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Relazioni tossiche: l’abuso va oltre il narcisismo

Perché potrebbe essere più utile usare l'espressione ''abuso interpersonale'' invece di etichettare l'altro e parlare di abuso narcisistico?

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Michela Di Gesù, Martina Gori, Giulia Onida, Matteo Zambianchi

Pubblicato il 28 Ott. 2024

Aggiornato il 08 Nov. 2024 11:00

Oltre lo stereotipo: capire il narcisismo e i suoi aspetti nascosti

Narcisista” è un termine che ultimamente ha guadagnato una certa popolarità nel linguaggio comune, anche grazie a social network come Instagram e TikTok, dove spopolano video di mental coach, psicologi o psicoterapeuti che rivelano, ad esempio, “i cinque step per disarmare un narcisista”.

Il “narcisista” ha dunque assunto nell’immaginario comune il ruolo del cattivo: autostima ipertrofica, incapacità di provare affetto, manipolazione e, per certi versi, sadismo.

Chi è invece il “narcisista” nell’universo psicologico? Per prima cosa, è bene specificare che il narcisismo è una dimensione, uno spettro. Ha i suoi lati positivi, come l’amor proprio o la spinta all’autorealizzazione, ma comincia a prendere una piega oscura quando l’individuo si concentra troppo su se stesso per confermare ad ogni costo l’immagine grandiosa e vincente di sé che ha in testa. In tal modo, si rischia di perdere di vista altri aspetti importanti della vita, tra cui le relazioni interpersonali. Fanno così capolino l’egocentrismo, l’immaturità emotiva, la tendenza a colpevolizzare gli altri (anziché prendersi le proprie responsabilità), la svalutazione e, nei casi più estremi, la manipolazione dell’altro.

Si parla di disturbo narcisistico di personalità quando i tratti narcisistici di un individuo diventano pervasivi al punto da costituire un ostacolo nel suo funzionamento quotidiano, provocando sofferenza psicologica intensa. Stereotipicamente si pensa che il narcisista si creda “chissà chi”, quando in verità la sua autostima è molto instabile. Anzi, l’idea gloriosa di sé che continua a proporsi nella mente non è altro che un tentativo di soluzione di un problema che lo terrorizza: una voragine di fragilità che non sa come sanare (American Psychiatric Association, 2022). Alla luce di tali considerazioni, è possibile confutare il luogo comune che considera il narcisista come individuo sinceramente persuaso della propria superiorità rispetto agli altri. Inoltre, l’aspetto abusante, machiavellico e manipolatorio è caratteristico solo di alcuni tipi di narcisismo, e non costituisce un tratto universale. 

Dunque, quando si parla di narcisismo non bisogna dimenticare che il narcisista è innanzitutto un individuo sofferente, che mette in atto meccanismi di adattamento o di difesa che hanno un grande costo per lui: quello di non potersi mai sentire veramente vicino a nessun altro essere umano.

Abuso narcisistico nelle relazioni

Ramani Durvāsulā, professoressa emerita di psicologia alla California State University di Los Angeles, definisce l’abuso narcisistico come un insieme di manipolazioni psicologiche, emotive, finanziarie o sessuali inflitte da un narcisista, a volte con controllo coercitivo o violenza fisica. Molte persone subiscono maltrattamenti nelle relazioni, ma si sostiene che, quando l’abusante è un narcisista, il livello di abuso sia più intenso, portando la vittima a sviluppare ipervigilanza, rimuginio, confusione, senso di colpa e dubbi su se stessa (Durvāsulā, 2024).

La comunità psicologica si domanda se l’abuso narcisistico non sia altro che un’erronea generalizzazione per condannare qualsiasi tipo di “cattivo” comportamento all’interno di una relazione, o se si tratti invece del cuore pulsante di relazioni incredibilmente manipolatorie da cui è difficile fuggire.

La Dr.ssa Fontes (Ellin, 2024), psicologa esperta in controllo coercitivo, violenza domestica e sessuale e abuso infantile, si domanda che senso abbia chiamare l’abuso interpersonale “abuso narcisistico”. Perché non chiamarlo semplicemente abuso? O controllo coercitivo? O molestia sessuale sul posto di lavoro?

In un articolo del Washington Post (Ellin, 2024), viene riportata la storia di Faith C. Echo, una donna vittima di un partner abusante. Il suo ex compagno controllava ogni suo movimento, installando videocamere e leggendo i suoi messaggi senza consenso. Sebbene questi comportamenti possano sembrare quelli di un narcisista, alcuni psicologi, come la Dr.ssa Fontes, si chiedono se tali azioni non possano essere semplicemente classificate come abuso, senza la necessità di attribuire una patologia specifica all’abusante.

Su questa linea il Dott. Gabriele Caselli, professore di psicologia presso la Sigmund Freud University di Milano e direttore scientifico di inTHERAPY, condivide una riflessione: se in una relazione veniamo sempre criticati, maltrattati e sminuiti, il primo problema che abbiamo è quello. Certo, il nostro partner potrebbe comportarsi così con noi per via di un processo narcisistico, ma anche di uno ossessivo-compulsivo di personalità. Perciò, il focus non dovrebbe essere etichettare l’altro, ma capire se l’altro, in questo caso il narcisista, è in grado di dialogare con noi per analizzare ciò che non va e impegnarsi a migliorare, o se il suo unico obiettivo è dimostrarci che ha ragione a trattarci male (Servizi Clinici Universitari, 2021).

In una relazione abusiva, pertanto, la priorità per la vittima dovrebbe essere ripristinare il proprio benessere e la propria sicurezza, indipendentemente dalla personalità o dalle caratteristiche dell’abusante. Concentrarsi sul narcisismo come spiegazione dell’abuso non cambierà il suo impatto su chi lo subisce.  L’abuso resta abuso, e la vittima merita supporto e protezione, al di là delle diagnosi.

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