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Che adulto diventa il bambino con ADHD?

Gli adulti con ADHD possono esperire difficoltà che investono le funzioni esecutive, la regolazione emotiva, la sfera lavorativa e quella relazionale

Di Raffaella Camiscia

Pubblicato il 31 Mar. 2022

L’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da due cluster fondamentali di sintomi: l’inattenzione e l’iperattività-impulsività.

 

Normalmente quando si sente parlare di ADHD tale patologia viene associata immediatamente ad un soggetto in età evolutiva. È vero che tanti dei bambini che presentano ADHD ottengono buone risposte al trattamento entro la prima età adulta, ma alcuni di loro continuano a lamentare sintomi in età adulta anche molto diversi da quelli presenti nel bambino. Non ci capiterà di vedere un uomo adulto con ADHD correre per la stanza o comportarsi in maniera oppositiva con altri adulti. Infatti l’ADHD è una patologia che tende a manifestarsi con modalità differenti nelle diverse fasi della vita, quindi bambini e adulti con la medesima psicopatologia potrebbero essere caratterizzati da fenotipi molto diversi, al punto che alcuni autori si sono chiesti se sia necessario definire l’Adult-ADHD come un disturbo differente. Per quanto riguarda l’infanzia, tendenzialmente qualsiasi bambino in età prescolare presenta una scarsa concentrazione unita ad alti livelli di attività e impulsività, nonostante ciò i bambini con diagnosi di ADHD spiccano. Questi bambini mostrano una forte irrequietezza motoria, molto spesso non finalizzata, ed una povera intensità di gioco. Spesso a tali sintomi possono accompagnarsi un ritardo dello sviluppo, comportamento di tipo oppositivo e abilità sociali al di sotto della media.

Queste caratteristiche si ripercuotono in molti casi sullo stile parentale a causa dell’alto livello di stress dovuto alla frustrazione di un bambino che non risponde ai comandi: in molti casi quindi il genitore esacerba il comportamento del bambino utilizzando uno stile parentale maggiormente autoritario. Infatti un outcome frequente è l’emergere di conflitti genitori-figli caratterizzati da una diminuzione dell’efficacia genitoriale e da un aumento dello stress.

L’ADHD in età scolare

Per quanto riguarda l’età scolare, sembra che questi bambini siano a maggior rischio di esperire un fallimento accademico, così come un rifiuto da parte dei pari e un basso livello di autostima. In questa fase della vita inizia a risultare evidente come gli altri membri della famiglia si rifiutino di prendersi cura del bambino o anche come quest’ultimo non venga invitato a giocare da altri bambini.

In adolescenza l’iperattività tende a diminuire, ma persistono sintomi quali l’inattenzione, l’impulsività e l’irrequietezza. Questi possono ripercuotersi sullo sviluppo di un coeso senso di sé, inoltre è possibile che ragazzi con ADHD sviluppino comportamenti aggressivi e antisociali.

Gli adolescenti con ADHD riportano di avere maggiori conflitti con genitori e pari e sono maggiormente a rischio di abbandono scolastico, gravidanze precoci e comportamenti criminali.

L’ADHD in età adulta

I pazienti con ADHD in età adulta hanno manifestazioni diverse di inattenzione, impulsività e iperattività. Quest’ultima potrebbe manifestarsi come irrequietezza, prolissità o eccessiva agitazione anche in situazioni in cui è richiesto di stare fermi, per esempio nel corso di un meeting o durante le lezioni universitarie. L’impulsività potrebbe esprimersi come impazienza, tendenza ad agire senza pensare e incapacità di tenersi un lavoro o di portare avanti relazioni personali. Infine, l’inattenzione potrebbe esplicitarsi con il sentirsi spesso annoiati, incapaci di prendere decisioni, ma anche con la tendenza a procrastinare gli impegni o con l’essere disorganizzati e distratti.

