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The Mac Approach: oltre il mental training tradizionale

MAC Approach: dagli anni 90 ad oggi nella psicologia dello sport ci si è avvicinati alla mindfulness e all'ACT con approcci dalla comprovata efficacia

Di Guest

Pubblicato il 17 Gen. 2019

Gran parte degli interventi di Psicologia dello Sport e in generale nell’incremento della prestazione, si basano ancor oggi su un assunto: è necessario allenarsi per migliorare la padronanza di singole abilità (Meichenbaum, 1977). Verso la fine degli anni 90 però si è fatto strada un nuovo approccio..

Alberto Fistarollo – OPEN SCHOOL, Psicoterapia Cogntiva e Ricerca Mestre

 

Un percorso di mental training tradizionale è infatti fondamentalmente basato sul potenziamento di specifiche abilità (skills training): formulazione di obiettivi, tecniche di rilassamento, imagery, gestione dei pensieri, self-talk, controllo dell’arousal, routines ecc… Un approccio, quindi, finalizzato al controllo di stati interiori come pensieri, emozioni e sensazioni, con l’obiettivo di raggiungere uno stato ideale di prestazione (Whelan, Mahoney & Meyers, 1991).

Questo approccio, diffusosi ormai dagli anni ’70, è stato il caposaldo della Psicologia dello Sport per più di trent’anni, senza sostanzialmente mai essere messo in discussione.

Mental training: perché funzionava nello sport

Verso la fine degli anni ’90, fino ad arrivare ai tempi d’oggi, la Psicologia dello Sport (come del resto la Psicologia Clinica) si è sempre maggiormente avvalsa di un approccio evidence-based, utilizzando i criteri della moderna ricerca. Questo tipo di visione, maggiormente scientifica e perciò maggiormente influenzata dalle nuove scoperte, ha fatto sì che non fosse più concepibile accettare acriticamente modelli di mental training dati per assodati. Inoltre, un atleta di trent’anni fa, molto probabilmente, viveva in un mondo diverso, si allenava in un modo diverso e manifestava bisogni diversi rispetto a un atleta odierno.

Non sempre il paragone tra psicologia e medicina è appropriato, ma in questo caso può risultare utile: sarebbe scientificamente corretto effettuare una ricostruzione di un legamento di un ginocchio con tecniche antiquate, quando se ne possiedono di migliori e che dimostrano un’efficacia migliore? In un certo senso, questo è quello che Frank Gardner e Zella Moore si sono chiesti nell’ambito della Psicologia dello Sport.

La loro ricerca nasce da una semplice domanda: Ci sono evidenze che le tecniche che stiamo utilizzando funzionino? Con chi, ma soprattutto perché?. La risposta, a seguito dell’enorme lavoro di review qualitativa e anti-meta-analisi svolto (Moore, 2003b, Gardner & Moore, 2006), è stata “no”.

Questo non significa che il mental training tradizionale non funzioni in assoluto, poiché, come affermò anche Carl Sagan, l’assenza di prove non è la prova dell’assenza. Ciò che è chiaro, però, è che il mental training tradizionale non è sostenuto da prove empiriche, scientificamente condotte, di efficacia. In sostanza, non possiamo dire con certezza che funzioni.

Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato come un’attenzione rivolta a sé (self-focused attention), con il tentativo di controllare o sopprimere stati indesiderati (ovverosia una delle finalità del classico psychological skills training), porti a esiti paradossali, aumentando la percezione degli stessi o addirittura a favorire l’insorgere di altre emozioni e pensieri non desiderati (Purdon, 1999; Wegner, 1994; Clark, Ball & Pape, 1991). Al contrario, un’attenzione focalizzata sul compito (task-focused attention), e dunque non su di sé, risulta più funzionale alla prestazione (Barlow, 2002; Gardner & Moore, 2001; Rapee & Lim, 1992; Sbrocco & Barlow, 1996; Stopa & Clark, 1993).

