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Siblings: fratelli e sorelle superspeciali di bambini speciali

I siblings sono i fratelli di bambini con disabilità, che spesso vivono molteplici vissuti emotivi, tra cui ansia, senso di responsabilità e di esclusione.

Di Federica Rossi

Pubblicato il 31 Mag. 2017

Aggiornato il 24 Giu. 2019 12:45

Questo filone di ricerca si è dedicato allo studio dei siblings, termine che nel mondo anglosassone indica semplicemente un legame di fraternità, mentre nel panorama italiano, fa riferimento nello specifico a fratelli e sorelle di bambini con disabilità.

Federica Rossi, OPEN SCHOOL STUDI COGNITIVI MILANO

Carico pesante avere un fratello speciale come Giovanni.
Tu sei un fratello super speciale.
Ammiro la tua infinita pazienza.
Bisogno di visi sorridenti hai.
Di momenti senza di lui.
Giovanni è agitato.
Non riesce a controllare troppi stimoli.
Accettalo. Sei grande.”
(lettera da Andrea Ervas, ragazzo affetto da autismo, al fratello di un suo amico)

 

Siblings: i fratelli di bambini con disabilità

I bambini con Bisogni Speciali, così come vengono chiamati nel contesto americano e anglosassone, sono affetti da malattie croniche o acute, problemi mentali, disabilità fisiche o intellettive (Meyer e Vadasy, 2008). Esempi di condizioni patologiche sono il diabete, la spina bifida, il cancro, così come condizioni mentali come depressione o problemi comportamentali, disturbi del neurosviluppo, come sindromi genetiche, ritardo mentale e disturbi dello spettro autistico. Qualunque sia il bisogno speciale, avere un bambino con una qualsiasi di queste condizioni quasi sempre cambia le dinamiche nella famiglia.

Per diversi decenni lo studio degli effetti all’interno delle famiglie della presenza di bambini con queste difficoltà si è concentrato sui genitori, in particolare sulla madre, principale caregiver del bambino con bisogni speciali. Dagli anni Ottanta tuttavia la ricerca scientifica ha concentrato l’attenzione anche sui fratelli e le sorelle, esplorando le conseguenze della presenza del bambino fragile sullo sviluppo del fratello con sviluppo tipico (Seligman, 1983, Rodger, 1985).

Questo filone di ricerca si è dedicato quindi allo studio dei “siblings”, termine che nel mondo anglosassone indica semplicemente un legame di fraternità, mentre nel panorama italiano, fa riferimento nello specifico a fratelli e sorelle di bambini con disabilità.

Le prime ricerche avviate in questo campo hanno utilizzato un approccio quantitativo, avvalendosi di strumenti standardizzati per individuare dimensioni che rappresentano l’esperienza dell’essere sibling. Tali studi sono nati per colmare le lacune conoscitive in un campo inesplorato, con il presupposto che ci siano caratteristiche comuni e generalizzabili. Queste ricerche hanno portato tuttavia a risultati contraddittori e inconcludenti rispetto agli effetti dell’essere un sibling.

Si è dunque ipotizzato che i siblings “medi” siano solo una creazione statistica, poiché le esperienze di ogni fratello sono uniche e differenti in base a diverse variabili. L’impatto dell’avere un fratello con fragilità dipende infatti da aspetti legati alla condizione patologica, come la presenza di un handicap congenito o acquisito, cronico o transitorio, psichico o fisico, lieve o grave. Importanti si sono rivelati anche il genere del sibling, l’ ordine di genitura e il contesto socioeconomico della famiglia, dipingendo quindi un quadro di estrema complessità. Da queste considerazioni è stato possibile il passaggio a un approccio più qualitativo, basato più sull’esplorazione che sull’indagine, aperto a nuove scoperte piuttosto che a conferme di ipotesi fatte a priori. Sono dunque cambiati gli strumenti, con colloqui ed interviste libere effettuate in setting domestici, utilizzando una visione più sistemica e meno individuale. La raccolta delle esperienze individuali dei sibling ha così cambiato il costrutto indagato, concentrandosi più sulla dimensione di fraternità che di patologia; molti dei racconti erano infatti contraddistinti da questa considerazione: “Io non vedo mio fratello come disabile, ma semplicemente come mio fratello”.

