La Terapia Cognitivo-Comportamentale: una cornice terapeutica solida e in continua evoluzione
Il World CBT Day è stato istituito nel 2022 dalla World Confederation of Cognitive and Behavioral Therapies (WCCBT), scegliendo il 7 aprile come data simbolica per celebrare l’impatto della Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) sulla salute mentale globale. La scelta non è casuale: coincide con la Giornata Mondiale della Salute promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sottolineando l’allineamento tra gli obiettivi della CBT e quelli delle politiche internazionali per il benessere psicofisico.
La Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) è oggi riconosciuta come uno degli approcci psicoterapeutici più solidi, efficaci e diffusi a livello mondiale. Introdotta da pionieri come Aaron T. Beck (1970) e Albert Ellis (1962), la Terapia Cognitivo-Comportamentale si basa sull’idea che pensieri, emozioni e comportamenti siano interconnessi e che intervenire sui pensieri disfunzionali possa generare cambiamenti positivi nel vissuto emotivo e nei comportamenti del paziente. Con il tempo, la Terapia Cognitivo-Comportamentale si è articolata in numerosi protocolli specifici per altrettanti disturbi psicologici, ed è stata progressivamente arricchita da nuove prospettive terapeutiche.
Negli ultimi anni, il panorama della Terapia Cognitivo-Comportamentale si è ulteriormente arricchito grazie allo sviluppo delle cosiddette terapie di terza onda, che integrano elementi di accettazione, consapevolezza (mindfulness) e metacognizione. Tra queste rientrano la Acceptance and Commitment Therapy (ACT; Hayes & Lillis, 2012), la Dialectical Behavior Therapy (DBT; Linehan, 2015), la Metacognitive Therapy (MCT; Wells, 2009) e gli interventi basati sulla mindfulness (Mindfulness-Based Interventions). Questi approcci, pur mantenendo il rigore empirico e la struttura della Terapia Cognitivo-Comportamentale, ampliano il focus terapeutico, promuovendo una maggiore flessibilità psicologica e una nuova modalità di relazione con i propri pensieri e stati interni.
L’efficacia della Terapia Cognitivo-Comportamentale nei disturbi psicologici
Numerose evidenze scientifiche confermano l’efficacia della Terapia Cognitivo-Comportamentale nel trattamento di un’ampia gamma di disturbi psicologici. Una metanalisi condotta da Carpenter et al. (2018), che ha incluso 41 studi, ha riscontrato effetti statisticamente significativi per il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo d’ansia generalizzato e il disturbo acuto da stress, oltre a effetti da lievi a moderati per il disturbo post-traumatico da stress, il disturbo d’ansia sociale e il disturbo di panico.
Ulteriori conferme provengono dal lavoro di Hofmann et al. (2012), che ha identificato un solido supporto empirico per l’impiego della Terapia Cognitivo-Comportamentale nei disturbi d’ansia, nei disturbi somatoformi, nella bulimia nervosa, nei problemi di controllo della rabbia e nella gestione dello stress. Anche in ambito clinico più complesso, come nel trattamento dei disturbi di personalità, la Terapia Cognitivo-Comportamentale ha dimostrato efficacia nel ridurre la sintomatologia e migliorare il funzionamento psicosociale dei pazienti (Matusiewicz et al., 2010). Tuttavia, resta necessario sviluppare e valutare ulteriori interventi specifici per sottotipi di disturbo ancora poco studiati, al fine di formulare raccomandazioni terapeutiche più chiare e mirate.
Terapia Cognitivo-Comportamentale nella pratica
Ma come funziona la Terapia Cognitivo-Comportamentale nella pratica? Il primo passo consiste nella valutazione del paziente e nell’esplorazione dei suoi obiettivi, così da poter sviluppare una formulazione del caso individualizzata. Quest’ultima consiste in un modello esplicativo della sofferenza emotiva del paziente, il quale giustifica il razionale della strategia di trattamento che gli viene proposta. Essa fornisce inoltre delle variabili cliniche che permettono di monitorare i progressi terapeutici, consentendo in questo modo – quando necessario – di rinegoziare gli obiettivi della terapia o modificare la strategia di trattamento. Tutto ciò viene condiviso fin dall’inizio con il paziente, che in ottica CBT ricopre una posizione di agente pienamente attivo e consapevole nel suo trattamento (Ruggiero et al., 2022).