Il lavoro dei due autori venne inizialmente osteggiato, principalmente per il solito fraintendimento: confondere correlazione con causalità. A tal proposito, quando frequentai il loro seminario, la dott.ssa Moore ci raccontò un episodio: durante un convegno, in cui lei e il dott. Gardner stavano presentando i risultati della loro review, dal pubblico (piuttosto infastidito dalle loro conclusioni) si alzò una collega, affermando: “Mi scusi, voi dite che non ci sono prove che il mental training tradizionale funzioni…. Però Michael Jordan, il più grande giocatore di basket della storia, utilizzava la visualizzazione!”; una provocazione, alla quale la dott.ssa Moore rispose: “Sì, allo stesso modo in cui indossava i pantaloncini lunghi fino al ginocchio!”. Correlazione, non causalità.

Mindfulness e ACT al posto del mental training

In seguito alla loro spiazzante review, i due autori decisero di porre le basi per nuovi interventi. Iniziarono chiedendosi quali dovessero essere gli obiettivi degli interventi in Psicologia dello Sport e se ci fossero approcci più recenti e teoricamente più validi a cui attingere.

Le loro conclusioni furono sostanzialmente due:

  • 1- La Psicologia dello Sport ha sempre artificialmente separato l’aspetto del benessere da quello della prestazione, quando è evidente come uno influenzi l’altro.
  • 2- Un approccio basato sulla mindfulness e sull’Accettazione, che ha già mostrato efficacia in ambito clinico, sembra essere verosimilmente più efficace per il benessere e la prestazione dell’atleta, per le seguenti ragioni:
    • gli approcci basati sulla mindfulness e sull’act si stanno rapidamente evolvendo in ambito clinico e di ricerca, dimostrandosi efficaci
    • la particolare enfasi di questi approcci sulla concentrazione nel momento presente, e l’accettazione/tolleranza di pensieri, emozioni e sintomi fisiologici
    • l’importanza posta nel prestare attenzione e rispondere agli stimoli esterni, selezionando quelli utili alla prestazione

Mindfulness-Acceptance-Commitment Approach (ACT) per lo Sport

Queste riflessioni, suscitate in particolare dall’integrazione tra psicologia clinica e psicologia della performance (Clinical Sport Psychology), hanno portato ad avere una nuova visione di atleta, più vicina a quella di essere umano e sviluppare nel tempo uno specifico protocollo di intervento, The Mindfulness-Acceptance-Commitment Approach (MAC).

Il primo passo, relativo alla fondazione della Clinical Sport Psychology (Gardner & Moore, 2006), riflette sul fatto che l’atleta, prima di essere atleta, è anche una persona. Di conseguenza ha una propria personalità, delle proprie motivazioni, dei propri stati emotivi e cognitivi; inoltre, non è immune da problematiche di sviluppo, di salute, interpersonali e sociali. Proprio per questo, anche gli atleti devono essere considerati globalmente come individui.

La Clinical Sport Psychology integra di conseguenza la ricerca in Psicologia dello Sport con quella più prettamente clinica, attingendo dalla ricerca in vari ambiti: sviluppo, sociale, cognitiva, dell’apprendimento, delle neuroscienze e della prestazione. Questo nuovo orientamento ha portato gli autori a elaborare una classificazione multi-livello, utile alla concettualizzazione del caso, in un continuum di 4 categorie (Multi-Level Classification System for Sport Psychology – MCS-SP): performance development, performance dysfuntion, performance impairment e performance termination.

MAC Approach per sport e prestazioni

Il MAC è un protocollo di intervento basato sulle ricerche dei due autori. E’ utilizzabile sia individualmente che in gruppo, con il fine ultimo di potenziare sia la prestazione sportiva che il benessere degli atleti, coerentemente con il razionale della Clinical Sport Psychology. Trae spunto dalla ricerca clinica, utilizzando pratiche di mindfulness assieme ad aspetti psico-educativi e tecniche esperienziali tratte principalmente dall’Acceptance and Commitment Therapy (ACT).

Secondo le ricerche svolte finora, l’approccio MAC è risultato molto efficace, più efficace rispetto alle comuni procedure di psychological skills training (Gross, Moore et al, 2017).

Il MAC è stato ideato secondo tre obiettivi funzionali. Il primo è quello che gli autori chiamano meta-consapevolezza (meta-awareness), ovvero una maggior consapevolezza nel momento presente rispetto agli stimoli interni ed esterni (pensieri, emozioni, sensazioni, eventi, situazioni…).

Il secondo obiettivo è incrementare l’attenzione, intesa come la capacità di dirigere e mantenere il focus attentivo nei confronti degli stimoli rilevanti per il compito.

