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L’impatto del trauma nei primi tre anni di vita a livello neuronale e metacognitivo

In questo articolo, sono esaminati gli studi presenti in letteratura che indagano i danni neuronali conseguenti ad un trauma psicologico in età precoce

Di Mario Valente

Pubblicato il 07 Giu. 2023

Aggiornato il 16 Giu. 2023 14:50

L’impatto del trauma psicologico nei primi tre anni di vita sulle strutture neuronali e sullo sviluppo delle funzioni metacognitive: una panoramica delle ultime ricerche condotte con l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale.

Introduzione

 I traumi psicologici in età precoce possono avere effetti duraturi sul benessere psicologico e fisico dei bambini e dei giovani adulti. La ricerca scientifica ha dimostrato che tali traumi possono causare danni neuronali e alterazioni nel funzionamento del cervello, che possono influenzare il comportamento, le emozioni, la cognizione e la salute fisica futura dei soggetti coinvolti.

In questo articolo esploreremo le scoperte più recenti riguardo all’impatto del trauma sui processi metacognitivi e sulla regolazione emotiva, basate su studi che utilizzano la risonanza magnetica funzionale (fMRI). In particolare verranno esaminati gli studi presenti in letteratura che indagano i danni neuronali conseguenti ad un trauma psicologico in età precoce.

Il trauma e le strutture neuronali

Effetti del trauma sullo sviluppo neuronale

Il trauma nei primi anni di vita può causare alterazioni nelle strutture neuronali, in particolare nelle aree del cervello responsabili della regolazione emotiva e delle funzioni cognitive superiori. Ad esempio, uno studio di Teicher et al. (2016) ha dimostrato che i bambini esposti a traumi avevano una riduzione del volume dell’ippocampo, una struttura cerebrale cruciale per la memoria e l’apprendimento.

Impatto sulla corteccia prefrontale e sull’amigdala

La corteccia prefrontale e l’amigdala sono due importanti strutture cerebrali coinvolte nella regolazione delle emozioni e del comportamento.

La corteccia prefrontale è coinvolta nella pianificazione, nella presa di decisioni, nella regolazione dell’attenzione, del controllo cognitivo e nella modulazione delle emozioni. In particolare, la corteccia prefrontale dorsolaterale è coinvolta nella regolazione dell’attenzione e del controllo cognitivo, mentre la corteccia prefrontale ventromediale è coinvolta nella regolazione delle emozioni negative.

L’amigdala, d’altra parte, è coinvolta nell’elaborazione e nell’integrazione delle informazioni emotive, nella valutazione del pericolo, nella risposta all’ansia e nella regolazione delle emozioni attraverso il feedback alla corteccia prefrontale. In particolare, l’amigdala laterale è coinvolta nella valutazione del pericolo e nella risposta all’ansia, mentre l’amigdala basolaterale è coinvolta nell’elaborazione e nell’integrazione delle informazioni emotive.

Entrambe queste strutture cerebrali sono importanti per la regolazione delle emozioni e del comportamento, e le loro disfunzioni possono contribuire allo sviluppo di disturbi emotivi e comportamentali.

Il trauma psicologico in età precoce può avere un impatto significativo sull’amigdala, una struttura cerebrale coinvolta nella regolazione delle emozioni. Gli studi presenti in letteratura hanno dimostrato che i bambini che hanno subito traumi psicologici in età precoce possono avere un’amigdala iperattiva, che può influire sulla loro capacità di gestire le emozioni e di adattarsi alle situazioni stressanti.

Uno studio condotto da De Bellis et al. (2002) ha utilizzato la tomografia ad emissione di positroni (PET) per esaminare l’attività dell’amigdala in bambini che avevano subito abusi in età precoce e bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno mostrato un’amigdala iperattiva nei bambini che avevano subito abusi, che si correlava con l’esperienza di stress e la presenza di sintomi di ansia e depressione.