Per quanto riguarda lo svolgimento delle singole sedute, queste iniziano generalmente con un breve aggiornamento e un controllo dell’umore. Ci si collega poi a quanto elaborato durante la seduta precedente per favorire un senso di continuità, discutendo di come sono andati gli homework che il paziente ha svolto tra una seduta e l’altra (Chand et al., 2025). Questi ultimi rappresentano una parte integrante della Terapia Cognitivo-Comportamentale e possono essere definiti come attività terapeutiche svolte tra le sedute di psicoterapia, pianificate collaborativamente da terapeuta e paziente e finalizzate a raggiungere e consolidare i progressi del paziente verso i suoi obiettivi terapeutici (Kazantzis et al., 2013). Gli homework possono consistere in un’ampia varietà di compiti e attività (compilazione di schede di automonitoraggio, registrazione dei pensieri e generazione di alternative, esposizioni comportamentali…) e rappresentano un’estensione del lavoro che si svolge nel corso delle sedute terapeutiche: divenendo uno stile quotidiano di pensare e agire, costituiscono le fondamenta per il mantenimento del benessere nel lungo periodo, quando la terapia sarà finita (Montano, 2018). Una volta rivisti gli homework, si stabilisce in modo collaborativo l’agenda della seduta. Vengono quindi discusse le questioni all’ordine del giorno e attuati gli interventi appropriati, intervallando il tutto con feedback e riassunti, per poi concludere la seduta con la pianificazione dei nuovi homework e un riepilogo finale (Chand et al., 2025).
Tecniche e interventi della Terapia Cognitivo-Comportamentale
Una delle tecniche più utilizzate nella Terapia Cognitivo-Comportamentale è il famoso ABC (Beck, 1976; Ellis, 1957), una forma di automonitoraggio che aiuta il paziente ad aumentare la sua consapevolezza della connessione tra situazioni attivanti, pensieri disfunzionali e conseguenze emotive e comportamentali, allenando la sua capacità di discriminare tra i diversi elementi della sua sofferenza. Si inizia individuando una situazione di partenza, ovvero l’evento attivante che ha poi scatenato dei pensieri automatici negativi, i quali a loro volta hanno portato a emozioni e comportamenti spiacevoli. Si procede quindi con l’identificazione dei pensieri automatici sorti in risposta all’evento (chiedendo “Cosa le passava per la testa in quel momento?”), e successivamente con l’identificazione delle emozioni e dei comportamenti che tali pensieri hanno suscitato nell’individuo.
Una volta che il paziente ha identificato i propri pensieri automatici negativi nelle situazioni problematiche, dando così un senso alle sue reazioni emotive e comportamentali disfunzionali, è possibile iniziare il vero e proprio processo di cambiamento attraverso la cosiddetta ristrutturazione cognitiva (Montano, 2018): essa può essere definita come “l’insieme delle strategie di intervento collaborative, strutturate e orientate all’obiettivo, focalizzate sull’esplorazione, la valutazione e la sostituzione dei pensieri, delle interpretazioni e delle credenze maladattive che mantengono i disturbi psicologici” (Clark, 2013). In altre parole, la ristrutturazione cognitiva consiste nel notare il proprio pensiero, rivalutarne il contenuto in termini di appropriatezza, veridicità, utilità o logica e trovare a questo delle valutazioni alternative, imparando ad assumere una distanza critica dai propri pensieri. Per raggiungere questo obiettivo, possono risultare utili sia interventi puramente cognitivi (come il disputing) che esercizi comportamentali (come l’esposizione comportamentale), i quali aiutano il paziente a disconfermare i propri pensieri disfunzionali e ad apprendere nuove informazioni (Montano, 2018).
Terapia Cognitivo-Comportamentale: passato, presente e futuro della psicoterapia evidence-based
Nel corso degli anni, la Terapia Cognitivo-Comportamentale ha dimostrato un’evoluzione straordinaria, partendo dalle intuizioni pionieristiche di Beck ed Ellis fino a integrare gli approcci innovativi delle terapie di terza ondata. Oggi rappresenta un modello terapeutico solido, basato sull’evidenza, capace di adattarsi alle nuove sfide della salute mentale e di rispondere alle esigenze di un mondo in continuo cambiamento. Il futuro della Terapia Cognitivo-Comportamentale appare promettente, con l’espansione delle sue applicazioni in ambiti sempre più diversificati e l’integrazione di nuove tecnologie che ne potenziano l’efficacia e l’accessibilità. Tuttavia, risulta essenziale proseguire nella ricerca scientifica per sviluppare interventi mirati in grado di rispondere alle esigenze di popolazioni cliniche ancora poco studiate e per affinare le strategie terapeutiche esistenti, garantendo così un continuo miglioramento della pratica clinica.