Comunque in età adulta il tipo prevalentemente inattentivo di ADHD sembra essere quello con più alta prevalenza: infatti la domanda esterna in termini di attenzione cresce con l’età e ciò rende l’impairment più evidente. Questi sintomi, in primo luogo l’inattenzione, l’irrequietezza e l’eccessivo mind wandering, sarebbero la spiegazione per cui questi pazienti risultano essere meno propensi a iscriversi all’università. I pazienti riportano che il mind wandering che esperiscono sia caratterizzato da pensieri distraenti non focalizzati e di breve durata, che non presentano un pattern ripetitivo o anormalità nel contenuto.

Le principali difficoltà degli adulti con ADHD

In età adulta questi pazienti tendono ad avere in generale più problemi relativi al mondo del lavoro a partire dalla ricerca dei primi impieghi fino alla performance lavorativa in sé. Questi soggetti sono a maggior rischio di licenziamento rispetto alla popolazione normale, infatti spesso si trovano a cambiare più volte tipologia di lavoro prima di trovarne uno in cui abbiano successo. Tendono inoltre ad avere problemi interpersonali e difficoltà con superiori e colleghi, spesso causati da assenteismo, eccessivi errori e ritardi.

I pazienti spesso lamentano un umore fluttuante, incapacità di tollerare la frustrazione e lo stress, irritabilità: tali problematiche sono spesso la causa di difficoltà relazionali con parenti, partners e amici. I problemi interpersonali sono quelli che maggiormente spingono i pazienti a ricercare aiuto. Le relazioni dei pazienti con ADHD sono spesso poco durature e turbolente ed i divorzi sono molto più frequenti.

Gli adulti ADHD tendono a presentare caratteristiche che in certi casi sono utili a supportare la diagnosi. I disturbi del sonno sono presenti nel 70% dei soggetti: molti riferiscono di essere troppo mentalmente e fisicamente inquieti per addormentarsi.

La disregolazione emotiva viene indicata anche nel DSM-5 come criterio supportivo alla diagnosi: questa è caratterizzata da labilità emotiva, scarsa tolleranza alla frustrazione ed irritabilità.

Da un punto di vista neuropsicologico questi pazienti hanno spesso difficoltà nelle funzioni esecutive, in particolare nell’inibizione e nella working memory.

Anche i comportamenti a rischio sono parte del compromesso funzionamento psicosociale di questi individui. L’uso e l’abuso di droghe è significativamente maggiore nei soggetti con ADHD che non hanno ricevuto un adeguato trattamento così come la guida pericolosa e di conseguenza gli incidenti stradali. È stato stimato che circa un quarto dei soggetti che soffrono di disturbo da abuso di sostanze hanno in comorbidità l’ADHD ed hanno una prognosi peggiore rispetto ai soggetti senza ADHD. Già da bambini, questi pazienti sono associati ad un più alto livello di sensation seeking, un tratto di personalità definito dalla ricerca di esperienze e/o sensazioni e da una maggiore facilità di assumersi rischi per raggiungere tali stati.

Risulta quindi evidente come il disturbo si manifesti in maniera significativamente differente in età adulta. Molto spesso questi pazienti sono misdiagnosticati e quindi non trattati in maniera adeguata, vengono infatti inquadrati o all’interno di disturbi affettivi di Asse I come la Depressione Maggiore o il Disturbo Bipolare o all’interno dei disturbi di Asse II, specialmente il Disturbo Borderline di Personalità (BPD). Ciò avviene anche a causa dell’inadeguatezza dei criteri diagnostici di cui disponiamo attualmente, che sono modellati per una diagnosi in età evolutiva. Comunque, nonostante questi siano rimasti invariati anche nell’ultima versione del DSM, sono stati aggiunti diversi esempi per aiutare il clinico ad applicare correttamente i criteri ad un soggetto adulto. Rimane di fondamentale importanza sviluppare strumenti per identificare l’Adult-ADHD in modo tale da poter fornire trattamenti adeguati ai soggetti che ne soffrono.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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