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Rischio psicosi ed esordio psicotico: stato dell’arte e review delle nuove concettualizzazioni cliniche e diagnostiche relative agli stati mentali high risk

In tema psicosi, negli ultimi anni vi è stato uno sviluppo di nuovi modelli di riconoscimento dell' esordio psicotico, focalizzati sulle fasi prodromiche

Di Antonio Cozzi

Pubblicato il 11 Ott. 2017

Aggiornato il 28 Mar. 2018 11:28

Esistono svariate ricerche sull’esordio ed il decorso delle psicosi, le quali hanno mostrato come fosse possibile rintracciare nella storia di vita di pazienti psicotici una serie di segnali e sintomi predittivi dello sviluppo patologico. Ciò ha portato allo sviluppo di nuovi ed efficienti approcci e modelli di riconoscimento dell’ esordio psicotico ed intervento, focalizzati sulla fasi prodromiche del disturbo.

Antonio Cozzi – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca, Milano

 

Le Psicosi

I disturbi psicotici, inclusa la Schizofrenia, sono attualmente ritenuti tra i disturbi mentali maggiormente invalidanti, a causa degli importanti effetti sul paziente (ripercussioni nei vari ambiti di vita) e i suoi familiari. Essi hanno generalmente un esito negativo che porta alla cronicità.

Il decorso dei disturbi psicotici è generalmente influenzato da una serie di variabili, oltre che dalla gravità ed intensità dei sintomi, quali ad esempio le competenze sociali e cognitive, la presenza di una rete sociale e familiare, l’istruzione, i vari fattori e stress ambientali, la salute fisica, oltre che variabili socioculturali tra le quali si annoverano lo stigma e la discriminazione (Davi, 2014).

Durante gli anni ’90 sono state svolte una serie di ricerche sull’ esordio psicotico ed il decorso delle psicosi, le quali hanno mostrato come fosse possibile rintracciare nella storia di vita di pazienti psicotici una serie di segnali e sintomi predittivi dello sviluppo patologico, la cui presenza in ragazzi giovani determina uno Stato Mentale a Rischio (ARMS – At Risk Mental State) ( McGorry & Singh, 1995;  Yung et al, 1996). Tale mole di ricerche ed evidenze scientifiche ha portato dunque allo sviluppo di nuovi ed efficienti approcci e modelli di riconoscimento ed intervento, focalizzati sulla fasi prodromiche del disturbo, questi approcci vengono quindi definiti sotto il nome di Interventi Precoci (Early Intervention).

L’ esordio psicotico

L’ esordio psicotico avviene in genere prima dei 30 anni, l’insorgenza in età adolescenziale, con esordio prima dei 18 anni, è stimata del 18% (Davi, 2014).

Nonostante si presenti come un evento apparentemente improvviso, l’ esordio psicotico è in realtà preceduto da fasi prodromiche, che si protraggono per mesi e a volte anni, durante i quali avvengono una serie di cambiamenti e anomalie psicologiche e comportamentali (Larson et al, 2010). Durante questo periodo, che secondo alcune ricerche può durare in media 5 anni (Heiden &Hafner, 2000), possono occorrere disturbi emotivi, cognitivi, percettivi, modificazione psicofisiologiche e comportamentali, calo della motivazione e del funzionamento nelle diverse aree di vita.

Molti dei ragazzi che arrivano all’attenzione medica in fase acuta mostrano da tempo una serie di sintomi e segni che vengono usualmente sottovalutati dal contesto nel quale sono inseriti e dagli operatori e servizi sanitari (Coen & Strina, 2016). Questo periodo in cui si manifestano i primi sintomi senza essere adeguatamente trattati è definito DUP (Duration of Untreated Psychosis), la sua durata è un ulteriore variabile attiva nella prognosi del disturbo, in particolare per quanto riguarda la remissione dei sintomi positivi (Norman, Lewis & Marshall, 2005).

Con il termine DUP, nello specifico, si intende il lasso di tempo che intercorre dall’esordio dei primi sintomi psicotici, all’inizio di un trattamento. Gli effetti benefici della riduzione della DUP nei ragazzi con esordio psicotico, mostrati ampiamente in letteratura, hanno motivato la sempre maggior implementazione di servizi specifici dedicati agli interventi precoci in vari paesi europei e del resto del mondo, in particolare Australia, Stati Uniti e Canada (Marshall et al, 2005).

I Prodromi

Le fasi prodromiche dei disturbi psicotici sono caratterizzate da una sintomatologia ad andamento fluttuante, con periodi apparentemente più critici che, nelle prime fasi, vanno rapidamente in remissione. Nelle ultime fasi la sintomatologia aumenta rapidamente in gravità e frequenza, il funzionamento e rendimento calano notevolmente nelle aree sociali, scolastiche, lavorative, familiari, relazionali. Può esserci un marcato ritiro e un peggioramento sul piano cognitivo, fino al primo franco episodio psicotico, evento di rottura la cui remissione è più complessa e con impatti traumatici sui giovani.