Il terzo obiettivo è quello del decentramento/defusione, la capacità di osservare con distacco i propri pensieri, emozioni e sensazioni come eventi passeggeri, i quali forniscono informazioni ma ai quali non è strettamente necessario reagire o tentare di controllarli.

Tali obiettivi sono finalizzati all’instaurarsi di specifici meccanismi d’azione, determinanti per una prestazione ottimale e al contempo per il benessere dell’atleta:

  • Incrementare la regolazione emotiva (non il controllo emotivo) tramite l’accettazione e il decentramento.
  • Incrementare il funzionamento esecutivo attraverso una maggior consapevolezza e attenzione.
  • Favorire un comportamento impegnato, indirizzato al compito, al servizio di obiettivi e valori personali.

Il protocollo è suddiviso in 7 moduli, o unità di apprendimento, secondo un ordine gerarchico; è dunque necessario accertarsi che l’atleta abbia padronanza di un modulo per poter passare al successivo.

Ogni modulo è flessibile per tempo di completamento, in base al contesto (es. un determinato numero di sessioni richieste) e alle esigenze degli atleti. Alcuni moduli richiedono talvolta più di una singola sessione per essere completati; nella mia esperienza, talvolta sono serviti anche 12 incontri per completare l’intero percorso.

All’interno di ciascun modulo solitamente sono presenti: un esercizio di centratura o una pratica di mindfulness; la revisione dei compiti per casa; una parte psicoeducativa finalizzata all’introduzione di un tema e la relativa discussione con l’atleta; la compilazione di alcune schede su un argomento specifico, che coinvolgano l’esperienza del atleta; alcuni esercizi esperienziali; la compilazione della scheda finale “cosa ho imparato?” per riassumere i temi dell’incontro e verificare quanto sia stato appreso dall’atleta.

Per comprendere meglio cosa accada concretamente negli incontri con gli atleti durante il MAC Approach, vediamo in estrema sintesi ciascun modulo:

MAC Approach per lo sport – Modulo 1

  • Scopo dell’intervento – condividere con l’atleta le finalità del percorso.
  • Razionale teorico del MAC – fase molto importante di psicoeducazione, in cui si spiega all’atleta com’è composto il protocollo e su quali presupposti teorici è fondato.
  • Discutere l’importanza e la rilevanza della regolazione delle emozioni (valori vs. emozioni), del funzionamento esecutivo (self-focused vs. task-focused) e del comportamento impegnato nelle prestazioni ottimali – si condividono con l’atleta i presupposti di una prestazione efficace, in particolare l’importanza di un comportamento basato sui propri valori piuttosto che sulle proprie emozioni (le quali possono essere disfunzionali relativamente agli scopi di prestazione) e la differenza tra un funzionamento centrato su di sé e centrato invece sul compito da eseguire.
  • Scheda di valutazione della prestazione – viene chiesto di compilare una scheda in cui si evidenzino i principali fattori che hanno ostacolato finora il raggiungimento della prestazione ottimale.
  • Introdurre l’esercizio di centratura – una pratica di mindfulness utile a mostrare all’atleta la sua capacità di focalizzare l’attenzione e rimanere nel momento presente. Verrà chiesto di svolgerla per casa per potenziare questa capacità.
  • Compilazione della scheda «Cosa ho imparato»? – si chiede all’atleta di scrivere cos’ha compreso e imparato nel primo incontro.

MAC Approach per lo sport – Modulo 2

  • Esercizio di centratura breve
  • Rispondere alle domande dell’atleta sulla sessione precedente
    Introduzione alla defusione cognitiva e mindfulness, discussione – si condivide con l’atleta il concetto di defusione cognitiva, in sostanza la capacità di notare i pensieri per quello che sono: fenomeni passeggeri della mente (non sempre veri e non sempre utili) e non fatti ai quali è necessario reagire; inoltre, si affronta il tema della mindfulness, intesa come porre attenzione volontaria al momento presente, in modo non giudicante.
  • Spiegare l’esercizio del lavare un piatto da completare tra una sessione e l’altra – un esercizio di pratica informale di mindfulness, in cui si chiede all’atleta di lavare un piatto cercando di rimanere focalizzato su questa attività e di riportare l’attenzione lì ogniqualvolta la mente inizi a vagare.
  • Esercizio di centratura breve
  • Compilazione della scheda «Cosa ho imparato»?