Uno studio condotto da Tottenham et al. (2010) ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per esaminare le differenze nell’attività dell’amigdala tra bambini che avevano subito abusi in età precoce e bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno evidenziato un’amigdala iperattiva nei bambini che avevano subito abusi, che potrebbe spiegare le difficoltà nell’elaborazione delle emozioni e nell’adattamento alle situazioni stressanti. Inoltre, gli autori hanno osservato che i bambini che avevano subito abusi presentavano una ridotta attivazione della corteccia prefrontale ventromediale, una struttura cerebrale coinvolta nella regolazione delle emozioni negative. Similmente, uno studio di Malter Cohen et al. (2013) ha scoperto che i bambini con traumi precoci presentano una maggiore attivazione dell’amigdala in risposta a stimoli emotivi rispetto ai controlli. Inoltre, questi bambini mostrano una ridotta connettività tra l’amigdala e la corteccia prefrontale, suggerendo un’alterata regolazione emotiva.

Uno studio condotto da McCrory et al. (2011) ha utilizzato la risonanza magnetica (MRI) per esaminare le differenze nella struttura cerebrale tra adolescenti che avevano subito abusi fisici in età precoce e adolescenti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno rivelato che gli adolescenti che avevano subito abusi presentavano una riduzione del volume di alcune regioni della corteccia prefrontale, che sono coinvolte nella regolazione delle emozioni e del comportamento.  Anche uno studio condotto da McLaughlin et al. (2014) ha utilizzato la risonanza magnetica per esaminare le differenze nella struttura cerebrale tra adolescenti che avevano subito un trauma psicologico in età precoce e adolescenti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno evidenziato una riduzione del volume di alcune regioni della corteccia prefrontale dorsolaterale, che sono coinvolte nella regolazione dell’attenzione, della pianificazione e del controllo cognitivo.

Un altro studio condotto da Tottenham et al. (2010) ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per esaminare le differenze nell’attività cerebrale tra bambini che avevano subito abusi fisici e/o sessuali in età precoce e bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno evidenziato una riduzione dell’attività nella corteccia prefrontale ventromediale, che è coinvolta nella regolazione delle emozioni, dell’empatia e del comportamento sociale.

Queste alterazioni strutturali potrebbero spiegare i problemi cognitivi e comportamentali che spesso si riscontrano nei soggetti che hanno subito un trauma psicologico in età precoce.

Effetti del trauma sulle funzioni metacognitive

Le funzioni metacognitive si riferiscono alla capacità di monitorare, valutare e controllare i propri processi cognitivi e affettivi. Queste abilità sono cruciali per il successo nella vita quotidiana e sono state associate a una serie di risultati positivi, tra cui una migliore regolazione delle emozioni, una maggiore resilienza e una migliore adattabilità sociale (Flavell, 1979).

Ridotta autoregolazione in bambini traumatizzati

La capacità di autoregolazione è un aspetto chiave dello sviluppo cognitivo e comportamentale dei bambini. Tuttavia, i bambini che subiscono traumi psicologici in età precoce possono avere difficoltà nell’autoregolazione, che può influire sulla loro capacità di gestire le emozioni, di adattarsi ai cambiamenti e di interagire con gli altri.

Uno studio di Kim et al. (2017) ha utilizzato la fMRI per esaminare le differenze nella connettività funzionale tra bambini con esperienze precoci avverse e controlli sani. I risultati hanno mostrato che i bambini con traumi avevano una ridotta connettività tra le aree prefrontali e le regioni limbiche, suggerendo un’alterata capacità di autoregolazione delle emozioni.

Uno studio condotto da Pollak et al. (2010) ha valutato la capacità di autoregolazione in bambini che avevano subito abusi fisici e/o sessuali in età precoce, utilizzando una serie di test comportamentali. I risultati hanno mostrato che i bambini che avevano subito abusi presentavano difficoltà nell’autoregolazione, che si manifestavano in comportamenti impulsivi, difficoltà nell’adattamento alle situazioni nuove e difficoltà nell’interazione sociale.