I primi sintomi prodromici riguardano periodi di oscillazione dello stato emotivo, stati ansiosi e depressivi, insicurezza, senso di confusione, irritabilità e diffidenza. Possono presentarsi successivamente tutti quei sintomi definiti come “negativi” (ritiro sociale, calo dell’energia e della motivazione, rallentamento) e positivi (inizialmente dispercezioni, fino a franchi deliri ed allucinazioni).

Sono presenti dalle prime fasi, turbe e alterazioni comportamentali legate solitamente all’isolamento, all’irritabilità, sospettosità, diffidenza, fino alla paranoia e all’aggressività, possibili stereotipie e comportamenti bizzarri.

Il progressivo ritiro ed isolamento sociale in questi casi è strettamente legato a questa sintomatologia, e risente tutt’oggi degli effetti dello stigma e della discriminazione.

Sono inoltre presenti alterazioni e disturbi fisiologici e psicosomatici, in particolare cambiamenti nel sonno e nell’alimentazione.

Vi è infine un progressivo intaccamento delle funzioni cognitive, con riduzione delle capacità mnestiche ed attentive e difficoltà a concentrarsi già dalle prime fasi del disturbo.

La riduzione del funzionamento è presente sia nelle fasi precedenti l’ esordio psicotico sia, in misura maggiore, dopo. Esso è inoltre tra i maggiori predittori di prognosi negative, inclusa la transizione alla psicosi stessa (Schultze-Lutter F. et al, 2015)

Come già detto sopra, nonostante tale vasta sintomatologia, non sempre i pazienti e i familiari, così come tutta la rete sociale che li circonda (es. insegnanti, amici ecc.) inclusi i professionisti sanitari con cui entrano in contatto, sono in grado di cogliere lo stato di rischio, con una diffusa tendenza a sottovalutare l’importanza di tali episodi, prolungando la DUP e influendo negativamente sul decorso e la prognosi del disturbo.

Gli Stati Mentali a Rischio

Entrando nello specifico della terminologia clinica e scientifica, con il termine At Risk Mental State (ARMS), si intende una condizione di rischio per lo stato e la salute psicologica di giovani ragazzi, usualmente dai 14 ai 30 anni, che sperimentano alterazioni percettive, dell’umore e del comportamento, che potrebbero rappresentare i primi e precoci segni di disturbi psicotici.

Attorno agli ARMS ruotano una serie di terminologie, implicate nella concettualizzazione delle condizioni a rischio di esordio psicotico, definendo diverse manifestazioni sintomatiche specifiche e aspecifiche potenzialmente predittive di una transizione. Uno degli scopi del presente lavoro è di fare chiarezza su tali nuove terminologie.

L’intervento precoce e tempestivo in queste condizioni di rischio può avere effetti positivi sul decorso stesso della patologia, ritardando o prevenendo il primo episodio psicotico (FEP – First Episode Psychosis).

Nella concettualizzazione degli stati mentali a rischio psicosi, il fattore temporale è molto rilevante, motivo per cui è importante osservare e monitorare le modificazioni e le alterazioni psicologiche e comportamentali occorse nell’arco degli ultimi mesi e settimane, così come tracciare i primi segnali indietro negli anni.

È importante inoltre tenere in considerazione la riduzione del funzionamento e del benessere nelle principali aree di vita (difficoltà relazionali, ritiro scolastico ecc.) e tutti i fattori di stress psicosociali occorsi di recente.

Gli ARMS poggiano sul concetto di vulnerabilità biologica, genetica e psicosociale. In particolare familiarità con pazienti con psicosi o affetti da altri disturbi mentali, sono considerati come tra i maggiori fattori di rischio per tali patologie.

Ulteriori fattori di rischio ricadono nella presenza nella storia del paziente di periodi caratterizzati da altri sintomi non necessariamente psicotici (episodi depressivi, attacchi di panico, disturbi d’ansia, episodi dissociativi, tratti ossessivi ecc.).

Viene inoltre riconosciuta l’importanza di altri fattori ed eventi che possono presentarsi nel corso di vita, aumentando il rischio di un esordio psicotico, come ad esempio le scarse condizioni socioeconomiche, l’assenza di una rete familiare, l’emarginazione sociale (dovuta ad esempio all’appartenenza a minoranze etniche o religiose), vivere in determinati contesti demografici, influenze sociali, storie personali di traumi, abusi, neglect, importanti eventi e cambi nella vita (lutti, trasferimenti, fine di una relazione, perdita del lavoro) che possono fungere da fattore slatentizzante. È importante infine considerare l’uso pregresso ed attuale di alcool e sostanze.

Se gli ARMS definiscono una condizione di rischio generale, considerando fattori potenzialmente predisponenti e scatenanti, è possibile distinguere e definire nello specifico le manifestazioni sintomatiche più predittive delle psicosi.

