
Il ruolo trans diagnostico del trauma è attualmente al centro del dibattito tra clinici e ricercatori che si occupano di psicosi ed esordio psicotico, anche se in passato è stato poco considerato a causa della tendenza a non indagare altri sintomi clinici ed esperienze precoci in seguito ad una diagnosi di disturbo psicotico.
Antonio Cozzi e Sharon Vitarisi – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca, Milano
Psicosi: quando il rapporto con la realtà si altera
Messaggio pubblicitario Il termine psicosi, riassume uno spettro di disturbi psichiatrici che si manifestano con severi sintomi cognitivi, percettivi, affettivi e comportamentali, in cui il rapporto con la realtà circostante può essere gravemente alterato. Il disturbo più invalidante in questo cluster è la Schizofrenia.
I disturbi psicotici, come indica il DSM 5, hanno un’età di insorgenza compresa tra 14 e i 35 anni e si manifestano con sintomi positivi e negativi, disorganizzazione del pensiero e del linguaggio, bizzarrie comportamentali, disturbi affettivi e marcato calo del funzionamento (APA, 2013).
I sintomi positivi consistono principalmente in disturbi del pensiero, deliri ed allucinazioni. I sintomi negativi consistono in un insieme di comportamenti collegati all’appiattimento emotivo, l’apatia, l’abulia, la passività, portando a stati di forte ritiro sociale.
Tali disturbi, come detto precedentemente, hanno un esordio collocato nell’adolescenza e nella giovane età adulta, ma sono preceduti da fasi prodromiche molto lunghe, che possono durare anni, in cui si manifestano i primi sintomi generici, sottosoglia, intermittenti, e il calo del funzionamento, fino alla strutturazione dei sintomi psicotici principali. L’intervento precoce in questi stati mentali a rischio può evitare o ritardare la transizione alla psicosi, ridurre l’impatto dei sintomi e favorire un buon adattamento e funzionamento (Cozzi, 2017).
Trauma e PTSD
Nel DSM 5 troviamo, tra i vari disturbi psicopatologici, un capitolo dedicato ai disturbi correlati a trauma e stress. Viene suddivisa in: Disturbo reattivo dell’attaccamento, Disturbo da impegno sociale disinibito, Disturbo da stress post-traumatico (PTSD), Disturbo da stress acuto, Disturbi dell’adattamento e altri due disturbi con altra o senza specificazione.
La diagnosi di Trauma Complesso non viene riconosciuta dal DSM 5. Vari filoni di ricerca si stanno occupando di determinare e studiare quelli che sono gli effetti a lungo termine dell’abuso, del maltrattamento e della trascuratezza nell’infanzia, sulla salute mentale e sull’organizzazione di personalità dell’adulto. Accesi dibattiti e punti di domanda ancora aperti lasciano tale argomento all’interno di controversie. Il Disturbo da Stress Post-Traumatico è legato all’esposizione ad un singolo evento di minaccia alla vita e riporta sintomi ben definiti. Un buon obiettivo sarebbe differenziare il PTSD Complesso attraverso una definizione più chiara ed esaustiva dei suoi sintomi sull’individuo.
Traumi precoci e attaccamento
Molti clinici, indipendentemente dalla scuola teorica di riferimento, ritengono significativa l’influenza delle esperienze di “piccoli e grandi traumi” vissuti nei primi anni di vita, sull’instaurarsi del disagio psicologico. Brown et al. (1993) ritengono che l’esposizione a stimoli imprevedibili e incontrollabili nel corso dell’infanzia o l’esposizione a esperienze di abbandono e separazione possano predisporre a sintomi psicotici.
Inoltre, è importante prendere in considerazione non solo l’evento traumatico e il suo effetto, ma anche la capacità mentale di elaborazione del soggetto. Un evento innocuo per un adulto può risultare sconvolgente e traumatico per un bambino (Faretta, 2001). Per questo motivo è essenziale considerare anche l’atteggiamento dei genitori. Apprensività, severità, rigidità tendono a prendere il controllo totale sulla vita dei figli, riducendo così la loro capacità di esplorazione autonoma e di conseguimento di sicurezza in se stessi (Parker, 1981).
Messaggio pubblicitario Le emozioni che il bambino sperimenta fanno da sfondo alla creazione di un certo tipo di attaccamento o separazione, poiché è grazie ad esse che il bambino intuisce se richiamare l’attenzione della madre o allontanarsene (Panksepp, 1998). L’attaccamento, secondo una definizione universale, può considerarsi come il tono emotivo che unisce il bambino e l’adulto che si prende cura di lui. Come tale comprende il carattere generale della relazione, la modalità reciproca di entrare in rapporto, il modo di pensare, di sentire le cose, di comportarsi e agire (Hazan et al., 1998).