Un altro studio condotto da Pechtel et al. (2013) ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per esaminare le differenze nell’attività cerebrale tra bambini che avevano subito abusi in età precoce e bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno evidenziato una ridotta attivazione della corteccia prefrontale dorsolaterale, che è coinvolta nella regolazione dell’attenzione, della pianificazione e del controllo cognitivo.

Infine, uno studio condotto da Cicchetti e Rogosch (2012) ha esaminato la capacità di autoregolazione in bambini che avevano subito abusi fisici e/o sessuali in età precoce, utilizzando una serie di test comportamentali e valutazioni psicologiche. I risultati hanno mostrato che i bambini che avevano subito abusi presentavano una ridotta capacità di autoregolazione, che si manifestava in comportamenti impulsivi, difficoltà nell’adattamento alle situazioni nuove e difficoltà nell’interazione sociale.

Queste difficoltà nell’autoregolazione potrebbero essere legate alla maggiore esposizione al rischio di sviluppare disturbi psicologici come la depressione e l’ansia e sottolineano l’importanza di fornire un supporto adeguato ai bambini che hanno subito abusi in età precoce, al fine di aiutare a sviluppare la capacità di autoregolazione e di prevenire i rischi di problemi emotivi e comportamentali futuri.

Impatto sulla teoria della mente e sulle abilità sociali

La teoria della mente si riferisce alla capacità di comprendere e attribuire stati mentali ad altre persone, come credenze, desideri, intenzioni, emozioni e pensieri. In altre parole, si tratta della capacità di comprendere che le altre persone hanno un mondo mentale proprio, che può essere diverso dal nostro, e di utilizzare queste informazioni per comprendere e prevedere il loro comportamento.

La teoria della mente è una capacità fondamentale per la comunicazione, la comprensione sociale, l’empatia e la cooperazione. Gli individui che hanno difficoltà nella teoria della mente, ad esempio, possono avere difficoltà a comprendere le emozioni degli altri, a prevedere il loro comportamento o a seguire le regole sociali.

La teoria della mente si sviluppa durante l’infanzia, attraverso l’esperienza sociale e l’interazione con gli altri. Gli studi hanno dimostrato che il cervello umano ha una rete di regioni cerebrali specializzate nella teoria della mente, che sono coinvolte nell’elaborazione e nell’interpretazione degli stati mentali degli altri.

Uno studio di Puetz et al. (2014) ha esaminato le differenze nella teoria della mente tra bambini con traumi precoci e controlli sani, utilizzando la fMRI. I risultati hanno rivelato che i bambini traumatizzati mostravano un’attivazione ridotta nelle aree cerebrali associate alla teoria della mente, come il polo temporale e la corteccia prefrontale mediale, suggerendo un possibile impatto del trauma sullo sviluppo delle abilità sociali.

Uno studio condotto da Pollak et al. (2000) ha esaminato la capacità di comprendere le emozioni degli altri in bambini che avevano subito maltrattamenti in età precoce e bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno evidenziato che i bambini che avevano subito maltrattamenti avevano una ridotta capacità di comprendere le emozioni degli altri, in particolare le emozioni negative, rispetto ai bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico.

Un altro studio condotto da Bos et al. (2011) ha esaminato la capacità di prevedere il comportamento degli altri in bambini che avevano subito abusi in età precoce e bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno mostrato che i bambini che avevano subito abusi avevano una ridotta capacità di prevedere il comportamento degli altri, in particolare in situazioni sociali ambigue.

In sintesi, gli studi presenti in letteratura indicano che il trauma psicologico in età precoce può influire sulla capacità di sviluppare la teoria della mente, con una ridotta capacità di comprendere le emozioni degli altri, di prevedere il loro comportamento e di interpretare il significato delle espressioni facciali.

Regolazione emotiva e strutture corticali e subcorticali

Le strutture corticali e subcorticali svolgono un ruolo importante nella regolazione emotiva. Il trauma può influenzare lo sviluppo e il funzionamento di queste strutture, con conseguenze durature sulla capacità di un individuo di gestire le emozioni.