Questo lavoro è stato svolto in particolare in Australia da McGorry e Yung, i quali hanno inizialmente definito tale condizione prodromica come Clinical High Risk (CHR), elencando in seguito i criteri diagnostici specifici legati a sintomi psicotici transitori e attenuati per definire gli Ultra High Risk (UHR), ( Yung, McGorry et al, 1996; Yung, McGorry 1996).

Parallelamente in Europa, sono stati individuati una serie di Sintomi di Base, Basic Symptoms (BS), (Schultze-Lutter et al, 2012) che possono essere affiancati ai criteri UHR per definire gli stati a rischio di esordio psicotico.

Tale concettualizzazione sembra essere adatta a differenziare nella fase prodromica, gli stati a rischio precoci e tardivi. Nelle prime fasi prodromiche prevarrebbero i BS e il deterioramento del funzionamento, mentre le ultime fasi, più prossime alla transizione alla psicosi, sarebbero caratterizzate dai sintomi UHR (Fusar Poli et al, 2013).

Gli Ultra High Risk

I criteri diagnostici degli UHR sono stati dunque sviluppati per valutare tale stato di rischio in ragazzi tra i 14 e i 30 anni, e includono la presenza di sintomi psicotici attenuati (APS – Attenuated Psychosis Syndome); sintomi psicotici brevi e transitori (BLIPS – Brief Limited Intermittent Psychotic Symptoms); il rischio genetico e il declino del funzionamento (Schultze-Lutter F. et al, 2015; Raballo et al, 2016, Yung, McGorry 1996).

L’APS è stata recentemente inserita nel DSM – 5, nella sezione III relativa agli sviluppi futuri. Essa include la presenza di almeno un sintomo tra deliri, allucinazioni ed eloquio disorganizzato, presenti in forma lieve e attenuata, ma di gravità o frequenza clinicamente rilevante. Tale sintomatologia deve essere stata presente nell’ultimo mese e deve aver avuto inizio o essere peggiorata nell’ultimo anno, causando stress e deterioramento funzionale nel paziente (APA, 2013)

I BLIPS consistono in sintomi psicotici comparsi nell’ultimo anno la cui presenza non è costante, caratterizzati da durata breve e remissione spontanea. Tra essi vi sono idee di riferimento, pensiero magico, disturbi della percezione, ideazione paranoide, eloquio bizzarro (Yung et al, 2013).

Al di là degli specifici criteri diagnostici, il quadro clinico di ragazzi CHR è delicato e minato da altre condizioni cliniche frequentemente associate a questi stati, il che porta tali ragazzi a chiedere aiuto e rivolgersi ai servizi di salute mentale per altre problematiche, come l’ansia, la depressione e l’uso di sostanze. (Fusar Poli et al, 2013). Oltre ai sintomi positivi, quali APS E BLIPS, è importante tenere conto dei primi e velati sintomi negativi, come il ritiro sociale, le difficoltà scolastiche o lavorative, il deterioramento dei rapporti e delle relazioni interpersonali, il progressivo peggioramento della qualità della vita (Bechdolf et al 2005).

Infine, ragazzi UHR mostrano frequentemente ideazione suicidaria e agiti anticonservativi messi in atto in passato  (Hutton et al, 2011).

I Basic Symptoms

Relativamente ai BS, essi possono essere definiti come esperienze soggettive disturbanti che influenzano diversi domini psichici e cognitivi, come ad esempio disturbi del pensiero, della percezione e del linguaggio, difficoltà attentive . Essi sono stati in seguito suddivisi in due classi: COPER (Cognitive-Perceptive Basic Symproms) e COGDIS (Cognitive Disturbances) (Schultze-Lutter et al, 2007,  Schultze-Lutter, 2009) L’ipotesi è che i COGDIS siano più specifici per la schizofrenia e indichino un rischio più imminente di psicosi rispetto agli COPER (Aiello & Ferro, 2013).

Attualmente, l’utilizzo e l’associazione degli approcci UHR e BS nell’individuazione e trattamento di ragazzi a rischio psicotico è formalmente consigliato dalle linee guida EPA (Schultze-Lutter F. et al, 2015).

I Self Disorders

Un ulteriore filone di ricerca sviluppatosi recentemente riguarda i disturbi del sé (SD – Self Disorders). Essi consistono in esperienze anomale soggettive legate alla percezione di un sé unico e stabile. I differenti SD sono strettamente collegati alle esperienze descritte nei BS, con un’attenzione particolare alle modificazioni del sé nucleare in senso fenomenologico. Tali modificazioni nella percezione di sé e del mondo sono frequenti negli stati psicotici e nei soggetti CHR, avvalorandone l’utilizzo e l’associazione ai criteri UHR e BS nella valutazione dello stato rischio (Raballo et al, 2016).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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