MAC Approach per lo sport – Modulo 3

  • Esercizio di centratura breve
  • Rispondere alle domande della sessione precedente e discutere dell’esercizio lavare un piatto
  • Discussione ed esplorazione del concetto di valore (comportamento guidato dai valori vs. comportamenti guidati da emozioni) – discussione sul tema dei valori, intesi come ciò che davvero conta per l’atleta nello svolgere l’attività sportiva (o lavorativa). Ci si sofferma nuovamente sulla differenza tra un comportamento guidato dalle emozioni provate al momento e un comportamento invece guidato dai valori personali.
  • Compilazione della scheda «Performance obituary» (Come vorrei essere ricordato?) – un esercizio utile a far emergere quali siano i valori principali dell’atleta e come guidare il proprio comportamento in tale direzione.
  • Assegnare ulteriori attività consapevoli tra le sessioni e consegnare la scheda dei “Valori nella prestazione” ed “Evitamento causato dalle emozioni” – si assegnano altre pratiche informali come compito per casa, simili all’esercizio di Lavare un piatto. Si consegnano, o si compilano durante l’incontro, due schede: una riguardante i valori personali, l’altra in cui evidenziare come le emozioni interferiscano con la prestazione, in particolare quando diventano causa di un comportamento evitante.
  • Introduzione all’esercizio Mindfulness of the Breath – pratica di mindfulness che consiste sostanzialmente nel focalizzare l’attenzione sul respiro e riportarla lì ogni volta che ci si accorge di essersi distratti.

MAC Approach per lo sport – Modulo 4

  • Esercizio Mindfulness of Breath
  • Rispondere alle domande sulle sessioni precedenti e rivedere le attività tra le sessioni
  • Discutere il concetto di accettazione come alternativa all’evitamento e il legame tra impegno e comportamento connesso ai propri valori – in una prospettiva tipicamente ACT, si illustra all’atleta una modalità alternativa di affrontare le emozioni, tramite l’accettazione; si sottolinea che non sono le emozioni a essere disfunzionali per la prestazione, ma il tentativo di controllarle. L’altro aspetto di discussione è quello del Commitment, impegno, inteso come scelta e volontà di agire in maniera coerente ai propri valori, imparando allo stesso tempo a tollerare gli stati interiori spiacevoli; questo atteggiamento viene promosso perché più funzionale al compito.
  • Estendere attività consapevoli tra le sessioni
  • Esercizio di centratura breve

MAC Approach per lo sport – Modulo 5

  • Seeing exercise – un esercizio di focalizzazione dell’attenzione che consiste nell’osservare un oggetto in maniera obiettiva e non giudicante.
  • Rispondere alle domande e rivedere la sessione precedente e gli esercizi tra le sessioni
  • Discutere la connessione tra consapevolezza dei pensieri e delle emozioni, valori personali e comportamento – si ripercorrono i temi trattati fino a questo punto, sottolineando come sia funzionale considerare e trattare i nostri pensieri e le nostre emozioni come qualcosa a cui non siamo obbligati a reagire, che non devono necessariamente guidare il nostro comportamento, ma come fenomeni transitori da osservare e accettare. E’ più utile invece che le nostre azioni siano guidate dai valori, da ciò che per noi conta a lungo termine.
  • Compilazione scheda «Impegnarsi per i propri valori» – una scheda utile a evidenziare le azioni concrete, in ambiti concreti, che l’atleta può effettuare in linea con i propri valori.
  • Assegnare attività di consapevolezza attinenti alla prestazione – vengono scelte delle attività di pratica informale, però collegate alla prestazione (es. effettuare lo stretching o il riscaldamento in maniera consapevole, focalizzando l’attenzione sul momento presente).
  • Esercizio di centratura breve