 

Come si modifica nel tempo la relazione fraterna tra il sibling e il fratello con bisogni speciali

La relazione fraterna, come ogni altro legame, subisce cambiamenti nell’arco della vita di una persona e così accade anche al rapporto tra il sibling e il fratello/sorella con bisogni speciali. Nella prima infanzia e nell’età scolare i bambini sono naturalmente portati a offrire aiuto e protezione ai loro fratelli vulnerabili, sebbene l’accudimento sia effettuato per lo più dai genitori (Seligman, 2007; Gardou, 2012); in questa fascia d’età spesso non si rendono conto delle difficoltà del fratello, oppure ne hanno solo una comprensione limitata.

A un certo punto della vita del sibling, soprattutto nel caso in cui il fratello con bisogni speciali sia affetto da disabilità intellettiva, l’ordine di nascita sembra perdere la sua importanza e la categoria maggiore/minore è sostituita da capace/non capace; è l’inizio del processo del role cross- over, ossia lo scambio di ruoli che avviene tra fratelli quando il minore con sviluppo tipico uguaglia e sorpassa le competenze cognitive del fratello con bisogni speciali. E’ questo il momento della consapevolezza delle difficoltà del fratello /sorella con bisogni speciali e di solito avviene tra i 6 e 10 anni, anche a seguito del confronto con amici e compagni di scuola.

Nell’adolescenza diventa invece maggiore il bisogno di conoscere il significato e le implicazioni per la propria vita della diagnosi del fratello; il legame fraterno si affievolisce e se lo sviluppo è sano, i siblings si sottraggono dagli impegni familiari di accudimento, per il processo naturale di emancipazione dalla famiglia e aggregazione con i pari. Tuttavia se i coetanei scherniscono il ragazzo oppure non mostrano di comprendere le sue difficoltà, il sibling può sperimentare un sentimento di isolamento ed estraneità dal gruppo dei pari; in questa situazione avere altri fratelli con cui parlare delle proprie emozioni è protettivo (Coppola, 2007). Alcuni adolescenti arrivano persino a nascondere agli amici l’esistenza del proprio fratello con bisogni speciali, come accade nella storia “Mio fratello rincorre i dinosauri” (Mazzaiarol, 2016). Altri invece, che hanno trovato un tessuto sociale positivo possono invece affrontare le difficoltà del fratello con serenità e ottimismo.

 

I vissuti emotivi dei siblings

Sebbene, come detto in precedenza, non si possa generalizzare, in quanto l’esperienza di ogni fratello è unica, sulla base delle esperienze individuali dei siblings si sono individuati alcuni vissuti che possono essere provati nel corso dell’esistenza nei confronti del fratello con bisogni speciali:
– La paura dovuta all’identificazione con il fratello e al timore di condividere con lui nel futuro la stessa disabilità, che di solito diminuisce quando ricevono informazioni chiare sulla fragilità dell’altro;
– La sensazione di perdita nei confronti delle attenzioni dei genitori;
– La solitudine e l’esclusione, sia come effetto dell’isolamento della famiglia o dalla comunità, sia come conseguenza del senso di esclusione dal gruppo dei pari, con cui non possono condividere le preoccupazioni legate al fratello con disabilità;
– La vergogna, in quanto ritengono che la propria famiglia sia marchiata per sempre;
– L’imbarazzo, in quanto i comportamenti inadeguati attirano lo sguardo delle altre persone oppure devono rispondere a domande di amici e conoscenti che possono mettere in difficoltà;
– Sensazione di essere invisibili o non visti, perché danno poco “fastidio” rispetto al fratello con disabilità;
– Il senso di colpa, in quanto soprattutto da piccoli, pensano che la disabilità sia una punizione o conseguenza di qualcosa che hanno fatto o detto. Questa emozione può anche ritrovarsi sottoforma di sindrome del sopravvissuto (perché io si e lui no) o dal conflitto tra il sentimento di vergogna e l’amore che provano per il proprio congiunto;
– L’eccessiva responsabilizzazione, soprattutto se i siblings sono primogeniti, sono sorelle o fanno parte di una famiglia poco numerosa; questo, unito al senso di colpa, li porta a diventare bambini iperadattati, che sentono di avere il dovere di non dare ulteriori problemi ai genitori, già così preoccupati per la situazione del fratello;
– La rabbia, quando i genitori tendono a difendere o proteggere troppo il fratello con disabilità o dedicargli troppe risorse emotive e finanziarie; spesso questa emozione è seguita dal senso di colpa, perché non ci si sente legittimati a provare queste emozioni verso un bambino con disabilità;
– L’ansia legata all’eccessiva richiesta di prestazione, o come richiesta implicita per compensare il fallimento sperimentato con il figlio con disabilità o perché i siblings spontaneamente sentono di dover essere molto esigenti con loro stessi;
– La preoccupazione per il futuro, il “dopo i genitori”; questi bambini vengono spesso implicitamente caricati dall’aspettativa che dopo la perdita dei genitori loro diventeranno i caregiver dei fratelli, a livello fisico, affettivo, economico.