Possiamo ipotizzare, con la dovuta cautela, che tali esperienze, il tipo di attaccamento, la vulnerabilità familiare e i fattori biologici del bambino possano influire sulla comparsa in età adolescenziale o adulta di sintomi psicopatologici e di possibili esordi psicotici.
Traumi precoci e Psicosi
Gli eventi traumatici rappresentano dunque un importante fattore di rischio nello sviluppo delle psicosi, in particolare quando essi sono collocati nell’infanzia e nelle prime esperienze familiari. Varese e colleghi (2012), hanno condotto un’importante meta-analisi in cui hanno evidenziato il ruolo di eventi come il neglect, gli abusi fisici, sessuali ed emotivi, i lutti precoci e le esperienze di bullismo in queste sindromi.
Tali esperienze, così come il coinvolgimento o l’aver assistito a eventi incontrollabili, incidenti, attentati, catastrofi naturali e guerre, sono dunque fattori predisponenti per uno stato Ultra High Risk (UHR) per i disturbi psicotici (Bechdolf et al, 2010), allo stesso modo è molto probabile come questi eventi possano fungere da evento di rottura – la goccia che fa traboccare il vaso – nei soggetti con un’elevata vulnerabilità, portando alla slatentizzazione di un disturbo psicotico sottostante (Van Os, 2008).
Gli abusi sessuali, in particolare, sembrano essere gli eventi che più degli altri influenzano la transizione da uno stato UHR ad un disturbo franco (Cutajar et al., 2010; Thompson et al., 2014).
La ricerca, inoltre, mostra come vi sia una frequente associazione tra i disturbi post-traumatici da stress (PTSD) e lo sviluppo successivo di sintomi psicotici (Bechdolf et al., 2010; Gibson et al., 2016; Kline et al., 2016), sottolineando ancor di più l’importanza di effettuare un’indagine sulla presenza di tali eventi nella storia di vita dei pazienti a rischio. Considerando l’ampia incidenza del trauma legato alla violenza nelle psicosi, la ricerca ha inoltre ipotizzato il ruolo causale delle esperienze di vittimizzazione, i risultati preliminari sembrano essere in linea con tale ipotesi (Hardy, 2017).
Difatti, disturbi psicotici e PTSD sembrano condividere caratteristiche e sintomi clinici come ad esempio le dispercezioni, il ritiro sociale, la dissociazione. Bailey e colleghi (2018) hanno inoltre studiato le possibili interazioni nel tempo tra PTSD e sintomi UHR in adolescenti, notando come le esperienze traumatiche possano effettivamente portare alla comparsa di sintomi positivi come i deliri e le allucinazioni.
Sebbene le esperienze traumatiche siano estremamente diffuse nelle sindromi psicotiche, è importante sottolineare come esse non debbano necessariamente sfociare in disturbi psichiatrici. Vi sono fattori come la durata di un trauma, il fatto che esso sia ripetuto nel tempo, la resilienza dell’individuo e del caregiver, i quali sembrano avere un effetto esacerbante rispetto all’impatto di questi eventi (Kline et a.l, 2016).
Un recente studio, infine, ha indagato l’impatto di mediatori specifici attivi nell’associazione tra esperienze avverse nell’infanzia e psicosi. In particolare, emerge come vi siano specifiche famiglie di variabili, tra cui i sintomi post-traumatici, la disregolazione affettiva, processi cognitivi, impatto degli eventi di vita ed esposizione ad altri fattori di rischio, come l’abuso di sostanze (Williams et al, 2018)
Il ruolo trans diagnostico del trauma è dunque attualmente al centro del dibattito tra clinici e ricercatori che si occupano di esordio psicotico, anche se in passato è stato poco considerato a causa della tendenza a non indagare altri sintomi clinici ed esperienze precoci in seguito ad una diagnosi di disturbo psicotico. Attualmente, tale rinnovata attenzione ha stimolato la sperimentazione di protocolli indirizzati specificamente ai sintomi traumatici nel trattamento dei disturbi psicotici (Cozzi, 2018).
Consigliato dalla redazione
Dal trauma precoce alle psicosi: il Traumagenic Neurodevelopmental Model
Bibliografia
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