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Nuove Frontiere nella Cura del Trauma – Report dal Congresso di Venezia

Nuove Frontiere nella Cura del Trauma - Report dal 2° Corso Internazionale - Venezia 20-22 Aprile 2013 - Approcci Integrativi per la cura del Trauma

Di Camilla Marzocchi

Pubblicato il 26 Apr. 2013

Aggiornato il 30 Gen. 2018 14:13

Report dal Congresso

Nuove frontiere nella cura del trauma

Approcci Integrativi e Centrati sul Corpo per la cura dei

Disturbi Traumatici Complessi

20-22 aprile 2013, Venezia

 

Janina Fisher
Janina Fisher, PhD

La Memoria del Corpo: sentire o ricordare di aver sentito?

Noi esseri umani non sopravviviamo al trauma grazie ad un cosciente e ragionato processo decisionale, ma grazie a reazioni istintive e innate che si attivano di fronte ad una minaccia. I nostri cinque sensi sono in grado di intercettare velocemente nell’ambiente i segnali di un imminente pericolo, attraverso l’attivazione del sistema biologico di risposta allo stress.

L’adrenalina accelera battito cardiaco e respirazione facendo affluire l’ossigeno necessario nei muscoli, mentre la parte del cervello che in genere usiamo per prendere decisioni più complesse (corteccia prefrontale) viene letteralmente “spenta” per accorciare i nostri tempi di reazione. Entriamo in uno stato di emergenza in cui la parte più istintiva del nostro cervello (sistema limbico) funziona benissimo, ma in totale assenza di coscienza!

Il prezzo che paghiamo per questo “annullamento” della coscienza è che il ricordo di quella esperienza e di come l’abbiamo affrontata può essere molto diverso da quello che è effettivamente accaduto e possiamo rimanere scossi e agitati, increduli o ancora molto spaventati anche una volta passata l’emergenza.

Tuttavia se riceviamo un adeguato supporto o viviamo in un contesto sicuro e protettivo, riusciremo più o meno velocemente a lasciarci quell’esperienza alle spalle, a “sentirla” come un pericolo ‘scampato’. Se invece ci troviamo a vivere un’esperienza traumatica quando siamo molto piccoli e vulnerabili e questa è seguita da un inadeguato supporto affettivo (disregolazione affettiva), in un contesto che percepiamo a sua volta come non protettivo (disorganizzazione dell’attaccamento), allora non riusciremo mai a “sentire” il pericolo come realmente scampato.

Trauma: Problema Diagnostico. - Immagine: © udra11 - Fotolia.com
Articolo Consigliato: Trauma: Problema Diagnostico

Il nostro corpo imparerà così a restare in allerta, carico di risposte emotive intense (memoria procedurale), che continuano a raccontarci senza parole quello che è successo, ogni volta che qualcosa intorno a noi lo riattiva.

Quale il problema principale? Il corpo ricorda, la mente no.

Secondo il modello di Van der Hart (1999), le normali reazioni biologiche al pericolo – attacco, fuga, resa, freezing, attaccamento – possono restare attive a lungo dopo l’evento traumatico e talora alternarsi in base ai cambiamenti del contesto e delle risorse che esso offre.

Questa alternanza rende tuttavia difficile riconoscere e “far convivere” nello stesso momento pensieri, emozioni e comportamenti contrastanti (dis-integrazione) e le risposte difensive rimaste attive diventano talora vere e proprie caratteristiche di personalità tra loro non integrate (dissociazione strutturale): una parte molto rabbiosa e aggressiva (attacco), una parte spaventata (fuga), una parte molto accondiscendente (resa), una parte bloccata (freezing), una parte vulnerabile (attaccamento) e infine una parte che cerca di andare avanti nella vita quotidiana mostrando capacità di adattamento sufficientemente buone, ed è quella che di solito arriva in terapia.

Nel modello di van der Hart quest’ultima viene chiamata Apparently Normal Personality (ANP), mentre le altre sono tutte Emotional Personality (EP), espressione delle emozioni che il sistema difensivo attiva continuamente.

Secondo questo modello dunque i sintomi che i pazienti portano in consultazioneattacchi di panico, depressione, irritabilità, vuoto, insonnia, dolori cronicisono soprattutto ricordi “conservati e scritti” nel corpo, che generano a loro volta i pensieri, le emozioni e le interpretazioni che mantengono e nutrono la sofferenza psicologica, manifestata da ogni EP.

Questa la sintesi estrema della complessa e interessantissima cornice teorica che ha guidato tutte le giornate del convegno Nuove frontiere nella cura del trauma, svoltosi a Venezia lo scorso weekend, secondo appuntamento di un’avventura iniziata proprio lì l’anno scorso con Bessel Van der Kolk.

Questo filone di ricerche, di teorie e di ricchissimi protocolli clinici, sta crescendo negli ultimi anni con timidezza ma inesorabile costanza, a fronte dei sempre migliori risultati di efficacia e di una sempre maggiore richiesta da parte dei clinici di tecniche orientate al corpo (Body therapy).

Apre i lavori una meravigliosa Janina Fisher, autorevolissima esponente mondiale e trainer della Psicoterapia Sensomotoria, che introduce con rigore e semplicità il modello neurobiologico alla base del suo approccio, e ci ricorda il modello di van der Hart, che resterà la mappa su cui lavorare nei giorni successivi.

Seguono Gianni Liotti, Benedetto Farina e Giovanni Tagliavini che descrivono le numerose ricerche provenienti dalle neuroscienze e dalla fisiologia a supporto del modello della dissociazione strutturale, dando una solida base scientifica alla pioggia di considerazioni cliniche.

ARTICOLI SU: DISSOCIAZIONE

EABCT 2012 – Attaccamento & Traumi Complessi. Meet the expert: Giovanni Liotti
Articolo consigliato: EABCT 2012 – Attaccamento & Traumi Complessi: Meet Giovanni Liotti

La teoria Polivagale di Porges vince su tutte, per il dettaglio con cui spiega e motiva le nostre reazioni di fronte al pericolo.

Infine chiudono Annabel Gonzalez e Dolores Mosquera sul protocollo EMDR in pazienti dissociativi, portando incredibili esempi di trattamento e offrendo moltissimi spunti di lavoro e idee per affrontare una delle più complicate situazioni cliniche, il disturbo dissociativo dell’identità (DDI).

ARTICOLI SU: EMDR

Integrazione è l’idea forte che guida tutte le giornate.

Integrazione come obiettivo terapeutico, integrazione come modello di funzionamento della mente, integrazione come ruolo del terapeuta e integrazione rispetto ai molti possibili approcci psicoterapici.

La sensazione è di essere di fronte ad un modello forte e di cui difficilmente si potrà fare a meno, una modello che riesce a mettere d’accordo anime molto diverse e a spiegare, con una solida e fondamentale “plausibilità neurobiologica”, la maggior parte della psicopatologia attualmente conosciuta.

 A breve interviste e descrizioni dettagliate dei principali temi trattati nel convegno!

RISORSE: 

Il Convegno: “Nuove frontiere nella cura del trauma – Approcci Integrativi e Centrati sul Corpo per la cura dei Disturbi Traumatici Complessi” è stato organizzato dall’Associazione Culturale Area Trauma. Venezia 20-22 Aprile 2013.

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