolo chiave nell’insorgenza del quadro depressivo, e cioè il modo in cui la persona interpreta gli eventi e mobilita le risorse per farvi fronte.
Vi sono alcuni fattori di rischio che possono aumentare la probabilità dell’insorgenza di un disturbo depressivo ricorrente, tra questi citiamo: avere un parente di primo grado che ha un disturbo dell’umore; vivere eventi di vita stressanti o traumatici; storia anamnestica che includa altri disturbi mentali, ad esempio disturbi della personalità.

Il trattamento della Distimia (Disturbo Depressivo Persistente)

La distimia, o disturbo depressivo persistente, può essere efficacemente curata attraverso un approccio psicoterapico e/o farmacologico. Vale la pena ricordare che i disturbi depressivi non riconosciuti e/o non trattati possono portare la persona che ne è affetta a gravi conseguenze, tra cui l’inefficienza lavorativa, l’apatia, l’appiattimento affettivo-relazionale, l’ isolamento e in generale il peggioramento significativo di tutta la sintomatologia. È quindi fondamentale essere consapevoli e riconoscerne i sintomi di tali disturbi e rivolgersi a uno psicoterapeuta o a uno psichiatra per evitare la cronicizzazione e le conseguenze più gravi della malattia.

Dagli studi scientifici emerge che attualmente le cure più efficaci per i disturbi depressivi, tra cui appunto la distimia, sono il trattamento farmacologico abbinato alla psicoterapia cognitivo-comportamentale. L’integrazione tra il trattamento farmacologico e la psicoterapia cognitivo-comportamentale viene valutato dal clinico specialista a seconda del quadro clinico generale e della sua gravità. Vi sono casi trattabili esclusivamente attraverso la psicoterapia, altri attraverso un approccio combinato in cui risulta fondamentale anche l’intervento farmacologico.

Il trattamento farmacologico della distimia si rivela cruciale soprattutto nei casi in cui il disturbo si presenti in forma medio-grave e cronicizzato. I farmaci antidepressivi di nuova generazione agiscono mediante l’inibizione della ricaptazione della serotonina e la loro azione comincia in genere 2-3 settimane dopo l’inizio della cura. In alcuni casi possono presentarsi degli effetti collaterali, alcuni dei quali possono diminuire nel corso del trattamento.

Come nel caso della depressione maggiore, l’ intervento psicoterapeutico si focalizza soprattutto sull’attenta valutazione e correzione delle cognizioni attraverso cui il soggetto costruisce l’interpretazione, la spiegazione, l’anticipazione degli eventi passati presenti o futuri, la valutazione di se stesso e della sua vita, aiutando la persona a individuare e modificare le convinzioni disfunzionali che contribuiscono a creare, mantenere ed esacerbare la sofferenza emotiva.
 In relazione a ciò, si rileva come la correzione delle valutazioni distorte relative a se stessi, alla propria vita o al proprio futuro conduce ad un graduale cambiamento sul piano emotivo e comportamentale.

Parallelamente a ciò si inserisce l’intervento terapeutico rispetto al comportamento quotidiano del paziente, attuando in maniera graduale specifici cambiamenti e procedendo in direzione inversa rispetto alla tendenza all’inattività e all’isolamento sociale indotta dal disturbo.

In tal senso, a fronte della sintomatologia evidenziata è necessario attuare una progressiva riattivazione a livello comportamentale, che gradualmente consentirà alla persona di trarre sollievo e distrazione dalle rimuginazioni negative e dalla disforia, e successivamente permetterà di valutare empiricamente l’infondatezza delle idee estremamente negative relative a se stesso e alla propria capacità di svolgere le normali attività e di trarne piacere.
 In tale direzione, il cambiamento dei comportamenti depressivi consente di giungere a cambiamenti cognitivi, ovvero sul piano dei pensieri, della visione di se stesso e delle proprie capacità, della propria vita attuale e del proprio futuro. Quindi il cambiamento cognitivo conduce ad un conseguente miglioramento del tono dell’umore e ad una progressiva diminuzione dell’intensità dei vari sintomi manifestati, i quali a loro volta influiranno positivamente sui pensieri e sul comportamento quotidiano, interrompendo in tal modo il circolo vizioso della depressione in cui la persona si era intrappolata.

Bibliografia

  • American Psychiatric Association. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta Edizione. A cura di Biondi M. Raffaello Cortina Editore, Milano 2014.
  • http://www.dsm5.org/documents/changes%20from%20dsm-iv-tr%20to%20dsm-5.pdf
  • https://www.nice.org.uk/Guidance/cg90
  • Blaney, P. H., & Millon, T. (2009). Oxford textbook of psychopathology. New York: Oxford University Press. Chicago (Author-Date, 15th ed.).
  • Klein DN, et al. “Dysthymia and Chronic Depression: Introduction, Classification, Risk Factores, and Course”, Journal of Clinical Psychology (Aug. 2003): Vol. 59, No.8, pp. 807- 816.
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