Tutti questi vissuti, di per sé sani e comprensibili in un qualunque fratello di un bambino con bisogni speciali, se non adeguatamente riconosciuti, compresi, espressi, legittimati, e accolti dai genitori e dalla rete sociale, possono diventare problematici nel tempo.

Le evidenze riguardo il funzionamento psicosociale dei siblings di bambini con disturbi dello sviluppo è variegato (Stoneman, 2005); tuttavia è comunque emerso che almeno alcuni siblings sono a rischio per difficoltà comportamentali (Verte et al., 2003) o problemi internalizzanti ( Gold, 1993) o sociali (Constantino et al., 2006). Dagli studi in letteratura sembrerebbe che soprattutto le sorelle maggiori (Olsen et al., 1999) siano più coinvolte nell’accudimento che i fratelli (Dyson, 2010) e che questa responsabilità sia pressochè permanente (Lobato, 1990). Le sorelle a causa di questo coinvolgimento esprimono maggiormente preoccupazioni sul benessere del fratello/sorella con bisogni speciali (Guse et al., 2010) e alcuni studi hanno ipotizzato che occuparsi del fratello/sorella sia uno stressor significativo (Olsen et., 1999). Questo potrebbe portare a problemi di adattamento e psicosociali sia a breve termine che a lungo termine (Thompson, Curtner et al., 1994) . Va sottolineato però che più numerosa è la fratria, più facile sembra essere il raggiungimento di un buon livello di adattamento, tranne nel caso in cui la famiglia debba affrontare difficoltà economiche. Alcuni studi sembrano sostenere che la condizione di siblings non costituisca di per sé una condizione patologica, ma potrebbe esacerbare problemi emotivi e comportamentali in presenza di altri fattori di rischio demografici o familiari.

Alcuni studi hanno riscontrato per esempio che più alti livelli di stress genitoriale (Giallo et al., 2006) e status socio economico basso (Macks et al., 2007) predicono una maggiore probabilità di problemi di adattamento nei siblings. Un’altra ricerca recente ha trovato inoltre che la depressione materna media l’associazione tra la gravità dei sintomi del fratello con bisogni speciali e i problemi di adattamento del sibling (Meyer et al, 2011).

 

Come vengono gestiti i vissuti emotivi dei siblings dalla famiglia?

Quando si indagano le difficoltà di adattamento di un sibling bisogna sempre considerare l’importanza che assumono le dinamiche messe in atto dai genitori nel gestire il rapporto tra il fratello con sviluppo tipico e il fratello con bisogni speciali. I problemi emotivi e comportamentali di un sibling possono essere spiegati infatti da una mancanza di conoscenza o da una comunicazione inefficiente tra genitori e figlio sui disturbi del bambino disabile, da sentimenti di isolamento fisico o emotivo dai genitori e da limitate abilità genitoriali di offrire supporto sociale ed emotivo al sibling.

