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Lo stadio operatorio formale: chi sono? – Gli adolescenti tra pensiero e identità

L' adolescente formula pensieri partendo non più solo dai dati concreti: Piaget definisce questa fase, che va dai 12 anni in poi, stadio operatorio formale

Di Francesca Di Tullio

Pubblicato il 25 Set. 2017

Per il ragazzo che si guarda allo specchio e vede di fronte a se modificazioni esterne e pensieri che si accavallano confusi la domanda è: chi sono? Piaget definisce questa fase stadio operatorio formale, nel quale prende forma il pensiero.

 

Eccoci qui di fronte un grande interrogativo sia per i ragazzi che per i genitori: chi sono?

Per il genitore che sta osservando la crescita del proprio bambino, più precisamente a questa età la domanda è: cosa sta diventando mio figlio? Per il ragazzo che si guarda allo specchio e vede di fronte a se modificazioni esterne e pensieri che si accavallano confusi la domanda è: chi sono?

Stadio operatorio formale: il formarsi dei pensieri al di là dei dati concreti

 Piaget definisce questa fase stadio operatorio formale, nel quale prende forma il pensiero. Lo stadio operatorio formale è caratterizzato dalla capacità di eseguire operazioni formali e va dai 12 anni in poi.

Secondo la teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget, lo stadio operatorio formale si raggiunge dopo il susseguirsi, durante la crescita, di altri stadi: lo stadio senso-motorio (da 0 ai 2 anni), lo stadio pre-operatorio (dai 2 ai 6 anni) e lo stadio operatorio concreto (dai 6 ai 12 anni) NdR.

Durante lo stadio operatorio formale bambino inizia a formulare pensieri, ipotesi, partendo non più solo dai dati concreti. Mentre prima per fare deduzione aveva bisogno di verificare materialmente un evento ora riesce pian piano ad ipotizzarlo (per esempio le operazioni matematiche).

Come dice lo stesso Piaget:

Dopo gli undici o dodici anni, il pensiero formale diviene appunto possibile, e le operazioni logiche cominciano a venir trasposte dal piano della manipolazione concreta al piano delle idee pure espresse in un qualsiasi linguaggio (il linguaggio delle parole o quello dei simboli matematici ecc.), ma senza l’appoggio della percezione, dell’esperienza, o persino della convinzione …. il pensiero formale è quindi “ipotetico-deduttivo”, cioè in grado di trarre conclusione da pure ipotesi e non soltanto da una osservazione concreta.

L’ adolescente è come un bambino piccolo che va alla scoperta del nuovo mondo fatto di mille domande. Vive nel presente ma inizia ad avere sogni, a fantasticare su un ipotetico futuro. Ogni giorno è una scoperta nuova su stesso, sul suo modo di essere. Nello stadio operatorio formale ogni ragionamento porta con sé nuove scoperte e nuove domande.

Come ci dice Flavell, il bambino

si occupa per lo più del presente, di ciò che è oggetto della sua esperienza immediata; l’adolescente estende la sfera della sua attività concettuale all’ipotetico, al futuro, a ciò che è lontano nello spazio.

Quale genitore non direbbe al proprio figlio di essere egocentrico. L’ egocentrismo infatti è parte del passaggio adolescenziale. In questo momento l’egocentrismo è di proprietà del pensiero. L’adolescente si sente padrone di tutto. Pensa, deduce quindi può. L’equilibrio tra pensiero e reale si concretizza quando ciò che pensa diventa riscontrabile nella realtà proprio come quando da neonati tutto era assimilabile a se stessi.

Con l’acquisizione di un pensiero proprio, durante lo stadio operatorio formale, gli adolescenti creano delle rappresentazioni della famiglia, della scuola e degli amici, criticandole ed esprimendone giudizi. Per gli adolescenti il futuro rappresenta l’ipotizzabile ed è a ciò che riversano più energie.

Adolescenti e acquisizione dell’identità

Durante lo stadio operatorio formale, fase di profondo cambiamento, si instaura nei ragazzi la ricerca di stessi, della propria identità.

I ragazzi si ritrovano a dover fare i conti con le proprie convinzioni, ciò che i genitori hanno loro trasmesso e ciò che vorrebbero, proiettandosi in una società specchio e sono alla ricerca di un equilibrio che si trova nella definizione della propria identità.

Secondo Erikson, si passa da uno stato di diffusione d’ identità ad uno di acquisizione dell’ identità.

Lo stato di diffusione è caratterizzato da una sperimentazione per l’adolescente di ruoli diversi, figlio, studente. In questa fase si vedono crescere le relazioni sociali e si vedono ragazze tutte vestite allo stesso modo o parlare allo stesso modo. Sono queste le prime identificazioni. Ora ci si trova non solo di fronte alle figure genitoriali ma anche a quelle dei coetanei o di  ragazzi più grandi.

La  ricerca dell’autonomia è sempre maggiore ed gli adolescenti iniziano a fare gruppo, si ritrovano nelle attività pomeridiane .

Si vedono i ragazzi comportarsi diversamente a seconda dei vari contesti. Quando si porta un amico a casa si utilizzeranno nuove regole da far rispettare anche ai genitori, se è possibile che siano presenti! Il processo di acquisizione dell’ identità non si risolve scegliendo un ruolo bensì con una sintesi dei diversi ruoli che ha sperimentato.

Tutto ciò comporta una turbolenza emotiva non da meno. Si è alle prese con adolescenti nervosi, scocciati, sempre alla ricerca di qualcosa. La conflittualità interiore provata da un adolescente è molto forte: si ritrova a combattere con il bisogno di autonomia sempre crescente e il desiderio di sentirsi ancora bambini protetti e rassicurati dai genitori.

Passeranno da momenti di rifiuto completo dei genitori a momenti che presi dal panico torneranno nel nido alla ricerca di rassicurazioni.

Il periodo adolescenziale è lungo e complesso ma così ricco di esperienze che porteranno i ragazzi ad essere degli adulti pronti ad affrontare le nuove sfide che la vita gli offrirà.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • John H. Flave “La mente dalla nascita all'adolescenza nel pensiero di J. Piaget” Astrolabio, Roma 197
  • Moderato P.,Rovetto F., psicologo verso la professione . Dall’esame  di Stato al mondo del lavoro. Editore McGraw-Hill Education, Brossura , 2015
  • Piaget, J. (1973). La nascita dell’intelligenza nel bambino, La Nuova Italia, Firenze.
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