MAC Approach per lo sport – Modulo 6

  • Pratica di Mindfulness
  • Rivedere le sessioni precedenti e le attività tra le sessioni
    Task-focused exercise – un esercizio in cui si chiede all’atleta di prestare attenzione a un racconto, chiedendogli poi di ricordarne i dettagli. Si ripete l’esercizio, sottoponendolo a condizioni via via più stressanti (es. immaginando vividamente di essere in gara), per fargli comprendere e sperimentare l’importanza di riuscire a dirigere l’attenzione sul compito (stare attento al brano) invece che sul sé (la propria ansia, le proprie sensazioni corporee, ecc…).
  • Stabilire attività tra le sessioni per affrontare in modo specifico l’evitamento esperienziale – organizzare modalità concrete, calate nella realtà dell’atleta, di accettazione dell’esperienza emotiva come alternativa all’evitamento.
  • Riesaminare e assegnare esercizi di consapevolezza attinenti alla performance
  • Esercizio di centratura breve

MAC Approach per lo sport – Modulo 7

  • Esercizio di centratura breve
  • Rivedere la sessione precedente e il programma MAC generale – si cerca di ripercorrere l’intero protocollo, per rinforzare l’effetto psicoeducativo e discutere eventuali punti non chiari all’atleta
  • Task-focused exercise
  • Discutere il livello attuale di accettazione esperienziale, disponibilità e impegno nei confronti dei valori – si riassumono e verificano gli elementi sui quali si è lavorato nelle ultime sessioni, cercando di verificarne l’efficacia concreta nell’attività dell’atleta.
  • Pianificare pratiche future, auto-riflessione e autocorrezione – si programma assieme come procedere, su quali attività insistere maggiormente e su quali aspetti si possa ancora migliorare. E’ utile predisporre già un follow-up.

Per concludere, il MAC Approach è qualcosa di molto diverso rispetto al mental training tradizionale. Da un certo punto di vista è quasi più semplice da condurre, poiché si concentra su abilità che l’atleta in qualche misura già possiede (attenzione, consapevolezza, accettazione, valori, impegno…). Non è necessario apprendere alcuna skill specifica, non si aggiunge alcunché, non chiediamo all’atleta di fare qualcosa di concretamente diverso durante la sua prestazione.

Da un altro punto di vista, però, il percorso può apparire più complesso, paradossalmente per lo stesso motivo. L’atleta, quando richiede una consulenza, lo fa spesso portando con sé delle teorie naif riguardanti l’allenamento mentale: ritiene che sia necessario fare qualcosa o aggiungere qualcosa alla sua preparazione. Può risultare complicato trasmettere il fatto che il protocollo invece funzioni in buona parte per sottrazione (poiché, per semplificare, sottrae quell’eccessivo lavorio cognitivo che tende a interferire con la prestazione). La fase di psicoeducazione è quindi fondamentale, e va monitorata lungo tutto il percorso; potremmo risultare ripetitivi e noiosi a noi stessi, ma dobbiamo sempre assicurarci che l’atleta comprenda cosa proponiamo ma soprattutto perché lo proponiamo.

Inoltre, credo sia particolarmente importante che lo psicologo abbia già una conoscenza teorica dell’Acceptance Commitment Therapy per affrontare correttamente il MAC; mentre lo traducevo, infatti, ho potuto riscontrarne la notevole complessità, frutto del grande lavoro teorico, di ricerca e meta-analisi svolto dagli autori. L’intero percorso richiede che lo psicologo abbia una solida conoscenza del razionale alla base del MAC (di cui molto deriva principalmente dall’ACT e in parte dalla MCT), in maniera da saperlo trasmettere all’atleta con semplicità. Non è infatti un approccio immediatamente fruibile, con sedute rigidamente strutturate e un protocollo guidato da svolgere punto per punto; è invece un percorso di consapevolezza, in cui lo psicologo guida l’atleta, in un continuo confronto tra teoria ed esperienza, a conoscere il proprio funzionamento e incrementarne l’efficacia secondo una prospettiva inedita.

Infine, secondo Gardner e Moore, il MAC Approach non è indicato solamente per gli atleti, ma per chiunque voglia migliorare la propria efficienza. Gli stessi autori ci hanno raccontato di averne riscontrato l’efficacia con categorie inusuali (es. i chirurghi) e io stesso l’ho proposto anche in ambito aziendale. Quale tipo di prestazione infatti non migliorerebbe grazie a una maggiore capacità di concentrazione, un funzionamento esecutivo più focalizzato sul compito, una maggiore tolleranza nei confronti degli stati emotivi negativi e un comportamento impegnato verso i propri obiettivi?

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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