Inoltre si è osservato che le strategie di coping da parte del sibling sono collegate con il grado in cui le madri esprimono le emozioni verso di loro, considerano la loro prospettiva e comunicano e riconoscono al sibling l’importanza delle cure e delle attenzioni che ha per il fratello con bisogni speciali, valorizzandolo nella sua esperienza (O’Kane, Grissom & Borkowski, 2002). E’ fondamentale che i siblings si sentano autorizzati dai genitori ad esprimere i dubbi, la sofferenza e le difficoltà che provano nella relazione con il fratello vulnerabile. Spesso infatti i genitori temono che il figlio con disabilità non venga amato dal fratello e valorizzano solo le dinamiche affettuose, condannando quelle rifiutanti o di gelosia. Questo contesto obbliga il sibling ad amare l’altro non per ciò che è, ma in virtù della sua fragilità. Quando i fratelli sono invece lasciati liberi di scegliere i legami che possono e vogliono intrattenere reciprocamente, la fratria può svilupparsi in modo sano, determinando la costruzione della personalità dei soggetti e del loro ruolo nella vita familiare (Farinella, 2015).

 

La resilienza dei siblings

Negli anni Novanta si è giunti quindi alla conclusione che la relazione fraterna con un ragazzo con bisogni speciali non è per sua stessa natura negativa e patogena (Valtolina et al., 2007), in quanto, nonostante ci possano essere difficoltà d’adattamento, quest’ultimo è possibile e può avere anche esito positivo. I membri della fratria non sono necessariamente vittime della patologia che tocca uno di loro (Scelles, 2010; Valtolina, 2007): attraverso l’attivazione di processi di difesa e disimpegno, di identificazione separazione, possono sviluppare determinate competenze di resilienza (Gardou, 2012). Un recente studio di Schuntermann del 2007 ha individuato alcuni fattori che contribuiscono a potenziare la resilienza di un sibling: fattori individuali (la competenza sociale, buone capacità di giudizio ed intelligenza, abilità di autocontrollo), punti di forza familiari (comunicazioni efficaci, legami di vicinanza, regole coerenti) e supporto della comunità (amici, scuola, famiglia estesa).

In presenza di questi fattori si forma un terreno favorevole affinchè l’ esperienza dell’avere un fratello/sorella con bisogni speciali sia utilizzata per sviluppare potenzialità e risorse: tolleranza, compassione, empatia, affidabilità, lealtà, pazienza, orgoglio nei confronti dei successi dei fratelli, maggior sensibilizzazione verso i diritti dei disabili, competenza sociale e altre abilità utili nel corso di tutta la vita del sibling.

L’acquisizione di queste abilità e la maturità dovuta al contatto quotidiano con una realtà complessa rappresentata dai bisogni speciali del fratello porta i siblings ad essere un passo più avanti dei loro coetanei in termini di interessi e di responsabilità. Questo spiccato senso di responsabilità, ma allo stesso tempo anche di sensibilità alla sofferenza dell’altro, permane nell’età adulta, andando a costituire uno dei fulcri dell’immagine di sé; questo aspetto è testimoniato anche dalla nota casistica di siblings che sceglie di dedicarsi alle professioni di aiuto in vari campi, dimostrando una propensione all’utilizzo della relazione come strumento di benessere” (Valtolina, 2004). Il compito sociale, infatti, conferisce un senso di utilità che permette di sentirsi valorizzati e di riscattarsi dal vissuto di impotenza o dal senso di colpa provato in passato.

