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Il Trauma: Problema Diagnostico

Il disturbo da stress post traumatico non coglie la dimensione evolutiva del trauma. Così nasce il "Disturbo Traumatico dello Sviluppo" .

Di Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 16 Ott. 2012

Trauma: Problema Diagnostico. - Immagine: © udra11 - Fotolia.com LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI DI STATE OF MIND SUL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS (PTSD)

Quali sono le conseguenze più importanti di un trauma? E soprattutto, l’attuale sistema diagnostico è in grado di cogliere le molteplici componenti di un vissuto traumatico? Al momento, non sembra azzardato dare risposta negativa alla seconda domanda.

La descrizione del disturbo da stress post traumatico non coglie la dimensione evolutiva del trauma, collocandolo in un contesto temporale circoscritto e definendo le conseguenze che esso provoca come un insieme di sintomi direttamente collegati a uno o più episodi di abuso o di violenza; lo sviluppo infantile di un bambino traumatizzato subisce però un danno pervasivo che si manifesta attraverso segni e modalità più complessi.

La disregolazione affettiva, i modelli di attaccamento disorganizzati, l’instabilità emotiva e comportamentale, la perdita di autonomia, l’aggressività contro di sé e contro gli altri, la disregolazione alimentare, del sonno e della cura di sé, la rappresentazione alterata del mondo, i problemi psicosomatici, la cronica percezione di inefficacia, il comportamento anticipatorio finalizzato a gestire le aspettative di un nuovo trauma, l’odio verso di sé, il pensiero autoaccusatorio, le condotte autolesionistiche e la mancata acquisizione di competenze evolutive compongono un quadro clinico estremamente variegato che la definizione di disturbo da stress post traumatico non può racchiudere (van der Kolk et al., 2005).

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Articolo Consigliato: L’impatto del trauma infantile sulla salute e sulla malattia. L’epidemia nascosta (2012). Giovanni Fioriti Editore

 Si finisce perciò con l’attribuire ai bambini traumatizzati una serie di comorbiditá che dovrebbero rendere ragione dei differenti aspetti della sofferenza ma che in realtà non avvicinano il clinico ad una comprensione organica del fenomeno.

Il National Child Traumatic Stress Network ha lavorato alla creazione di una categoria diagnostica chiamata “Disturbo Traumatico dello Sviluppo” (van der Kolk, 2008), nella quale l’attenzione viene focalizzata sulla disregolazione affettiva in risposta a stimoli connessi al trauma, sulla generalizzazione dello stimolo e sullo sviluppo di un comportamento anticipatorio che scongiuri l’evento traumatico o al contrario lo riproduca conferendogli però un senso soggettivo di controllo, come nel caso delle condotte aggressive eterodirette.

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Secondo questa impostazione il trauma, che non viene causato solo da violenze o abusi subiti ma anche da esperienze di abbandono, tradimento, trascuratezza emotiva, esposizione alla vista di aggressioni che coinvolgono altri membri della famiglia, gestione inappropriata e morbosa della propria sessualità da parte degli adulti di riferimento, si traduce nella percezione di emozioni intense (rabbia, vergogna, paura, fallimento, rassegnazione, senso di tradimento) e nella messa in atto di comportamenti che contrastino tali emozioni.

Possiamo osservare reazioni di evitamento, congelamento emotivo, esasperazione degli impulsi, e l’elemento che accomuna queste manifestazioni è l’enorme difficoltà a ripristinare l’equilibrio precedente allo stato di attivazione traumatica. I bambini traumatizzati non sviluppano solo le risposte fisiologiche ed emotive richiamate dal trauma, così come vengono descritte nella diagnosi di disturbo da stress post traumatico, bensì anche un’immagine del mondo fondata sul tradimento subito; il loro modo di rapportarsi alle esperienze quotidiane esprime disorientamento, confusione, sentimenti dissociativi ogni volta che appare uno stimolo stressante, e l’interpretazione degli eventi è spesso erronea poiché prefigura il ripetersi del trauma anche quando non vi sono possibilità che ció accada.

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Le attribuzioni negative riferite a sè, la perdita di fiducia nelle figure genitoriali, il senso pervasivo di impotenza generano uno scenario in cui il bambino vittimizzato può solo difendersi da un ambiente minaccioso e invalidante.

La mancata comprensione dei comportamenti successivi al trauma, il cui significato difensivo non viene colto, produce negli adulti reazioni di rabbia e insofferenza che rinforzano la convinzione del bambino di non poter trovare risposte empatiche ai propri bisogni: in questo modo le dinamiche del trauma si perpetuano e diventano schemi rigidi che il bambino continuerà a utilizzare per codificare la propria esperienza.

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