Corteccia cingolata anteriore e regolazione emotiva

La corteccia cingolata anteriore (CCA) è una regione cerebrale situata nella parte anteriore del giro del cingolo. È coinvolta nella regolazione emotiva e nella risposta al dolore fisico e psicologico.

 La corteccia cingolata anteriore è divisa in due parti, la corteccia cingolata ventromediale (CCVm) e la corteccia cingolata dorsolaterale (CCDl). La corteccia cingolata ventromediale è coinvolta nella regolazione delle emozioni e nella valutazione dell’importanza emotiva degli stimoli, mentre la corteccia cingolata dorsolaterale è coinvolta nella regolazione del controllo cognitivo e nel monitoraggio degli errori.

La corteccia cingolata anteriore è in grado di integrare informazioni sensoriali ed emotive provenienti da diverse regioni cerebrali, come l’amigdala, il talamo, la corteccia prefrontale e il sistema limbico. Inoltre, la corteccia cingolata anteriore è in grado di modulare l’attività di queste regioni cerebrali attraverso la sua connessione con il sistema neuroendocrino e il sistema nervoso autonomo.

La disfunzione della corteccia cingolata anteriore è stata associata a diversi disturbi emotivi, come la depressione, l’ansia e il disturbo da stress post-traumatico.

Gli studi presenti in letteratura hanno dimostrato che i bambini che hanno subito traumi psicologici in età precoce possono avere una ridotta attività della corteccia cingolata anteriore, con conseguente difficoltà nella regolazione emotiva e nel controllo dell’impulso.

Uno studio di Marusak et al. (2015) ha esaminato l’attivazione della corteccia cingolata anteriore in risposta a stimoli emotivi in ​​bambini con traumi precoci. I risultati hanno mostrato che i bambini traumatizzati avevano un’attivazione ridotta della corteccia cingolata anteriore, suggerendo una compromissione nella regolazione emotiva.

Uno studio condotto da Carrion et al. (2010) ha esaminato l’attività della corteccia cingolata anteriore in bambini che avevano subito abusi in età precoce e bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno evidenziato una ridotta attività della corteccia cingolata anteriore nei bambini che avevano subito abusi, rispetto ai bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico.

Un altro studio condotto da Hanson et al. (2010) ha esaminato l’attività della corteccia cingolata anteriore in adolescenti che avevano subito abusi in età precoce e adolescenti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno evidenziato una ridotta attività della corteccia cingolata anteriore negli adolescenti che avevano subito abusi, rispetto agli adolescenti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico.

Infine, uno studio condotto da Kim et al. (2013) ha esaminato la connettività funzionale della corteccia cingolata anteriore in bambini che avevano subito abusi in età precoce e bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno mostrato una ridotta connettività funzionale della corteccia cingolata anteriore con altre regioni cerebrali coinvolte nella regolazione emotiva nei bambini che avevano subito abusi, rispetto ai bambini che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico.

Gli studi indicano che il trauma psicologico in età precoce può influire sull’attività e sulla connettività funzionale della corteccia cingolata anteriore, con conseguente ridotta capacità di regolazione emotiva e di controllo dell’impulso.

Striato ventrale e ricompensa

Lo striato ventrale è una regione del cervello che fa parte del sistema dopaminergico di ricompensa. È coinvolto nella motivazione, nella valutazione delle ricompense e dei piaceri, e nella regolazione del comportamento motivato dalla ricerca di ricompense.

La funzione principale dello striato ventrale è quella di ricevere informazioni sulle ricompense e sulla motivazione provenienti dal sistema limbico e dal sistema dopaminergico, e di integrarle con informazioni sensoriali e cognitive provenienti da altre regioni cerebrali. In questo modo, lo striato ventrale è in grado di valutare l’importanza e il valore delle ricompense e di regolare il comportamento motivato dalla ricerca di ricompense.