Si può affermare che nell’esperienza di essere siblings ci siano fattori immodificabili come l’ordine di nascita, il sesso, il temperamento individuale e quello del fratello, il tipo e il grado di disabilità. Non meno importanti però sono anche gli aspetti modificabili tramite interventi psicologici, come le interazioni tra il sibling e i suoi genitori o con suo fratello, il supporto ricevuto dai nonni e altre figure parentali, i legami con i pari e la prospettiva individuale con cui il bambino guarda la sua situazione familiare. Gli studi hanno notato che ci sono diversi modi attraverso cui è possibile favorire l’adattamento dei fratelli di bambini con bisogni speciali (Naylor et al., 2004, Sloper, 2000). Nello studio di Sloper è stato chiesto ai siblings di pazienti con cancro quali risorse e strategie sono state utili per il loro adattamento. Sono state riportate dai siblings tre aree: relazioni, informazione e avere proprie attività ed interessi. Otto siblings su dieci hanno riferito che le relazioni li hanno aiutati a parlare della loro situazione, a dar loro sostegno e supporto, oltre che dar loro un focus fuori dalla malattia del fratello. Avere informazioni sulla diagnosi, sull’eziopatogenesi e sul decorso della malattia è stato utile per dare un senso alla situazione, comprendendo meglio perché le loro vite sono così diverse da quelle degli altri, e li ha fatti sentire parte della famiglia. Inoltre avere propri interessi e attività è stato utile per permetter loro di distrarsi dalle preoccupazioni, aiutarli a mantenere una normalità nelle loro vite e dar loro un ruolo al di là di quello familiare.

 

Gli interventi per i siblings

Alla luce di queste considerazioni sono nati negli ultimi decenni nel mondo anglosassone alcuni interventi specifici incentrati sulle strategie di aiuto riportate dai siblings. Il programma più diffuso nel mondo, conosciuto in molti paesi, è quello dei Sibshops (Meyer, Vadasy, 1994), ossia dei workshops per i siblings, cioè incontri per fratelli e sorelle di bambini con bisogni speciali che hanno il fine di ottenere supporto e favorire la socializzazione in un contesto ricreativo (Meyer e Vadasy, 2008).

Sarebbe interessante nelle prospettive future esplorare l’impatto di avere un fratello neurotipico per un bambino con bisogni speciali e comprendere come quest’ultimo si adatti alla vita del fratello con sviluppo tipico, se ne sia geloso, oppure se sia aggressivo nei suoi confronti, in quanto la relazione fraterna è per sua definizione bidirezionale. Inoltre avere un fratello con sviluppo tipico permette al bambino con bisogni speciali di allenare le sue abilità sociali in un laboratorio protetto e familiare. In particolare questa considerazione è molto importante per i bambini con disturbi dello spettro autistico. Uno studio ha rilevato che le interazioni di gioco con i siblings sono migliori per quantità e qualità rispetto a quelle con i pari (Knott, Lewis, & Williams, 1995). I siblings sono infatti maggiormente familiari e condividono background ed esperienze con il fratello con bisogni speciali; il gioco con i pari è per lo più ugualitario, quello con i siblings è asimmetrico e permette al bambino con autismo di ingaggiarsi nel gioco senza essere responsabile dell’iniziativa nell’interazione. I siblings inoltre sono più motivati a giocare con il fratello rispetto ai pari, incoraggiati ed educati anche dai genitori.

Il lavoro psicologico con i siblings è un ambito di ricerca in costante espansione, con progetti attivi in diverse regioni di Italia. Tali realtà hanno riconosciuto l’importanza del coinvolgimento di questi fratelli e sorelle in programmi specializzati che favoriscano l’adattamento a un evento stressante che perdura nel tempo, come quello di avere un fratello con bisogni speciali. Possiamo ipotizzare che vissuti così complessi come quelli che si ritrova ad affrontare un sibling, se non hanno trovato uno spazio di ascolto e di elaborazione in precedenza, possano determinare in età adulta problematiche sia sul versante individuale sia interpersonale. E’ da sottolineare quindi che gli interventi psicologici rivolti ai siblings agiscono sia in un’ottica di promozione del benessere infantile sia di prevenzione di possibili problematiche psicopatologiche in età adulta. Perché come sosteneva lo scrittore Frederick Douglass, “è’ più facile creare bambini forti che riparare uomini rotti”.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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Il libro riassume alcune delle principali esperienze cliniche ed educative con i siblings: i fratelli e le sorelle di bambini o ragazzi con una disabilità.

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