Le ricompense sono eventi o stimoli che promuovono il comportamento motivato dalla loro ricerca. Il sistema dopaminergico di ricompensa è coinvolto nella regolazione della risposta alle ricompense, e lo striato ventrale è una delle principali regioni cerebrali coinvolte in questo processo. La stimolazione dello striato ventrale da parte di ricompense può indurre la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore associato alla sensazione di piacere e benessere.

Uno studio condotto da Mehta et al. (2010) ha esaminato l’attività dello striato ventrale in adolescenti che avevano subito abusi in età precoce e adolescenti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno evidenziato una ridotta attività dello striato ventrale negli adolescenti che avevano subito abusi, rispetto agli adolescenti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico.

Un altro studio condotto da Pechtel et al. (2013) ha esaminato l’attività dello striato ventrale in adulti che avevano subito abusi in età precoce e adulti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno evidenziato una ridotta attività dello striato ventrale negli adulti che avevano subito abusi, rispetto agli adulti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico.

Uno studio condotto da Dannlowski et al. (2012) ha esaminato la struttura dello striato ventrale in adulti che avevano subito abusi in età precoce e adulti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico. I risultati hanno mostrato una ridotta densità di materia grigia nello striato ventrale negli adulti che avevano subito abusi, rispetto agli adulti che non avevano subito alcun tipo di trauma psicologico.

Uno studio di Dillon et al. (2009) ha utilizzato la fMRI per esaminare l’attivazione dello striato ventrale in risposta a stimoli di ricompensa in adulti con storia di traumi infantili. I risultati hanno mostrato che i soggetti con traumi avevano una minore attivazione dello striato ventrale rispetto ai controlli, suggerendo una ridotta sensibilità alla ricompensa e potenzialmente una compromissione nella regolazione delle emozioni positive.

In conclusione la disfunzione dello striato ventrale e del sistema dopaminergico di ricompensa può contribuire allo sviluppo di disturbi emotivi e comportamentali, come la dipendenza da sostanze, la depressione e il disturbo da gioco d’azzardo.

Conclusioni

Immaginate di essere testimoni di uno straordinario viaggio alla scoperta del cervello umano, in particolare di come i traumi psicologici nei primi tre anni di vita plasmano il nostro sviluppo neuronale e cognitivo. Questo è ciò che le recenti ricerche hanno compiuto, rivelando sorprendenti connessioni tra trauma, funzioni metacognitive e regolazione emotiva, offrendo così nuove prospettive per la psicoterapia.

Grazie all’affascinante tecnologia della risonanza magnetica funzionale, gli scienziati sono riusciti a svelare i segreti nascosti dietro l’influenza del trauma sullo sviluppo cerebrale. Queste scoperte rivoluzionarie sono fondamentali per i professionisti della salute mentale e della psicoterapia, poiché aprono le porte a nuove e più efficaci strategie di trattamento.

I terapeuti possono attingere a questa conoscenza per aiutare i pazienti a gestire meglio le emozioni negative, grazie alla comprensione delle strutture cerebrali che regolano le emozioni. Un mondo in cui la consapevolezza di sé e la comprensione delle proprie reazioni emotive diventano strumenti preziosi per superare i traumi.

Ecco cosa queste scoperte significano per il futuro della psicoterapia: un approccio più mirato e personalizzato al trattamento, che può far emergere la guarigione e la resilienza in coloro che hanno vissuto traumi precoci. La conoscenza è potere, e in questo caso, la potenza di trasformare vite.

In conclusione, le ricerche sull’impatto del trauma psicologico ci hanno offerto nuove strade per affrontare le sfide della salute mentale. Con una migliore comprensione delle dinamiche cerebrali, i professionisti possono ora lavorare a strategie terapeutiche più efficaci, regalando una luce di speranza a chi ne ha bisogno.

La comprensione di come il trauma influenzi lo sviluppo delle funzioni metacognitive può aiutare i terapeuti a sviluppare strategie per aiutare i pazienti a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie reazioni emotive.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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